Il 5 agosto, la morte di colui che Montanelli definì “il principe del giornalismo televisivo”…
Sono una news di qualità…
di Gianfrancesco Rizzuti Tutti mi chiedono, tutti mi vogliono, donne, ragazzi,vecchi, fanciulle, sono… una news di qualita’! Ci perdoneranno la storpiatura gli amanti di Rossini, ma anche nel Barbiere di Siviglia la qualità era importante e già l’opera si preoccupava della propagazione delle notizie (“la calunnia e’ un venticello”), con i rischi di una cattiva informazione. Oggi la mala informazione la chiamiamo fake news, e va di moda il termine post-verità, che si alimenta dei tanti “post” sui social media che la diffondono viralmente. Questa preoccupazione, negli ultimi tempi, è stata amplificata nei momenti caldi della campagna elettorale americana, ma in realtà la questione cova da tempo. Senza andare troppo indietro, almeno da quando si è affermato internet e l’informazione ha cominciato a viaggiare sulla rete più di quanto non lo faccia sulla carta stampata. Da quando la facilità con la quale ognuno di noi può “postare” qualcosa e metterlo su piazze virtualmente molto più frequentate rispetto ad edicole, librerie, biblioteche. Gli studiosi sono al lavoro, senza troppe certezze sul come arginare il fenomeno. L’anonimato che di fatto è considerato caratteristica della rete, la viralità che assicura il gossip, la fatica che costa il fact checking (il controllo della verità delle notizie) anche per i tempi che necessita un lavoro rigoroso, sono tutti fattori che remano a favore di chi può “spararla grossa”. Come proteggere il fruitore-lettore da questo diluvio post-informativo aiutandolo a scegliere notizie e informazioni affidabili, verificate, di qualità? Le iniziative cominciano a diffondersi e c’e’ un termine inglese che da qualche settimana e’ d’uso comune anche in Italia tra gli addetti ai lavori: «Newsbrand». In senso stretto è un progetto che coinvolge giornalismo e pubblicità, un nuovo modo di immaginare il sistema dei media che produce (newsmaking) e distribuisce (newsmanagement) informazione. Vuole significare, secondo i promotori che sono editori e concessionarie di pubblicita’ (con queste ultime in apprensione per il calo di investimenti) la sintesi tra l’evoluzione tecnologica che rende i contenuti disponibili su varie piattaforme – mobile, app, desktop, tablet, web – e i continui cambiamenti culturali e sociali in corso nell’economia e nella comunicazione. I dati presentati recentemente mostrano che 33 milioni di italiani entrano settimanalmente in contatto con il sistema dei newsbrand (che in Inghilterra raggiunge il 90% della popolazione ogni mese), e due nostri concittadini su tre si costruirebbero un’opinione grazie ad esso.I tentativi, insomma, di difendere l’autorevolezza e il “brand” dei sistemi mediali dagli attacchi di chi produce e diffonde artatamente pseudo-informazione, si susseguono e aumenteranno, in Italia e in altre realtà. Andranno valutati, peraltro, insieme alla professionalità e credibilità dei giornalisti ed a una sempre più difficile ma necessaria verifica delle fonti e della verità dei fatti che non deve mortificare -sarebbe oltretutto antistorico – la rete e i suoi fruitori. Di questo sembrano consapevoli istituzioni, organismi internazionali e gli stessi player come Facebook, che ha annunciato di essere pronto sia a modificare l’algoritmo per dare priorità ai contenuti autentici, sia a classificare le pagine in base alle falsità contenute. La qualità della democrazia, neanche a dirlo, si misura da tante cose. Di certo dalla qualità dei suoi sistemi informativi.9 febbraio 2017