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Addio al prof. Mario Nuzzo. Il ricordo di Francesco Ricci (Lum)

È scomparso la mattina del 2 gennaio, dopo una breve malattia, Mario Nuzzo, apprezzato giurista, avvocato e professore universitario. La redazione di Diritto Mercato Tecnologia e il direttore Alberto Gambino esprimono il loro più sentito cordoglio.

Nuzzo ha insegnato all’Università LUISS Guido Carli, alla Sapienza di Roma, alla Bocconi di Milano e all’Università di Teramo, oltre ad essere stato prorettore della LUM Jean Monnet. È stato inoltre presidente della Fondazione cassa di risparmio della provincia di Teramo, membro del Consiglio di amministrazione dell’Associazione casse di risparmio italiane (ACRI) e ha fatto parte del Consiglio direttivo della Corte di cassazione. 

Pubblichiamo di seguito un ricordo di Mario Nuzzo firmato da Francesco Ricci, professore ordinario di Diritto privato alla LUM Jean Monnet.


Nella foto, il prof. Mario Nuzzo con Salvo Patti, Alberto Gambino e Francesco Ricci.

Forzo i miei sentimenti prostrati dalla notizia della scomparsa di Mario Nuzzo per non limitarmi ad esprimere solo la tristezza e la sofferenza che suscita in me la prospettiva della sua mancanza e per riuscire a invece a scrivere qualcosa di più luminoso ripensando agli oltre vent’anni di consuetudine che ho avuto il privilegio di avere con lui.

Con questo proposito per la prima volta ho sfogliato le pagine dei suoi scritti senza la prospettiva di poterne discutere anche con l’Autore e in tale circostanza non ho potuto fare a meno di rimanere colpito dal fatto che gli insegnamenti di Mario Nuzzo come autorevole Maestro di dottrina si trovano incorniciati nella ripresa che egli fa nel suo ultimo scritto sui Principi generali e regole operative: la concretizzazione delle norme a contenuto indeterminato nel dialogo delle corti[1] della questione metodologica che stava alla base della sua prima monografia, di oltre quarant’anni prima, su Utilità sociale e autonomia privata[2].

L’incorniciatura è infatti quella figura narrativa che contraddistingue le storie che alla fine del racconto ritornano laddove erano incominciate, perché questo dà compimento e svela il senso di ciò da cui tutto e partito: realizzando una vera e propria incorniciatura delle proprie riflessioni, negli ultimi scritti Mario Nuzzo torna a riflettere sulla sua originaria intuizione degli Anni ‘70 in merito al riparto di competenze tra legislazione e giurisdizione e può così felicemente constatare che il tempo gli ha dato ragione nella scelta delle domande di fondo, nell’approccio individuato per trovare le risposte e nelle risposte intuite sin dall’inizio e via via messe in luce e in sicurezza nell’ambito di un sistema argomentativo e operativo compiuto.

Alla fine egli dà infatti per compiuta la «nuova costruzione in cui spetta al Legislatore individuare gli interessi giuridicamente rilevanti e al giudice operare la valutazione comparativa e il bilanciamento di questi interessi al fine di stabilire se uno di essi è stato “ingiustamente” sacrificato e, in tal caso, verificare quale, tra i diversi rimedi in astratto pervisti dall’ordinamento, è il più idoneo ad assicurare l’effettiva tutela dell’interesse prevalente, costruendo la regola iuris in concreto applicabile»[3]. In tale contesto il giudice «è autorizzato a selezionare all’interno dell’intero strumentario concettuale del diritto sostanziale, sulla scorta di valutazioni che toccano l’adeguatezza, la proporzionalità e la ragionevolezza dei rimedi»[4]. Ciò non può che suscitare disagio in quella parte della dottrina che è più sensibile ai valori della tradizione e ritiene quindi che la concretizzazione dei principi generali immanenti nel sistema spetti esclusivamente al legislatore. Secondo Nuzzo, però, il compito del giurista positivo è quello di farsi interprete dello spirito del proprio tempo e di operare le scelte tecniche più coerenti al diritto vivente del periodo storico in cui vive. Per questo non si può ignorare l’ispirazione di fondo degli orientamenti fondamentali della giurisprudenza, che è appunto quella di riconoscere al giudice il potere di concorrere alla determinazione della regola iuris applicabile al caso concreto, attribuendogli così «una discrezionalità nella decisione molto maggiore di quella consentita dalla tradizione» che «impone di individuare nuovi meccanismi di controllabilità e prevedibilità della decisione, essendo evidente che quelli finora utilizzati sono inefficienti nel diverso contesto».

Secondo Nuzzo, la considerazione degli ordinamenti più affini al nostro mostra che l’alternativa al vincolo della fattispecie può essere costituita in maniera efficiente dal riconoscimento del carattere vincolante del precedente giudiziale che, ove previsto, offre una risposta ampiamente soddisfacente all’esigenza centrale in ogni sistema, cioè quella della calcolabilità delle decisioni, tanto più che nel nostro ordinamento il vincolo del precedente è sostanzialmente riconosciuto dalle riforme del codice di procedura civile che si sono susseguite dal 2006 ad oggi (in particolare dai testi riformati degli artt. 374, 3° comma, 360-bis e 348-bis c.p.c.). In definitiva, anche in questa prospettiva, pur fortemente rinnovata, resta comunque vero che il giudice – come prescritto dall’art. 101, 2° comma, Cost. – fondamentalmente è soggetto alla legge, che appunto gli impone il rispetto del vincolo del precedente.

Su un versante di non minore rilievo, Nuzzo ha colto anche un’altra rivoluzione epocale, ponendo in risalto il graduale ampliamento degli spazi di regolamentazione conquistati dai c.d. poteri privati, che ha imposto una rimeditazione pure sul versante della tradizionale ripartizione di competenze tra autonomia dei privati e autorità dello Stato. Coordinando un’approfondita ricerca sul principio di sussidiarietà nel diritto privato ha evidenziato come la formalizzazione di tale principio (e in particolare del principio di sussidiarietà orizzontale) nell’art. 118, 4° comma, Cost., da una parte, ha sancito il principio organizzativo in forza del quale per la regolazione degli interessi privati di rilevanza generale la competenza originaria e primaria spetta ai privati, come singoli o anche in forma associata; dall’altra, ha comunque assicurato che lo Stato, nelle sue diverse articolazioni, può e, anzi, deve intervenire quando l’autoregolazione dei privati si dimostri in concreto inidonea a realizzare una tutela equilibrata di tutti gli interessi in gioco, purché in tal caso si limiti a comprimere la competenza primaria dei privati in maniera strettamente ragionevole e proporzionale all’obiettivo di tutela, e cioè lo faccia nei limiti strettamente necessari alla tutela dell’interesse che non trova adeguata realizzazione[5].

In generale, Mario Nuzzo ha esplorato e fatto chiarezza in tutti gli ambiti della cultura civilistica italiana ed europea ed ha riflettuto a tutto tondo su ciascun libro del codice civile, su svariate leggi complementari e, più in generale, su fondamentali questioni sottese al metodo giuridico. Poiché la sua produzione è nota a tutti, posso qui limitarmi a pochi cenni, ricordando, oltre agli scritti già menzionati, solo il volume sull’oggetto della comunione legale tra i coniugi del 1984[6]; gli scritti in materia contrattuale (in particolare gli studi sui contratti del consumatore e, in tale ambito, quelli sulle clausole vessatorie e sulla c.d. nullità di protezione); tra le varie voci d’enciclopedia, almeno quella sul negozio illecito[7] e quella sulla somministrazione[8]; le tre edizioni dell’Introduzione alle scienze giuridiche che si sono susseguite tra il 2005 e il 2009[9]; e infine la relazione che ha tenuto nel convegno dell’Accademia dei Lincei del 23 giugno 2016 sull’esigenza di prevedibilità delle decisioni e sul calcolo giuridico basato sui precedenti[10]

In tutti questi ambiti il metodo insegnato e praticato da Mario Nuzzo è lo stesso che ha ispirato la sua attività didattica e di formatore, nella quale ha sempre esortato ad «una partecipazione attiva al processo di conoscenza e di comprensione» del quale deve rendersi «protagonista chi si accinge allo studio di un sistema complesso e in continuo cambiamento qual è quello in cui siamo chiamati ad operare». Secondo Mario Nuzzo, infatti, la ricostruzione complessiva del sistema è una «conquista individuale» cui si può giungere solo attraverso un «personale impegno di apprendimento, seguendo un percorso che si svolge attraverso un continuo controllo delle basi normative e del fondamento logico delle soluzioni» che vengono proposte[11].

Tra gli insegnamenti più significativi che lascia vi è anche il costante richiamo metodologico a un ragionevole senso pratico e, in definitiva, al buon senso. Se ne potrebbero fare tanti esempi, ma mi limiterò a farne solo alcuni.

A tale proposito mi piace innanzi tutto ricordare l’insegnamento secondo il quale il miglior modo di impostare una ricerca è anteporre la dimensione pratica dei problemi giuridici alla loro impostazione teorica, partendo sempre dall’individuazione degli interessi in conflitto e dalle conseguenti esigenze di protezione e limitando quindi lo studio delle fonti, della giurisprudenza e della dottrina alle sole questioni interpretative funzionali alla soluzione di quei problemi. Mi piace ricordare anche quando ammoniva ad evitare le ipotesi interpretative estreme, scherzando sul fatto che tali idee ardite servono solo in un sistema di valutazione della ricerca malato di citazioni, e in particolare servono a ricevere una citazione del tipo «in senso contrario v. la tesi isolata di …». E infine mi piace ricordare quando, per arginare la fantasia interpretativa, o le rivendicazioni pretestuose di studenti impreparati e in generale ogni abuso del relativismo interpretativo, obiettava con un sorriso bonario che esistono tesi opinabili e tesi sbagliate.

La nostra storia purtroppo finisce così: la mattina del 17 dicembre 2019, una settimana prima di Natale, Mario Nuzzo era alla Luiss a presiedere con la solita attenzione, prudenza e passione la commissione d’esami dei suoi corsi. Dopo avere verbalizzato l’ultimo esame, come di consueto, ci ha invitato a prendere qualcosa al bar dell’Ateneo e ci ha chiesto del nostro presente e dei progetti per il futuro. Trascorse appena due settimane, il 2 gennaio 2020, il giorno dopo capodanno, è arrivata la terribile notizia che nella notte Mario Nuzzo si era spento.

Trovo appropriato concludere questo ricordo con la menzione di questa circostanza, perché ci vedo una chiara manifestazione della sua passione fino all’ultimo per l’Università, per ciò che significa e per tutte le persone che la attraversano o che la costruiscono giorno per giorno: gli studenti, gli allievi, i colleghi e il personale amministrativo e non docente e, in particolare, quelli che hanno avuto la fortuna, sotto la sua guida, di passare da studenti, ad allievi a colleghi.

Mi è stato detto poi che, sempre pochi giorni prima di Natale, per fargli di persona gli auguri lo si poteva trovare nella sua stanza di Cassa Depositi e Prestiti. Trovo che anche questa circostanza sia significativa, perché manifesta a sua volta la passione di Mario Nuzzo per la partecipazione fattiva alle incombenze ed ai munera della società civile.

In questo ricordo ho scritto Mario Nuzzo senza alcun titolo, come si conviene alle persone che escono dalla contingenza delle relazioni sociali per entrare nella storia, nel nostro caso nella storia del diritto italiano, e da questa sono trasfigurate.

Questo non esclude anche il rilievo decisivo della sua presenza nella mia storia personale e in quella di molti di noi. Per questo ho scritto di lui anche come «autorevole Maestro».

Naturalmente non ho dimenticato che il Prof. Nuzzo ha sempre ammonito a usare l’espressione con molta parsimonia, riservandola solo alle personalità che sono di vero spicco, il cui numero è assai più ridotto di quello di coloro che si ritrovano impropriamente citati come fonti autorevoli non solo nelle tesi di laurea o di dottorato, ma anche in certe ingenue citazioni di dottrina. Ma è proprio perché ricordo molto bene questo insegnamento, insieme a tutti gli altri che ho ricevuto, che qui non temo di usare quell’espressione con prudente giustizia, e certo anche con grande affetto e riconoscenza, definendo Mario Nuzzo non solo come mio Maestro, ma anche come autorevole Maestro del diritto e fondatore di una vera e propria scuola di pensiero alla luce della quale mi onoro di scrivere e pensare.

F. RICCI

[1] M. Nuzzo, Principi generali e regole operative: la concretizzazione delle norme a contenuto indeterminato nel dialogo delle corti, in Principi e clausole generali, argomentazione e fonti del diritto, a cura di F. Ricci, Milano, 2018, p. 89 ss.

[2] M. Nuzzo, Utilità sociale e autonomia privata, Milano, 1975.

[3] M. Nuzzo, Principi generali e regole operative: la concretizzazione delle norme a contenuto indeterminato nel dialogo delle corti, cit., p. 96.

[4] M. Nuzzo, Principi generali e regole operative, cit., p. 100.

[5] M. Nuzzo, Prefazione, in Il principio di sussidiarietà nel diritto privato, t. I, Torino, 2014, p. XV ss., spec. p. XV s.

[6] M. Nuzzo, L’oggetto della comunione legale tra i coniugi, Milano, 1984.

[7] M. Nuzzo, voce Negozio giuridico – VI) Negozio illecito, in Enc. giur., vol. XX, Roma, 1990, p. 1 ss.

[8] M. Nuzzo, voce Somministrazione (contratto di), in Enc. dir., vol. XVII, Milano, 1990, p. 1270 ss.

[9] L’ultima edizione è M. Nuzzo, Introduzione alle scienze giuridiche. Norme – Soggetti – Attività, Torino, 3a ed., 2009.

[10] M. Nuzzo, Il problema della prevedibilità delle decisioni: calcolo giuridico secondo i precedenti, in Calcolabilità giuridica, a cura di A. Carleo, Bologna, 2017.

[11] M. Nuzzo, Introduzione alle scienze giuridiche, cit., p. VII. Con queste parole veniva presentata già la prima edizione del manuale, e poi però anche le edizioni successive, alla quale si riferisce il seguente riferimento bibliografico (v. infatti M. Nuzzo, Introduzione alle scienze giuridiche. Norme – Soggetti – Attività, Torino, 3° ed., 2009, p. VII).

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