skip to Main Content

Offerte fibra, l’Antitrust multa Telecom, Wind 3, Fastweb e Vodafone

Raffica di sanzioni dell’Antitrust nei confronti delle compagnie telefoniche per le offerte della fibra. Veloce, ultraveloce, alla massima velocità: promessa più che allettante. Peccato che le compagnie telefoniche, argomenta l’Autorità garante della concorrenza, abbiamo omesso o non evidenziato chiaramente le informazioni sulle caratteristiche del servizio di connettività in fibra ottica, sulle limitazioni tecnologiche o geografiche esistenti, sulla differenza di servizi e performance secondo l’infrastruttura usata. Qualche volta non hanno evidenziato chiaramente che dopo 12 mesi, il costo per raggiungere la massima velocità pubblicizzata aumentava di 5 euro.

L’Antitrust ha dunque condannato le compagnie telefoniche per le offerte sulla fibra. Per la precisione, la condanna riguarda l’inottemperanza a delibere precedenti dell’Autorità che avevano contestato la pratica commerciale scorretta – come si legge nel bollettino dell’Autorità del 5 agosto.

Ora l’Autorità garante della concorrenza ha deciso sanzioni di 200 mila euro per Telecom Italia, di 350 mila euro per Wind 3, di 125 mila euro per Fastweb e di 200 mila euro per Vodafone.

La pratica commerciale contestata, con parole analoghe, a tutte le compagnie telefoniche riguarda l’aver omesso, o non evidenziato chiaramente al consumatore, informazioni essenziali all’offerta in fibra ultraveloce: caratteristiche dell’offerta di connettività a internet in fibra ottica; esistenza di limitazioni (tecnologiche, geografiche di copertura della rete, di capacità trasmissiva) dei servizi in fibra ottica; differenze di servizi disponibili e di performance in funzione dell’infrastruttura utilizzata per offrire il collegamento in fibra.

Il consumatore dunque, davanti alle campagne pubblicitarie, al termine “fibra” e a claim che enfatizzavano le massime prestazioni in termini di velocità e affidabilità, non era messo nella condizione di individuare bene gli elementi che caratterizzavano il servizio dal punto di vista delle reali potenzialità delle connessioni, compresa l’effettiva velocità di navigazione.
Opzioni a pagamento e condizioni economiche oscure

Le campagne pubblicitarie – prosegue l’Antitrust – non hanno evidenziato in modo chiaro che per raggiungere la massima velocità pubblicizzata serviva attivare un’opzione aggiuntiva a pagamento (gratuita solo per un periodo limitato): dopo 12 mesi il costo per raggiungere le massime prestazioni aumentava di 5 euro (è il caso delle offerte di Telecom e Vodafone) ma questa informazione veniva data in posizione defilata, distante dal claim, con scarsa evidenza, con caratteri ridotti.

Wind 3, prosegue l’Antitrust, ha continuato a «non riportare in modo chiaro e trasparente le effettive e complete condizioni economiche delle offerte in fibra ottica reclamizzate. Al riguardo, si osserva che i messaggi relativi a tali offerte hanno continuato a riportare informazioni non immediatamente percepibili in ordine al prezzo complessivo da sostenere per ottenere il servizio promosso, con riferimento in particolare al costo aggiuntivo del modem o agli oneri da sostenere in caso di recesso anticipato rispetto alla periodo di permanenza minima». Anche Fastweb ha continuato a «non riportare in modo chiaro e trasparente le effettive e complete condizioni economiche delle offerte in fibra ottica reclamizzate».

A stretto giro sono arrivate le reazioni delle associazioni dei consumatori.

«È ingannevole un messaggio che non informa in modo adeguato e completo sui costi aggiuntivi necessari per conseguire le massime velocità pubblicizzate per navigare su internet, o che non dicono chiaramente che va attivata un’opzione aggiuntiva a pagamento, magari gratuita solo per un primo limitato periodo», ha detto il presidente dell’Unione Nazionale Consumatori Massimiliano Dona.

Il Codacons chiede che agli utenti siano restituiti i soldi spesi per le informazioni incomplete o ingannevoli. Per il presidente dell’associazione Carlo Rienzi non bastano multe ritenute «irrisorie, inadeguate al profitto che le società telefoniche hanno generato grazie a pratiche scorrette».

«Vogliamo – dice Rienzi – che i consumatori incappati nelle pubblicità ingannevoli siano risarciti attraverso indennizzi o altre forme di rimborso, in quanto le loro scelte economiche sono state alterate dai messaggi ingannevoli diffusi dagli operatori, con conseguente danno sul piano materiale».

Fonte: Codacons

Back To Top