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Traiettorie per l’adozione consapevole ed efficace dell’Intelligenza Artificiale nelle imprese. Intervista al Dott. Riccardo Bovetti

Riccardo Bovetti è un Equity Partner di EY SpA, con sede a Milano. Si è laureato summa cum laude in Scienze dell’Informazione presso l’Università di Torino ed ha iniziato la sua carriera lavorando in diverse società di consulenza ICT. È entrato in EY come Equity Partner nel 2014 dopo quattordici anni passati in un’altra big4.
Dal 2007 è Professore a contratto presso l’Università e la SAA Business School di Torino, dove insegna Controllo Direzionale e Sistemi Informativi Manageriali. E’ altresì Professore a contratto dal 2020 in Università Cattolica di Milano, dove insegna Managment Control and Performance Management, Professore a contratto in ESCP dove insegna Big Data & Analytics, per il Master Internazionale in Food&Beverage, ed alla ESA di Beirut, dove insegna Management Control al MBA.
Ha più di 25 anni di esperienza nella consulenza aziendale e gestionale in Europa, America e Asia, guida grandi progetti di trasformazione digitale e di business, innovazione aziendale e miglioramento delle performance, nonché progetti strategici complessi.
Ha vasta esperienza in gestione e guida delle trasformazioni aziendali e nell’applicazione di approcci pratici quando introducono nuovi processi, metodologie, idee tecnologiche e innovazioni.
È specializzato nei settori: Food&Beverage, Textile&Apparels, Retail, Industrial e Automotive.
Le sue competenze includono: pianificazione strategica e gestione delle prestazioni aziendali, revisione della strategia aziendale, organizzazione e sviluppo del business, miglioramento delle prestazioni di marketing e vendita, gestione di progetti e programmi, gestione di progetti ICT, analisi e riprogettazione dei processi, formazione manageriale, business intelligence e strategia ICT e Architettura dei sistemi informativi
il Dott. Riccardo Bovetti
Quali sono le principali sfide organizzative che le aziende incontrano nel passaggio dalla comprensione teorica delle potenzialità dell’intelligenza artificiale alla consapevolezza concreta delle sue implicazioni pratiche?
Il passaggio dalla comprensione teorica delle potenzialità dell’intelligenza artificiale alla consapevolezza delle sue implicazioni pratiche costituisce una sfida di rilievo per molte organizzazioni, in particolare perché richiede un’evoluzione sia culturale sia tecnologica. Un primo ostacolo è rappresentato dalla resistenza all’evoluzione, spesso generata dal timore che le nuove tecnologie possano mettere in discussione i ruoli lavorativi tradizionali. Tale timore è ulteriormente alimentato dalla scarsa chiarezza sul fatto che l’AI, nella maggior parte dei casi, funge da amplificatore delle capacità umane, anziché configurarsi come un sostituto diretto.
Un’ulteriore criticità, soprattutto nelle imprese di dimensioni medio-piccole, riguarda la carenza di skill interne. Senza professionisti in grado di comprendere pienamente il potenziale di metodologie come il machine learning o la predictive analytics, le aziende faticano a individuare le aree di maggiore valore e a implementare soluzioni che vadano oltre la fase sperimentale o legate all’iniziativa di singoli appassionati. Inoltre, l’assenza di un percorso metodologico di analisi e di pianificazione rende difficile scalare i risultati e sostenere l’investimento nel tempo.
Infine, una problematica ricorrente è la difficoltà di tradurre i benefici teorici in risultati tangibili. Molte organizzazioni percepiscono il valore dell’AI come ancora astratto, legato a best practice proposte da consulenti o trattate in articoli di settore. Per superare questa fase di incertezza, è necessario un iter di implementazione rigoroso, che parta dalla mappatura dei processi e includa un’analisi scientifica delle aree più adatte a trarre vantaggio dall’adozione di soluzioni di AI, siano esse nelle operations, nella customer experience o nella revisione dei modelli di business. Solo seguendo un iter definito, che spazi dalla comprensione iniziale alla selezione strategica dei casi d’uso fino alla fase di azione e monitoraggio, le imprese possono affrontare tali sfide in modo sostenibile e ottenere benefici reali.
Quando si analizza il livello di maturità di un’azienda per sviluppare una roadmap di adozione dell’AI, quali sono i principali fattori che vengono valutati? Esistono settori in cui questo processo risulta più complesso rispetto ad altri?
La definizione di una roadmap efficace in ambito intelligenza artificiale passa necessariamente attraverso la valutazione della maturità aziendale, un’analisi che non può limitarsi a un singolo aspetto, ma deve coprire diverse dimensioni. In primo luogo, la disponibilità e la qualità dei dati rappresentano uno snodo cruciale: senza dati sicuri, puliti e aggiornati, ogni progetto di AI rischia di fallire nella fase di implementazione o di generare insight di scarsa affidabilità. A ciò si aggiunge l’esigenza di un’infrastruttura tecnologica robusta, che consenta di integrare in modo omogeneo diverse soluzioni, dalle piattaforme di Data Analytics ai modelli di frontiera come i Large Language Models e le tecnologie di Generative AI.
Un secondo fattore determinante riguarda la governance e la gestione dei rischi. La conformità normativa, in particolare nelle regioni sottoposte a regolamentazioni rigorose come l’Unione Europea (dove l’AI Act definisce regole stringenti), non è negoziabile. Le aziende devono disporre di policy chiare per garantire la protezione dei dati e la trasparenza degli algoritmi, oltre a formare il personale sul rispetto dei diritti degli utenti e sulle modalità etiche di utilizzo dei sistemi basati sull’AI. Parallelamente, la cultura aziendale – intesa come apertura all’innovazione e attitudine alla sperimentazione – incide direttamente sulla velocità e sulla profondità dell’adozione tecnologica.
In alcuni settori, questo iter risulta più complesso per ragioni tecniche, normative o di mercato. Nel Food&Beverage, per esempio, la tracciabilità della supply chain e la necessità di personalizzare l’offerta aumentano la complessità dei progetti di AI. Nel settore Automotive, l’integrazione dell’AI in veicoli autonomi e in fabbriche intelligenti comporta sfide legate alla sicurezza, all’interoperabilità e alla certificazione di componenti critici. Attraverso l’impiego di modelli di maturità – che misurano parametri come la qualità dei dati, le skill interne e la predisposizione al cambiamento – le aziende possono identificare i propri punti deboli e definire una roadmap personalizzata, bilanciando costi, benefici e rischi in modo strutturato. Per ottenere risultati solidi, è fondamentale prevedere momenti di revisione periodica, così da aggiornare la roadmap in base alle evoluzioni tecnologiche e alle esigenze di mercato.
Quali elementi ritiene fondamentali nella creazione di un modello operativo che supporti un’adozione sostenibile dell’AI? In che modo la governance contribuisce al successo dei progetti di trasformazione digitale?
La creazione di un modello operativo solido e duraturo rappresenta uno dei fattori chiave per il successo nell’adozione dell’intelligenza artificiale. Tale modello dovrebbe includere, in modo armonico, tre elementi essenziali:
- Architettura tecnologica flessibile: È fondamentale che la piattaforma IT possa integrare soluzioni eterogenee – dai tradizionali sistemi di machine learning fino ai Large Language Models di ultima generazione – garantendo al contempo la sicurezza dei dati, la possibilità di interfacciarsi con sistemi legacy e la scalabilità delle soluzioni implementate.
- Definizione di ruoli e competenze: Individuare gli “AI Change Agents” interni, cioè figure in grado di orchestrare la trasformazione, favorendo la comunicazione e la collaborazione tra reparti, può accelerare l’adozione dell’AI. Questi professionisti richiedono una preparazione mirata non solo sulle tecnologie core, ma anche sulle dinamiche di change management, sull’ascolto delle esigenze di business e sulla mediazione tra diversi obiettivi aziendali.
- Governance robusta: Un sistema di governance efficace garantisce la coerenza strategica, la conformità alle normative e la mitigazione dei rischi. In pratica, ciò si traduce nella definizione di procedure e linee guida che assicurino l’uso responsabile dell’AI, l’aderenza alle disposizioni in tema di privacy e cybersecurity e la tutela dell’etica, con particolare attenzione alle implicazioni sociali e al rischio di bias algoritmico.
La governance svolge inoltre un ruolo cruciale nel preservare la visione di lungo periodo dei progetti di evoluzione digitale. La creazione di un “AI Center of Excellence” consente di centralizzare l’expertise, raccogliere le best practice e monitorare costantemente l’impatto delle diverse iniziative. L’impiego di framework di misurazione e valutazione (che includano KPI specifici per l’AI) permette di individuare tempestivamente inefficienze e opportunità di miglioramento. In questo modo, l’intelligenza artificiale diventa parte integrante della strategia aziendale, consentendo all’organizzazione di accogliere novità e aggiornamenti tecnologici senza compromettere la stabilità o la sicurezza dei processi.
La formazione del personale è spesso citata come uno degli elementi chiave per il successo dell’AI in azienda. Quali strategie consiglia per garantire che le persone siano davvero pronte a lavorare con strumenti di intelligenza artificiale?
La formazione – o meglio la sensibilizzazione e la preparazione – del personale è cruciale per ogni iniziativa basata sull’intelligenza artificiale. In primo luogo, è necessario adottare una prospettiva olistica, che comprenda:
- Competenze tecniche di base: È essenziale che il personale acquisisca i concetti di funzionamento dei modelli di AI, i principi di addestramento (training) e validazione, nonché i possibili limiti e le distorsioni che possono emergere qualora i dati non siano adeguatamente gestiti.
- Skill avanzate: Per le figure specialistiche o i team di R&D, competenze in Prompt Engineering, Data Science, programmazione e architetture di calcolo distribuito possono rivelarsi decisive per estrarre valore da modelli di AI sempre più complessi.
- Soft skill e attitudine al cambiamento: La tecnologia, di per sé, non basta. Occorrono capacità di comunicazione, problem solving e team leadership, così da mitigare il rigetto tecnologico e promuovere un ambiente di collaborazione costruttiva.
Un approccio progressivo risulta spesso il più efficace. L’introduzione di progetti pilota, con team ridotti, consente di evidenziare rapidamente i benefici tangibili di soluzioni AI e raccogliere feedback utili. Sulla base di questi risultati, le aziende possono ampliare l’adozione tecnologica in modo più sicuro e consapevole. È altresì fondamentale la comunicazione interna: definire un “AI manifesto” e diffonderlo in tutta l’organizzazione aiuta a chiarire gli obiettivi e a contrastare paure o incertezze. L’impegno costante della leadership, infine, garantisce un piano di change management continuativo, che accompagni l’intero processo di transizione e ne consolidi i risultati.
Guardando al futuro, come prevede che le aziende evolveranno nel bilanciare il rapporto tra uomo e macchina, specialmente in settori come Food&Beverage e Retail, ambiti in cui Lei ha una vasta esperienza?
Nei prossimi anni, le aziende dovranno ricercare una sinergia sempre più avanzata tra risorse umane e intelligenza artificiale, delineando ruoli e processi che massimizzino i punti di forza di entrambi. Non si tratta di sostituire l’essere umano con la macchina, bensì di favorirne la co-evoluzione, in cui le competenze umane si fondono con la capacità di calcolo e di automazione offerta dalle tecnologie AI.
Nel Food&Beverage, ad esempio, l’uso di sistemi di intelligenza artificiale migliorerà la tracciabilità della filiera, consentendo una gestione più efficiente degli approvvigionamenti e riducendo gli sprechi. Al contempo, offrirà livelli di personalizzazione inediti nell’offerta rivolta ai consumatori finali. Nel Retail, le piattaforme di AI stanno già trasformando la customer experience, grazie a proposte commerciali sempre più mirate, basate su algoritmi predittivi che analizzano le abitudini d’acquisto e le preferenze dei singoli clienti. L’adozione di chatbot e assistenti virtuali consente di gestire in modo puntuale le richieste, mentre tecnologie per l’ottimizzazione della logistica garantiscono scorte adeguate e tempi di consegna ridotti.
Questo iter evolutivo implica anche un ripensamento delle competenze interne. Sarà necessario avviare piani di reskilling e upskilling, così da rendere le risorse umane pronte a collaborare in maniera efficace con le piattaforme di AI. In quest’ottica, l’adozione dell’intelligenza artificiale rappresenta non soltanto un salto tecnologico, ma anche un rinnovamento culturale di ampio respiro, destinato a modificare strutture organizzative, modalità di lavoro e prospettive di sviluppo professionale.
Il vero vantaggio competitivo consisterà nella capacità di orchestrare in modo metodico e consapevole tutte le fasi di adozione, evitando sperimentazioni isolate e frammentate. Le aziende che riusciranno a integrare l’AI nei propri modelli di business, definendo processi, obiettivi e metriche di valutazione chiari, sapranno dar vita a una sinergia virtuosa tra uomo e macchina, in cui efficienza operativa e valorizzazione del potenziale umano andranno di pari passo. Questo approccio, nel lungo periodo, genererà ricadute positive sia sulle performance aziendali sia sulla soddisfazione dei clienti e degli stessi collaboratori.
Conclusione
Come emerge dalle diverse prospettive affrontate, l’adozione dell’intelligenza artificiale in azienda richiede un approccio strutturato che parta dalla comprensione del potenziale e prosegua con una pianificazione puntuale, una realizzazione graduale e un monitoraggio costante. Solo in questo modo le organizzazioni possono cogliere i benefici di una trasformazione così pervasiva, riducendo al minimo i rischi e favorendo un’evoluzione sostenibile dei propri modelli operativi.
Approfondimenti di scritti del Dott. Riccardo Bovetti:
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a cura di Valeria Montani