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Pratiche restrittive su Android: respinta l’impugnazione di Google nelle conclusioni dell’Avvocata Generale Kokott della Corte di Giustizia Europea

L’Avvocata Generale della Corte di giustizia dell’Unione europea, Juliane Kokott, ha proposto il rigetto dell’impugnazione presentata da Google contro una sentenza del Tribunale dell’Unione, relativa a una sanzione per pratiche anticoncorrenziali nel settore dei dispositivi mobili. La proposta, pur non vincolante, offre una linea interpretativa che la Corte potrebbe seguire nella decisione finale.

La vicenda trae origine da una decisione della Commissione europea del luglio 2018, nella quale si contestava a Google l’abuso di posizione dominante attraverso una serie di clausole contrattuali imposte a produttori di dispositivi Android e operatori di rete mobile. Tali clausole riguardavano, tra l’altro, la preinstallazione obbligatoria delle applicazioni Google Search e Chrome per ottenere la licenza del Play Store, il divieto di commercializzazione di dispositivi con versioni del sistema operativo non approvate da Google e condizioni economiche legate alla preinstallazione esclusiva del motore di ricerca dell’azienda.

Secondo la Commissione, queste misure erano finalizzate a consolidare la posizione di Google nel mercato dei servizi di ricerca generale, in un momento in cui l’uso di Internet da dispositivi mobili stava acquisendo crescente rilevanza. Le restrizioni sono state considerate parte di una strategia unica e continuata.

Il Tribunale dell’Unione, nel 2022, ha in parte accolto il ricorso di Google, annullando la decisione della Commissione solo per quanto riguarda uno dei tre comportamenti contestati – quello legato alla ripartizione dei ricavi – e ha ricalcolato l’ammenda in 4,124 miliardi di euro. Google ha successivamente presentato impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia.

Nelle sue conclusioni, l’Avvocata Generale ha ritenuto infondati gli argomenti giuridici sollevati da Google. In particolare, ha osservato che non era necessario condurre un’analisi controfattuale dettagliata per dimostrare l’esistenza di un abuso, in quanto la semplice preinstallazione delle applicazioni Google, in un contesto dominato dallo “status quo bias” degli utenti, risultava idonea a ostacolare la concorrenza. Inoltre, secondo Kokott, non era realistico richiedere una valutazione basata sul confronto con un ipotetico concorrente “altrettanto efficiente”, poiché la posizione di Google nel mercato e l’accesso privilegiato ai dati le garantivano un vantaggio strutturale difficilmente replicabile.

Infine, l’Avvocata Generale ha ritenuto corretta anche la valutazione del Tribunale in merito all’infrazione unica e continuata, nonostante l’annullamento parziale relativo alla ripartizione dei ricavi, e ha confermato la legittimità del nuovo importo dell’ammenda.

 

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