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Profili giuridici della robotica medica. Intervista al Prof. Avv. Giovanni Di Rosa.

Il Prof. Avv. Giovanni Di Rosa è professore ordinario (a partire dall’anno accademico 2003-2004) di Diritto privato nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Catania, ove è attualmente titolare dell’insegnamento di Diritto civile e ricopre altresì l’insegnamento di Biodiritto. Esperto in Diritto sanitario e Bioetica del Gruppo di lavoro Sez. V Consiglio Superiore di Sanità “I sistemi di intelligenza artificiale come supporto alla diagnostica” dal luglio 2021.

Il Prof. Di Rosa ha curato l’intervento Profili giuridici della robotica medica per l’evento del 21 ottobre Convegno di studi su Sport, diritto e nuove tecnologie mediche.

 

il Prof. Avv. Giovanni Di Rosa 

 

In che misura le intelligenze artificiali sono di ausilio nell’ambito medico e quali le possibili controindicazioni?

Lo sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale e la relativa applicazione in medicina costituiscono oggi uno dei punti di maggiore significativa incidenza degli strumenti di innovazione tecnologica al servizio dell’uomo, in stretta connessione con l’obiettivo, costituzionalmente garantito, della tutela della salute di ogni individuo. In tal senso è di immediata evidenza una progressiva evoluzione del mercato rispetto all’attività di produzione e alla corrispondente messa in circolazione di sistemi (più o meno sviluppati) basati sull’intelligenza artificiale; parallelamente, tuttavia, si segnala il rischio che gli stessi possano talora generare aspettative illusorie e fuorvianti, sia per gli operatori sanitari sia per i pazienti. Quanto a quest’ultimo rilievo il riferimento è, in particolare, ai recenti software per la diagnosi “automatica” di Covid-19 con la tomografia computerizzata (TC) del torace, che si sono rivelati, alla prova dei fatti, utili strumenti di supporto alla diagnosi, ma di certo non sostitutivi dei tamponi molecolari, come pure ipotizzato all’inizio. Così come pure la sempre più crescente diffusione dei sistemi di robotica medica nella quotidiana prestazione di servizi nelle strutture sanitarie (pubbliche e private) pone gli ordinari (ma allo stesso tempo nuovi) problemi in ordine ai connessi profili di responsabilità (ossia rispetto ai danni al paziente), sia retrospettiva (per quanto cioè già accaduto) sia prospettiva (per quanto cioè può nel futuro accadere).

 

Entrando nel dettaglio, quali sono le declinazioni tipologiche e le specifiche applicazioni dei sistemi robotici in ambito medico?

Ad una differenziazione dai tratti generali rispetto alla tipologia di sistemi robotici (che traducono altrettanti modelli di intelligenza artificiale), in ragione del diverso grado di autonomia cognitiva e operativa, può affiancarsi   una distinzione applicativa nel settore medico rispetto, in particolare, alla destinazione funzionale del sistema robotico. Può allora distinguersi tra una robotica clinica, una robotica riabilitativa e una robotica assistenziale.

Con riguardo alla prima area di operatività (ossia la robotica clinica) possono segnalarsi sia sistemi clinico-medici sia sistemi clinico-chirurgici, in ragione della loro destinazione, rispettivamente, alla osservazione e allo studio diretto del paziente e al corrispondente trattamento terapeutico non chirurgico (per l’appunto medico), oppure al trattamento terapeutico chirurgico (dunque interventistico). Al primo gruppo e alla correlativa tipologia appartiene, ad esempio, il sistema robotico Cyberknife, utilizzato nel settore della radioterapia cosiddetta chirurgica (o radiochirurgia), la cui denominazione (apparentemente in contrasto con la distinzione in precedenza prospettata) si deve non tanto alla realizzazione di un intervento chirurgico effettivo (il che non è) quanto piuttosto perché si rende possibile un risultato simile (quanto a precisione) a una procedura chirurgica reale (caratterizzata dall’incisione chirurgica) attraverso una o (normalmente) più sessioni di trattamento radioterapico. Si tratta dunque di uno strumento di avanzata tecnologia in àmbito oncologico, che si affianca alle già consolidate pratiche chirurgiche, farmacologiche e radioterapiche, deputato a inviare una dose elevata di radiazioni ionizzanti di elevata potenza, centrati in modo assai preciso sul tumore, sulle lesioni o sulle altre aree da trattare con un (eventuale) minimo effetto (di gran lunga inferiore rispetto alla radioterapia tradizionale) sui tessuti sani circostanti. Al secondo gruppo e alla correlativa tipologia appartiene, invece, il robot medicale Da Vinci Surgical System, l’apparato più avanzato nel campo della chirurgia mini-invasiva. Si tratta di un robot che opera attraverso comandi a distanza da parte di un chirurgo il quale siede alla console, ossia utilizza uno strumento di controllo per gestire da remoto i movimenti del sistema robotico, azionandone così i relativi bracci meccanici su cui sono montati gli strumenti operatori. All’elevatissimo costo, non solo in termini di acquisto ma anche di manutenzione e, altresì, di formazione del personale sanitario, corrispondono diversi vantaggi, in particolare quelli derivanti dalla ridotta invasività e dalla maggiore precisione.

Con riferimento, invece, alla seconda area di operatività (ossia la robotica riabilitativa) può richiamarsi, tra gli altri, il sistema Lokomat, un esoscheletro robotizzato destinato ad assicurare il recupero della funzionalità degli arti inferiori. Esso consente al paziente, attraverso un sistema di imbracature che lo tengono eretto, movimenti delle gambe su un tapis roulant attraverso gli arti robotici a cui vengono fissati gli arti inferiori, sulla base di schemi motori corrispondenti a quelli della ordinaria e naturale locomozione.

Quanto, infine, alla terza area di operatività (ossia la robotica assistenziale) può aversi riguardo a tutti quegli strumenti automatizzati, sempre più numerosi, destinati a svolgere le attività infermieristiche comuni (con una significativa riduzione dei carichi di lavoro per il relativo personale) ma anche diretti, più in generale, ad assicurare adeguati servizi alla persona. Proprio rispetto a quest’ultimo settore e a quest’ultimo tipo di attività può richiamarsi il robot umanoide Pepper (traduzione di pepe, peperoncino, facendo riferimento, per traslato, al brio e alla vitalità), che presenta tratti di significativa interattività; esso è infatti in grado di muoversi nell’ambiente circostante (spostandosi sulle rotelle), riconoscere un viso umano e percepire (tramite appositi sensori) le emozioni delle persone con cui entra in relazione (utilizzato in particolare all’interno dei reparti pediatrici).

 

Quali sono gli ordini di problemi, anche di natura etica, derivanti dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale in medicina?

A fronte della indicata e variegata tipologia di sistemi robotici, operanti attraverso modelli algoritmici che ne traducono, per l’appunto, la catalogazione all’interno dell’articolato mondo dell’intelligenza artificiale, si pongono ordini di problemi distinti. Possono infatti evidenziarsi problematiche relative ora al diverso grado di incidenza della macchina nel rapporto con il paziente (e tra il sanitario e il paziente medesimo); ora alla maggiore o minore efficacia del ricorso a tali strumenti rispetto all’attività dell’uomo; ora, infine, alle questioni in tema di responsabilità derivanti dal relativo utilizzo (più o meno pericoloso). In buona sostanza, se si volesse operare una massima semplificazione (che, in quanto tale, può risultare eccessiva ma, probabilmente, di una qualche efficacia espositiva), si potrebbe distinguere tra ordini di problemi che afferiscono al tema (prevalentemente, ma non esclusivamente, etico) dell’interazione umana con i sistemi robotici (e, dunque, dei rapporti così instaurati tra la macchina e il paziente) e ordini di problemi, strettamente correlati ai primi quantunque distinti, che attengono al tema delle possibili conseguenze dannose derivanti dall’utilizzo della robotica (sia normalmente, ossia in via di ordinario funzionamento, sia inusualmente, ossia in presenza di anomalie degli strumenti adoperati).

Da un lato, dunque, questioni di efficienza, non soltanto in termini quantitativi ma, altresì, qualitativi, con chiare ricadute in termini etici quanto alla relativa incidenza sul rapporto con il paziente; dall’altro, questioni di responsabilità, in un contesto oggi caratterizzato, proprio su questo specifico versante, dalla Proposta di regolamento della Commissione europea del 21 aprile 2021, sull’approccio europeo all’intelligenza artificiale, espressione del primo quadro giuridico europeo in quest’àmbito  e dalla Proposta di direttiva del 28 settembre 2022 sulla responsabilità derivante dai sistemi di intelligenza artificiale. Al di là di quelli che saranno gli esiti delle menzionate Proposte, sembra chiaro comunque l’intento del legislatore europeo verso un approccio che consideri, ai fini della formulazione di un certo tipo di responsabilità, il maggiore o il minore rischio che il sistema di intelligenza artificiale introduce all’interno del contesto di riferimento.

Sul versante etico si pongono, poi, ordini di problemi che non hanno a che fare con la sicurezza (pur non di secondaria importanza) rispetto all’impiego e alla fruizione del sistema robotico ma inerenti alla avvertita necessità di continuare a preservare la centralità della persona nella relazione di cura, nel quadro di un rapporto affidato a un sempre più complesso e articolato modello organizzativo di gestione. Occorre, dunque, seriamente interrogarsi sul possibile rischio, incrementato dalla sempre più diffusa cedevolezza a prospettive di massima efficienza, di assegnare ai sistemi automatizzati (proprio perché qualificati o ritenuti “intelligenti”), nel contesto della prestazione delle cure, compiti propri ed esclusivi del personale medico in ragione di specifiche abilità correlate alla dimensione umana della relazione con il paziente. In un contesto oggi caratterizzato, anche normativamente (il riferimento è alla legge n. 219 del 2017), dalla giusta accentuazione dei profili relazionali, ossia dall’accento sempre più marcato sulla significativa rilevanza della relazione interpersonale, si comprendono appieno le riserve in ordine alla possibilità di affidare a un sistema robotico, per quanto sofisticato e “intelligente”, la gestione del rapporto con il paziente. In altri termini, solo la fisicità, ossia il medico in carne e ossa, sembra potere assicurare in termini di assoluta necessità (non solo concettuale ma concretamente operativa) quel bisogno di umanità la cui soddisfazione costituisce piena attuazione della relazione di cura e di fiducia tra medico e paziente. Da un lato, infatti, la irripetibile individualità del paziente, dall’altro, la insostituibile presenza professionale (e, prima ancora, personale) del medico, traducono le coordinate fondamentali di una relazione (che è, deve essere) pienamente di senso, profondamente intrisa di quei tratti che possono essere propri solo dell’essere umano che, pur con tutti i suoi limiti, risulta ancora di assoluta insostituibilità in una dimensione che non sia meramente seriale e tecnicamente (o tecnologicamente) reiterativa (ben possibile, invece, a livello dell’automazione, pur con caratteri di assoluta autonomia). In questa direzione, appropriatamente, la recente posizione assunta dal gruppo misto costituito dal Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) e dal Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita, proprio con specifico riferimento all’impatto dell’intelligenza artificiale nella relazione paziente-medico, rappresenta, per un verso, l’utilità del ricorso ai sistemi di intelligenza artificiale ma, per altro verso, ne significa il ruolo ancillare, rilevando in particolare che «la macchina non potrà sostituire l’umano in una relazione che si costruisce sull’incontro di ambiti complementari di autonomia, competenza e responsabilità. (…) Se la relazione di cura va configurata come relazione di fiducia, oltre che di cura (legge 219/2017), va preservato un ruolo sostanziale del “medico umano” in quanto unico a possedere le capacità di empatia e di vera comprensione, che non possono essere espresse dall’IA e che sole possono rendere reale un tale rapporto».

 

 

a cura di 

Valeria Montani

 

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