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Molta etica e poca pratica: nel digitale servono linee guida a tutela dei diritti online sulla privacy e sulla libertà d’espressione

Etica e governance delle tecnologie digitali dovrebbero andare di pari passo, sia per identificare i valori e diritti che il digitale deve rispettare sia per assicurarci che effettivamente valori e diritti siano propriamente rispettati nella progettazione, sviluppo e uso di queste tecnologie. Insieme etica e governance ricordano l’adagio inglese talk the talk (l’etica) and walk the walk (la governance).

Fino a qui il lavoro sia degli eticisti sia dei giuristi, in particolar modo i costituzionalisti, si è incentrato su talking the talk, vale a dire rispondere a domande come quali sia i rischi etici dell’Ia? Cosa è eticamente accettabile e desiderabile quando si parla di Ia? Come tradurre giuridicamente le nuove esigenze di tutela per gli individui che l’accelerazione del processo di automazione porta con sé? È necessario rispondere colpo su colpo, con nuovi testi normativi, ai sempre più crescenti “strappi” in avanti della tecnologia?

Il talking è stato fruttuoso, si sono moltiplicati convegni, dibattiti e pubblicazioni che delineano carte dei diritti, principi e diritti ad hoc, pensati per il mondo dei bit. Nel caso dell’intelligenza artificiale (Ia), per esempio, si sono moltiplicati codici e principi etici per la progettazione, sviluppo e uso dell’Ia, come i famosi principi dalla Commissione europea del 2018 e quelli dell’Osce. Nel 2019 si contavano almeno 84 documenti che definivano i principi etici per l’Ia.

 

 

di Mariarosaria Taddeo e Oreste Pollicino* (fonte: Il Sole 24 Ore)

*Socio fondatore di IAIC

 

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