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Smart Libraries? Ancora no

di Maria Letizia Bixio Con l’approvazione dello scorso 2 agosto da parte del Senato, della Legge annuale per il mercato e la concorrenza (n. 124/2017), un apparente rovescio è parso abbattersi sulle biblioteche e gli archivi italiani, che tuttavia, con lo scudo di una leguleia interpretazione riusciranno ben presto a correre ai ripari.

Da tempo, infatti, tra i fautori di una conoscenza “smart”, erano attese una serie di modifiche all’art.108 del Codice dei Beni Culturali, volte a liberalizzare le riproduzioni digitali con mezzi propri (tablet, fotocamere, smartphone) dei patrimoni bibliografici.

Interventi che dal 29 agosto entrano in vigore sotto l’egida di una sibillina riforma. Qualcuno ricorderà il mancato gran finale del decreto sull’Art Bonus nell’estate del 2014, quando, nel rendere libere le riproduzioni dei beni culturali senza scopo di lucro, il legislatore parve dimentico di alcuni beni, ovvero proprio quelli bibliografici ed archivistici, dichiaratamente esclusi.

Quali novità dunque sull’art. 108 del Codice dei beni culturali? In primo luogo l’inserimento tra le ipotesi per le quali non è dovuto alcun canone per le riproduzioni di beni culturali, anche di quelle che sono eseguite direttamente dai privati per uso personale o per motivi di studio. Tali riproduzioni si affiancano a quelle che invece, prima di essere eseguite, devono essere autorizzate dall’Amministrazione.

In secondo luogo, la tanto attesa estensione delle ipotesi di riproduzione libere ai beni bibliografici e ai beni archivistici, che tuttavia mantiene salvi i beni archivistici sottoposti a restrizioni di consultabilità in ragione del loro contenuto sensibile ai sensi del Capo III del Titolo II del D. Lgs. 42/2004 (art. 122-127).

Infine, con riguardo alla libera divulgazione con qualsiasi mezzo delle immagini di beni culturali legittimamente acquisite, viene eliminato il divieto di utilizzo a scopo di lucro indiretto. In tal senso la novella pare voler consentire la libera pubblicazione di immagini di beni culturali, ad esempio in pubblicazioni scientifiche.

Per chi stesse già immaginando gli utenti di archivi e biblioteche liberi di scattare fotografie direttamente con il proprio smartphone, finalizzate a riproduzioni no profit, certamente le aspettative verranno presto deluse. Fotografie con mezzi propri si, infatti, ma con forti limitazioni: niente flash, stativi o treppiedi e soprattutto nessuna libertà sulle opere protette dal diritto d’autore.

In maniera inequivocabile il testo del novellato articolo 108 richiama la normativa sul diritto d’autore. Per tutte le opere non ancora cadute in pubblico dominio, dunque, ai sensi dell’art. 68 Legge sul diritto d’autore, la riproduzione di singole opere o brani di opere sarà libera per l’uso personale dei lettori, solo se fatta a mano o con mezzi di riproduzione non idonei a spaccio o diffusione dell’opera nel pubblico.

Cellulari  e macchine fotografiche, però, non possono rientrare tra le categorie di mezzi autorizzati dalla legge data la loro precipua attitudine alla diffusione al pubblico.

Analogamente, resta libera la fotocopia per uso personale di opere esistenti nelle biblioteche accessibili al pubblico purché nei limiti del quindici per cento di ciascun volume, e purché effettuata mediante fotocopia, xerocopia o sistema analogo. Anche in questo caso la riproduzione tramite smartphone o macchina fotografica personale non può esser considerata “analoga” o assimilabile agli strumenti consentiti dalla legge.

Quanto alla riproduzione di brani o di parti di opera per il mero uso di critica o di discussione, ai sensi dell’art. 70 Legge sul diritto d’autore, tale riproduzione è da considerarsi libera solo se effettuata, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituisca concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera.

Pertanto gli scatti illimitati di volumi, saranno da censurarsi anche nel caso in cui l’eccezione al diritto d’autore invocata sia quella della critica o della discussione che presuppone una riproduzione circoscritta. Tirando le somme, il bilancio delle novità apportate dall’annunciata liberalizzazione e semplificazione nell’accesso al patrimonio archivistico e bibliografico è piuttosto esiguo.

Vantaggi in termini di tempi e costi solo per quegli studiosi che potranno rapidamente acquisire con propri mezzi, e senza limitazioni nel numero di scatti, opere bibliografiche in pubblico dominio, scevre da restrizioni di consultabilità, da utilizzare naturalmente per finalità di ricerca e non di lucro.

Alle Biblioteche invece, sebbene spetti l’arduo compito di vigilare che le opere sottoposte agli smartphone degli utenti siano in pubblico dominio, è lasciato l’arbitrario potere di fissare esose cauzioni nei casi in cui dall’attività in concessione possa derivare un pregiudizio ai beni culturali.

La cauzione richiesta potrà esser costituita anche mediante fideiussione bancaria o assicurativa e verrà restituita solo quando sia stato accertato che i beni, dopo lo “shooting”, non abbia subito danni. Certamente un bel deterrente per quanti si volessero improvvisare selfie-bibliotecomani!

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