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Riconoscimento facciale, c’è bisogno di una moratoria

Rimbalza da Portland, la più popolosa delle città dell’Oregon negli USA e secondo il Guardian di qualche anno fa una delle città dove si vive(va) meglio al mondo – almeno nel 2012 – l’idea di vietare l’uso di qualsiasi sistema di riconoscimento facciale sia nel settore pubblico che in quello privato.

La decisione che – se adottata – si collocherebbe un gradino più su rispetto a quelle già in vigore in altre città americane che hanno vietato il ricorso a sistemi di riconoscimento facciale nel settore pubblico è giustificata dall’estrema criticità di alcune delle più diffuse applicazioni della tecnologia in questione specie in termini di privacy anche in ragione dell’estrema – allo stato della tecnica – fallibilità delle soluzioni sin qui sviluppate.

Il riconoscimento facciale, in effetti, si sta diffondendo alla velocità della luce nei casi d’uso più disparati: dalle forze dell’ordine in funzione anti-crimine al business, nel mondo fisico – supermercati e grandi eventi – come in quello online.

E, naturalmente, è solo la punta di un iceberg che cresce senza sosta.

Ma, per un verso, gli esperti sono concordi nel ritenere che quella del riconoscimento facciale non sia una tecnologia matura e che i margini di fallibilità nel riconoscimento siano ancora importanti e, per altro verso, le preoccupazioni che lo spossessamento dell’identità personale nella sua dimensione digitale che si realizza con le soluzioni di riconoscimento facciale sono enormi: rischiamo di perdere il controllo del nostro essere nella dimensione online.

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