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La propaganda nell’era del deepfake

In un video dello scorso giugno Mark Zuckerberg rivolgendo lo sguardo alla videocamera con tono ambiguo lasciava intuire il potere nelle mani di un uomo con “il controllo completo dei dati rubati a miliardi di persone, tutti i loro segreti, le loro vite”. Il CEO di Facebook spiegava come “chiunque controlla i dati, controlla il futuro.”

Per quanto risultasse realistico si trattava di un falso, qualunque opinione abbiate di Zuckerberg le allusioni seminate lungo il monologo risultavano in effetti controproducenti all’attività del social network. Realizzato dagli artisti Bill Posters e Daniel Howe con le tecniche del deepfake, il video intendeva provocare una reazione dell’opinione pubblica americana sulla facilità d’uso degli strumenti di digital influence. Per alcuni era inoltre da considerarsi una risposta alla decisione di Facebook di non oscurare un altro fake diffuso nelle settimane precedenti: il discorso in cui la speaker della Camera dei rappresentanti Nancy Pelosi appariva ubriaca – un video falsato credibile al punto da essere rilanciato su Twitter dall’ex sindaco di New York Rudolph W. Giuliani.

I due episodi danno il senso di come in vista delle primarie e delle successive elezioni presidenziali del 2020, gli Stati Uniti si stiano interrogando su come scongiurare la nuova ondata di fake news che si appresta a inquinare il dibattito pubblico. L’attenzione è rivolta in particolare agli algoritmi di intelligenza artificiale che stanno rivoluzionando l’industria del falso. Il deepfake è l’ultima e più potente tra queste tecniche di machine learning. Si basa su architetture di Generative Adversarial Network (GAN) in cui due reti neurali sono messe in competizione per generare contenuti originali. Grazie ad esse è possibile alterare in modo realistico video esistenti cambiandone il contesto, sostituendo il volto di una persona (anche solo il movimento delle labbra), prendendo l’immagine di un soggetto e animandola – come accade nel video divenuto virale in cui la Monna Lisa prende vita.

In Europa e Stati Uniti la distorsione delle notizie e l’onda lunga del falso ha minato negli anni la credibilità dei media e a cascata delle istituzioni nazionali e internazionali. Ora, con il deepfake, c’è il doppio timore che vengano seminati falsi-credibili difficilmente smascherabili e che diventi facile screditare video legittimi additandoli come falsi: un meccanismo destinato ad alimentare il fenomeno delle echo chamber e a polarizzare il dibattito pubblico. L’effetto è di creare spaccature sociali difficilmente sanabili – il Regno Unito con il dibattito sull’uscita dall’Ue ne è un chiaro esempio.

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