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Maximilian Schrems vs Facebook Ireland Ltd. o Davide contro Golia: pubblicata la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella Causa C-498/16

di Antonio Racano Maximilian Schrems ha ottenuto una nuova, sebbene parziale, vittoria nei confronti di Facebook. In data 26 gennaio 2018 è stata, infatti, pubblicata la sentenza della Corte di Giustizia dell’UE nella Causa C-498/16 avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale ex art. 267 TFUE proposta dalla Corte Suprema austriaca. Si conclude un altro capitolo della celebre saga che vede contrapposto l’avvocato IP austriaco al noto social network.

La Corte austriaca aveva sottoposto all’attenzione della CGUE due quesiti, i quali vertevano su (i) la perdita dello status di consumatore nel caso di uso “professionale” di un social network, ai fini dell’applicazione del regolamento n. 44/2001, ora abrogato, ma ancora applicabile per le azioni proposte prima del 10 gennaio 2015 e (ii) la possibilità per un consumatore di far valere dinanzi al giudice interno, oltre ai propri diritti “derivanti da un contratto avente natura di contratto concluso da un consumatore”, anche diritti di altri consumatori a questo ceduti senza finalità commerciali o professionali.

L’Avvocato Generale Bobek aveva già inquadrato la problematica inerente la prima questione ossia l’uso misto che Schrems avrebbe fatto del social network, utilizzandolo sia come consumatore sia come professionista.

Le conclusioni dell’AG hanno toccato molteplici aspetti: dalla qualifica di consumatore (da valutarsi alla luce della natura e della finalità del contratto concluso con il professionista), all’uso contrattuale del social network (ossia, alternativamente, l’esistenza di due contratti distinti, l’uno riferito all’account, l’altro riferito alla pagina Facebook, o di un unico contratto che copre entrambi gli spetti); dal significato di “uso professionale” del social network (es. diffusione di interventi pubblici o pubblicazioni) al ruolo dei c.d. marketing influencers (ossia, di professioni nelle quali il confine tra collegamenti pubblici e privati non risulta ben definito).

L’AG si era, dunque, espresso in favore di un approccio c.d. caso per caso, sostenendo che, per determinare il mantenimento dello status di consumatore dovrebbe aversi riguardo alla “trascurabilità” del contenuto professionale e, pertanto, occorrerebbe meglio valutare che tipo di apporto possa ritenersi professionale ed in quali casi esso, invece, possa essere considerato “marginale” (c.d. test “Gruber”, Causa C-464/01). L’AG ha, infatti, chiarito che “per i contratti aventi una duplice finalità, la qualità di consumatore è mantenuta soltanto se il nesso fra il contratto di cui trattasi e l’attività professionale dell’interessato è «talmente modesto da divenire marginale», nel senso che ha avuto solo un ruolo trascurabile nel contesto in cui il contratto è stato concluso” (Conclusioni dell’AG Bobek del 14 novembre 2017, punti da 28 a 34).

La Corte di Giustizia sembrerebbe aver accolto le valutazioni dell’Avvocato Generale sulla prima questione, non tanto alla luce della marginalità del contenuto professionale, quanto con riferimento all’effettività della tutela accordata ai consumatori (p. 40).

Secondo la Corte, invero, la nozione di “consumatore” prescinde “dalle conoscenze o dalle informazioni di cui una persona realmente dispone”, dalle “competenze che l’interessato possa acquisire nel settore nel cui ambito rientrano tali servizi” ed, ancora, dalle forme di “impegno ai fini della rappresentanza dei diritti e degli interessi degli utilizzatori di tali servizi” (p. 39), dovendosi al contrario fondare su “l’evoluzione ulteriore dell’uso” che viene fatto dei “servizi di una rete sociale digitale” (p. 36).

L’utilizzatore dell’account, pertanto, non perde la qualità di consumatore ai sensi dell’art. 15 del regolamento 44/2001 nel caso in cui pubblichi libri, tenga conferenze, gestisca siti internet, raccolga donazioni e, per di più, si faccia cedere “diritti da numerosi consumatori al fine di far valere in giudizio” gli stessi (p. 41).

Sulla seconda questione, relativa alla possibilità di far valere in giudizio i diritti di terzi consumatori, la Corte, confermando nuovamente i rilievi dell’Avvocato Generale, ha precisato che l’art. 16, par. 1 del regolamento cit. (ai sensi del quale “L’azione del consumatore contro l’altra parte del contratto può essere proposta o davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio è domiciliata tale parte, o davanti ai giudici del luogo in cui è domiciliato il consumatore”) non può essere interpretato nel senso di consentire ad un consumatore di far valere dinanzi al giudice interno anche i diritti ceduti da altri consumatori, benché domiciliati nello stesso Stato membro (punti 48 e 49).

D’altro canto, la Corte ha rilevato che la ratio della suddetta disciplina è da individuarsi nella necessità di protezione del consumatore, in quanto parte contraente “economicamente più debole e meno esperta, sul piano giuridico” della controparte contrattuale, di talché allo stesso può essere accordata tutela solo nella misura in cui egli sia direttamente coinvolto in giudizio quale attore o convenuto (p. 44).

Testo integrale della Sentenza del 25 gennaio 2018 http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=198764&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=895234

 Testo integrale delle Conclusioni dell’AG Bobek del 14 novembre 2017 http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=196628&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=895234

 

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