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Trust Project, la carica dei 120 contro le fake news

Trust Project, la carica dei 120 contro le fake news

di

 Gianfrancesco Rizzuti

Tutti noi pensiamo di poter dire quale sia la differenza tra opinioni, pubblicità e notizie accurate. Ma lo sappiamo davvero? E’ quanto si legge sul portale di Trust Project (https://thetrustproject.org/), l’iniziativa globale lanciata dalla nota giornalista americana Sally Lehrman con l’obiettivo di definire uno standard comune per “smascherare” la categoria ormai notoria delle fake news (le notizie “farlocche” che inquinano soprattutto i social e la rete).

A meno di un anno dal battesimo, sono infatti più di 120 i siti d’informazione in tutto il mondo che contengono gli indicatori del progetto: giganti come Google, Facebook e Bing, ma anche testate come – in Italia – Repubblica, Stampa, Corriere della Sera e Sole 24 Ore. Gli indicatori ideati da Trust Project aiutano i lettori a riconoscere impegni e competenze che sono il cuore del giornalismo affidabile. Come per le etichette su una serie di prodotti commerciali, il bollino offerto dagli indicatori intende chiarire chi e che cosa ci sia dietro una notizia, così che chi la legge possa valutare se questa proviene da una fonte credibile. Concretizzando il principio cardine del giornalismo di qualità, che è quello della terzietà e di chi mette una firma e la faccia.  

Cosa sono e come funzionano gli indicatori? Si tratta di una decina di parametri (estratti da un universo di 37 iniziali) che fanno luce sui principi etici, sul background dei giornalisti e come questi svolgono il loro lavoro. Vengono dichiarati la mission, l’impegno etico, la competenza dell’autore, l’uso di un’etichetta per distinguere opinioni, analisi e pubblicità dalle informazioni, l’impiego delle fonti, informazioni sui finanziatori della testata che pubblica la notizia. Parametri – sui cui hanno lavorato  esperti di più di 75 aziende di informazione che hanno intervistato migliaia di lettori – che devono essere ben visibili agli utenti sulle pagine dei siti aderenti al progetto, oltre che integrati nell’articolo e – soprattutto – nel codice del sito.

Ma questi indicatori funzionano? Parrebbe di sì, visto che negli scorsi giorni sono stati diffusi i risultati di una ricerca britannica che ha rilevato che la fiducia in un quotidiano che aderisce al progetto (The Mirror) è salita di otto punti percentuali dopo l’adozione dei Trust Indicator sul proprio sito web.

Un’altra ricerca, condotta al Centro UT-Austin avrebbe riscontrato migliori valutazioni della reputazione di una testata giornalistica, che comprende affidabilità e attendibilità, in presenza dei Trust Indicator. Anche la fiducia nei singoli giornalisti era risultata in crescita, cosa che non può non far piacere alla categoria. Fondato dalla giornalista premiata Sally Lehrman, il Trust Project ha sede presso il Centro Markkula per l’Etica Applicata dell’Università Santa Clara.

E’ finanziato dalla Craig Newmark Philanthropies, da Google, dalla Fondazione John S. e James L. Knight, dal Democracy Fund e dalla Fondazione Markkula. Basterà questo progetto a combattere le fake news? Certamente no, perché il fenomeno è globale e ha molte implicazioni e motivazioni. Ma da qualche parte si può e deve cominciare, per salvaguardare non solo una professione in crisi di affidabilità, quella del giornalismo, ma anche e soprattutto l’interesse pubblico ad una informazione di qualità.  

 

Sally Lehrman

 

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