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La sicurezza stradale non è brevettabile: a proposito della Cassazione sui sistemi Safety tutor

Di Alberto Maria Gambino e Bianca Emilia Barbieri

I dati ISTAT ci dicono che, con il sistema del cd. Safety Tutor, i morti in autostrada si sono più che dimezzati. In termini di vite umane, in particolare, dall’anno di installazione dei tutor (2004) sono mancate all’appuntamento con Tanatos circa ottomila famiglie che hanno proseguito serenamente il loro viaggio in autostrada (dagli 800 morti nell’anno 2002, agli attuali 300 morti annuali).

Dunque si tratta di un’invenzione estremamente utile con evidenti ricadute sociali, economiche e sanitarie. Ora, nella narrazione degli itinerari dell’inventiva umana, gli addetti ai lavori ci dicono che non è affatto scontato che si colga immediatamente nell’invenzione l’applicazione più confacente al suo migliore utilizzo. Non solo. L’orizzonte del “migliore utilizzo” di un trovato tecnologico sfugge – potremmo dire per definizione – dal cuore dei requisiti di brevettabilità di un’invenzione, cioè la sua novità e originalità. In altri termini, c’è un fattore di “dignità” ulteriore dell’esclusiva industriale che sta nel suo utilizzo ma che non merita di essere imbrigliato negli schemi escludenti del modello proprietario brevettuale, pena la paralisi della circolazione di prototipi applicativi di grande utilità anche sociale, come in effetti è tutto ciò che migliora la sicurezza dei cittadini e delle comunità di riferimento.

In questo scenario pare iscriversi, pur senza particolare consapevolezza, la sentenza n. 21405, depositata lo scorso 14 agosto, con la quale la Corte di Cassazione individua il principio di diritto potenzialmente idoneo a porre fine alla battaglia legale che da circa un decennio vede scontrarsi Autostrade per l’Italia S.p.a. e la C.R.A.F.T. S.r.l. in ordine alla legittimità o meno dell’uso dei Safety Tutor da parte della prima. La società toscana contestava, infatti, al gestore delle reti autostradali nazionale che il sistema di monitoraggio della velocità di veicoli da esso adottato costituisse contraffazione del modello di controllo brevettato dalla C.R.A.F.T. nel 1999. Con l’ultima pronuncia, la Suprema Corte non risolve definitivamente l’impasse ma detta il principio di diritto cui la Corte di merito dovrà attenersi per stabilire se ricorra o meno contraffazione.

A tal fine, occorre premettere che, in entrambi i casi, il sistema di monitoraggio della velocità ruota attorno all’utilizzo di due stazioni di controllo collegate telematicamente, in grado di rilevare la velocità istantanea di un veicolo nel tratto stradale da esse monitorato nonché di raccogliere i dati relativi alla velocità ed elaborarli al fine di calcolare la velocità media e, quindi, di verificare l’eventuale superamento del limite massimo di velocità consentito dalla legge sul tratto di strada monitorato. Nel caso della C.R.A.F.T. S.r.l., il sistema di rilevamento predetto è di tipo ottico; in quello di Autostrade S.p.A., è di tipo magnetico, avvenendo attraverso la tecnologia di spire induttive.

Sul punto, come aveva già avuto modo di stabilire la Corte di Cassazione nel 2015 quando, cioè, era stata chiamata a pronunciarsi sulla validità del brevetto della C.R.A.F.T., la portata inventiva dei Tutor è da rinvenirsi nella capacità del sistema di effettuare il rilevamento tergale dei veicoli sottoposti a monitoraggio. E del resto, come rileva la Suprema Corte, in assenza della capacità di procedere al rilevamento tergale, l’invenzione della C.R.A.F.T. si sostanzierebbe in un mero metodo matematico, ovviamente non brevettabile per come espressamente previsto dall’art. 45, comma 1, lett. a) del Codice della Proprietà Industriale.

Ora, la Suprema Corte conferma che nel giudizio di contraffazione ciò che rileva è il “cuore del brevetto” ovvero quell’elemento che garantisce l’originalità e la novità della portata inventiva – da individuarsi nella capacità del sistema brevettato dalla C.R.A.F.T. di procedere al rilevamento tergale del veicolo – chiarendo, tuttavia, che “la tecnica adottata da Autostrade, basata sulle spire induttive, o magnetiche, è pacificamente diversa da quella che marca la novità intrinseca ed estrinseca del brevetto CRAFT”, il cui funzionamento piuttosto è legato a un sistema di tipo ottico e non magnetico.

In merito, al fine di verificare se in un caso ricorra contraffazione occorre applicare il principio di equivalenza che impone di guardare non già al problema tecnico in sé, ma alle modalità con cui un dato trovato inventivo si propone di risolverlo. Uno stesso problema tecnico – quale il rilevamento di un veicolo – può essere risolto tramite plurimi trovati inventivi: la relazione di equivalenza rilevante ai fini della contraffazione rileva allorquando si attuino gli elementi essenziali e caratteristici dell’idea inventiva, senza i quali non si potrebbe ottenere il risultato industriale garantito dall’invenzione. Pertanto, non può considerarsi contraffazione la mera soluzione fornita a un determinato problema tecnico (nel caso di specie il rilevamento del veicolo) atto a raggiungere lo stesso risultato industriale (rilevamento tergale) ma occorre verificarne altresì l’identità delle tecniche utilizzate.

Nel caso di specie, il sistema elaborato da Autostrade per il rilevamento tergale del veicolo avviene sfruttando un sistema nuovo e originale attraverso l’uso di spire magnetiche poste nell’asfalto e che sono in grado di rilevare il passaggio del veicolo e di individuarne la relativa categoria di appartenenza (a titolo meramente esemplificativo: autocarri, automobili, motocicli). Le spire induttive una volta rilevato il passaggio del veicolo provocano l’attivazione delle telecamere che sono installate sul portale, e tramite le quali viene effettuato il rilevamento tergale del veicolo di passaggio, del quale attraverso un software viene memorizzata la data e l’ora. Così, a fronte di un unico problema tecnico – ovvero quello del rilevamento del veicolo – la soluzione fornita da Autostrade, considerata alla luce del principio dell’equivalenza, appare idonea ad escludere la contraffazione del sistema adottato dalla C.R.A.F.T., articolando il suo funzionamento su un sistema differente da quello adottato da quest’ultima (che riguardava un rilevamento di tipo ottico e non magnetico).

Dalla lettura della sentenza si conferma, quindi, la necessità di valutare la sussistenza della contraffazione verificando se, in virtù del principio della equivalenza, esista un rapporto di equipollenza tra gli elementi specifici del procedimento tecnico che garantiscono la novità e l’originalità del risultato inventivo. Se così non fosse, si finirebbe per individuare una contraffazione nella maggior parte dei nuovi trovati
tecnologici, che sono spesso orientati al raggiungimento di uno stesso risultato (ad esempio consentire la comunicazione a distanza tramite video; consentire l’accesso a un sistema sfruttando dati biometrici etc.), pur presentando elementi innovativi nelle differenti modalità che di volta in volta consentono il perseguimento del risultato aspirato. In tal modo però si finirebbe – come rileva la Cassazione – per estendere
“irragionevolmente” l’ambito della protezione brevettuale.

E, come detto all’inizio, se il risultato aspirato è in ultima analisi la riduzione dei morti nelle autostrade italiane, v’è un motivo di “ragionevolezza” in più per confermare che l’ambito di una privativa industriale non si estenda alle altre soluzioni – nuove e originali – del medesimo problema tecnico. Dunque, ora, il giudice del rinvio dovrà accertare se esista contraffazione facendo applicazione del seguente principio di diritto: “La contraffazione per equivalenti ricorre in presenza della soluzione di un problema tecnico attuata attraverso invenzioni che presentino elementi delle rivendicazioni muniti di equivalenza, non in presenza della sola identità del problema suscettibile di essere superato con soluzioni tra loro diverse”.

Vedremo allora nella prossima tappa giudiziale – di nuovo davanti ai giudici d’Appello – se, come chiarisce la Suprema Corte, acquisterà rilievo, anche nel caso di specie, il fattore della differenza tecnologica di procedimenti risolutivi di un problema che – anche in nome di un “pluralismo” inventivo tanto utile quanto necessario – possano portare al medesimo risultato di ridurre la mortalità nelle autostrade italiane.

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