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Scambio di informazioni tra enti creditizi in Portogallo sotto esame: potenziale restrizione della concorrenza

Lo scambio di informazioni tra 14 enti creditizi in Portogallo per oltre dieci anni potrebbe costituire una restrizione della concorrenza per oggetto. Spetta, in definitiva, al tribunale della concorrenza portoghese determinare se ciò si sia verificato nel caso specifico.
Nel settembre 2019, l’Autorità portoghese garante della concorrenza (AdC) ha inflitto a 14 enti creditizi, tra cui i sei maggiori in Portogallo, un’ammenda complessiva di 225 milioni di euro. L’AdC ha ritenuto che tali enti avessero violato il diritto della concorrenza nazionale e dell’Unione partecipando a un ampio scambio mensile reciproco di informazioni sensibili per più di dieci anni, tra il 2002 e il 2013. Le informazioni scambiate riguardavano i mercati del credito immobiliare, del credito al consumo e del credito alle imprese. Esse includevano condizioni attuali e future applicabili alle operazioni, come gli spread e le variabili di rischio, nonché le cifre di produzione individualizzate dei partecipanti a tale scambio.
Questo scambio di informazioni è stato considerato “autonomo” dall’AdC, poiché non è stato collegato a una pratica concertata restrittiva della concorrenza, come un accordo sui prezzi o sulla ripartizione dei mercati. Tuttavia, l’AdC ha considerato che costituisse una restrizione della concorrenza per oggetto. Secondo l’AdC, la gravità di tale pratica concordata è tale che non è necessario esaminare i suoi eventuali effetti sui mercati interessati per concludere che viola il diritto della concorrenza.
La maggior parte degli enti creditizi partecipanti ha presentato ricorso contro la decisione dell’AdC dinanzi al tribunale della concorrenza portoghese. Essi affermano che lo scambio di informazioni di cui trattasi non era, di per sé, sufficientemente dannoso da poter essere qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto. Ritengono quindi necessario esaminare i suoi effetti. Aggiungono che, in ogni caso, l’AdC avrebbe dovuto tener conto del contesto economico, giuridico e normativo in cui si inserisce tale scambio.
Il giudice portoghese ha interrogato la Corte di giustizia in merito alla possibilità e alle condizioni in cui uno scambio di informazioni può essere qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto. La Corte ha risposto che uno scambio di informazioni autonomo tra concorrenti può costituire una restrizione della concorrenza per oggetto. È sufficiente che tale scambio costituisca una forma di coordinamento che, per sua stessa natura, in un contesto come quello in cui si inserisce detto scambio, è necessariamente dannoso per il corretto funzionamento del normale gioco della concorrenza. Perché un mercato funzioni in condizioni normali, gli operatori devono determinare autonomamente la politica che intendono perseguire e restare nell’incertezza riguardo ai comportamenti futuri degli altri partecipanti. Di conseguenza, uno scambio di informazioni rientra in una forma di coordinamento qualificabile come restrizione per oggetto qualora consenta di eliminare tale incertezza. Ciò avviene quando le informazioni scambiate sono riservate e strategiche, nel senso che sono idonee a rivelare il comportamento futuro di un concorrente sui mercati interessati.
Questo potrebbe verificarsi nel caso specifico, poiché dalla descrizione dei fatti in questione da parte del giudice portoghese sembra emergere che le informazioni scambiate riguardavano, in particolare, le intenzioni di modificare in futuro gli spread dei partecipanti allo scambio. Inoltre, se così fosse, dato che gli spread costituiscono uno dei parametri in base ai quali la concorrenza si stabilisce in un mercato, un tale scambio potrebbe avere avuto come unico obiettivo quello di falsare la concorrenza. Tuttavia, spetta al giudice portoghese procedere alle valutazioni di fatto necessarie per stabilire se lo scambio in questione rientri effettivamente in una restrizione per oggetto.
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