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La criptovaluta di Facebook è una sfida alla sovranità degli stati

La moneta di Facebook, che dovrebbe nascere il 19 settembre, avrà un valore indicizzato su un paniere di valute come il dollaro e l’euro, in modo da evitare le fluttuazioni eccessive che hanno colpito altre criptomonete come il bitcoin. Tuttavia, nonostante queste precauzioni, la libra suscita forti perplessità.

Le obiezioni sono molteplici, ma di sicuro la principale riguarda la sovranità monetaria. Davvero gli stati, già indeboliti dalla globalizzazione, possono permettersi che un’azienda come Facebook diventi più potente della maggior parte di paesi sovrani?

È evidente che Facebook, grazie al possesso di una massa di informazioni personali (se non addirittura intime) sui suoi utenti, possa facilmente allargare la sua attività ad altri settori come quello bancario e assicurativo. I pericoli di questa concentrazione nelle mani di un’unica azienda e che gli stati non possono impedire, sono innegabili.

Per non parlare del fatto che al sistema finanziario sono serviti anni a creare procedure contro il riciclaggio del denaro prodotto dal traffico di droga o dal terrorismo. Una moneta parallela comprometterebbe questi sforzi. Come ha sottolineato poche settimane fa l’economista francese Daniel Cohen, “il potere delle grandi aziende tecnologiche è già considerevole; permettere a queste aziende di battere moneta significa garantirgli i mezzi per ottenere un’egemonia assoluta”.

La settimana scorsa il ministro dell’economia francese Bruno Le Maire ha espresso tutta la sua perplessità davanti alla possibilità di lasciare che la moneta di Facebook operi all’interno dell’eurozona. “Libra alimenta un rischio sistemico”, ha spiegato.

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