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Tra innovazione e regolazione. Intervista a Marco Delmastro

Marco Delmastro è direttore del Servizio economico-statistico dell’Agcom e autore – insieme ad Antonio Nicita – di “Big data. Come stanno cambiando il nostro mondo” (il Mulino, 2019).

Nel suo libro “Big data. Come stanno cambiando il nostro mondo” si chiede se, nella nostra era digitale, non ci sia bisogno di una nuova regolazione accanto alla privacy e all’antitrust, o se invece non basti la concorrenza a disciplinare l’innovazione e il potere di mercato. Da cosa sorge questo dubbio?

In realtà, questo è un dubbio che inizia a porsi una parte importante della comunità scientifica internazionale. Consideri che Luigi Zingales, dell’Università di Chicago, da sempre famosa per il suo pensiero ultra-liberal, ha recentemente dichiarato al New York Times che l’approccio antitrust attuale incontra molti problemi con questo nuovo tipo di mercati e di connesse strutture concorrenziali. Usando le esatte parole del Prof. Zingales “Our antitrust laws cannot do anything against these types of monopolies… The world has changed, and inevitably the Chicago position has to change, too.”

Jean Tirole, premio Nobel per l’economia, che per primo ha analizzato il funzionamento dei mercati a due versanti tipici dell’ecosistema digitale, ha affermato che, in questi contesti, dobbiamo riconsiderare l’onere della prova nelle decisioni antitrust, e che l’approccio old-style ai mercati ha fatto il suo tempo. Proprio Tirole ha proposto un nuovo approccio regolamentare, quindi ex-ante, che lui definisce “partecipativo”, ossia flessibile, dinamico, e, possibilmente, condiviso.

In generale, il susseguirsi, nell’ultimo periodo, dell’avvio di numerosi casi internazionali, sia antitrust sia privacy, è una conferma di quanto avevamo scritto nel libro. Temo che arrivare in ritardo, con la convinzione che questi problemi non riescano a risolversi ex post, possa portare qualche istituzione internazionale a ripensare alle modalità di intervento, considerando anche misure strutturali che, già in passato, si sono rivelate inefficienti.

Nel libro cita l’esempio di Yahoo! superato da Google per mostrare l’importanza dell’innovazione nel determinare il successo di un’azienda sul mercato. Di recente Margrethe Vestager ha ottenuto un secondo mandato nella Commissione europea, con ancora più poteri. Vestager è conosciuta per il suo approccio molto duro contro i giganti digitali: esiste secondo lei il rischio che possa imporre regole troppo stringenti al settore e danneggiare la spinta all’innovazione?

Il rischio esiste sempre, e la Commissione, proprio al fine di scongiurarlo, ha da tempo introdotto il concetto di “light regulation” nei mercati innovativi. Dopodiché, come in ogni tipo di approccio regolamentare efficiente, occorre fare un’attenta analisi dei costi e dei benefici degli eventuali interventi regolamentari e valutare le diverse alternative dal punto di vista dell’efficienza sociale (cd. better regulation).

Ritengo che, come abbiamo ampiamente argomentato nel libro, e come i crescenti interventi a tutela della privacy e della concorrenza iniziano a dimostrare, siamo in una situazione di fallimento dei mercati. In questa situazione, i mercati non raggiungono spontaneamente un equilibrio di first best; occorre quindi trovare una soluzione di second best che contemperi lo stimolo all’innovazione con la tutela di diritti fondamentali dell’uomo, che vanno dalla privacy al diritto all’informazione.

Detto questo, sono d’accordo con il prof. Cass Sunstein quando afferma che il principio di precauzione, nella sua interpretazione cd. “forte”, abbia spesso portato l’Europa a inibire la formazione di processi di innovazione tecnologica. Si tratta quindi di trovare un giusto equilibrio, individuando misure efficaci, flessibili, coordinate e dinamicamente efficienti. Non è facile, ma dobbiamo iniziare a spogliarci dai vecchi dogmi e dai vecchi modelli concettuali, che spesso utilizziamo per paura e pigrizia. Un nuovo paradigma si è già affermato. Il libro che abbiamo scritto è un piccolo contributo volto a spiegarlo e a mettere al centro della discussione i relativi benefici e le possibili problematiche, economiche e sociali.

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