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Intervista al Prof. Avv. Giovanni Capo: “Internet, impresa, contratti”, dall’evento “Gli Stati Generali di Internet”

Giovanni Capo è professore ordinario di “Diritto commerciale” presso l’Università degli Studi di Salerno dove è stato altresì, titolare degli insegnamenti di “Diritto fallimentare”, “Diritto dell’imprese” e di “Diritto della cooperazione”. Procuratore legale dal 1993 ed Avvocato dal 1996, è iscritto alla sezione speciale dei docenti universitari dell’Albo degli Avvocati tenuto dall’Ordine di Salerno.
Fa parte della redazione della rivista “Giurisprudenza commerciale” ed è “referee” per la rivista ” Le nuove leggi civili commentate”. È autore di tre monografie e di oltre ottanta opere fra saggi ed articoli, in materia di impresa, società ordinarie e cooperative, contratti, pubblicate per le case editrici Cedam, ESI, Giappichelli, Giuffré, Il Sole 24 Ore, IPSOA.
Il Prof. Avv. Giovanni Capo
La redazione di DIMT ha intervistato il Professore per approfondire l’intervento da lui curato, durante l’evento “Gli Stati Generali di Internet”. Di cui riportiamo di seguito un estratto e un approfondimento in pdf:
Internet, impresa, contratti [*scarica la relazione*]
In riferimento al Suo intervento “Internet, impresa, contratti” per l’evento “Stati Generali dell’Internet”, potrebbe parlarci dell’incidenza dell’evoluzione tecnologica sulle categorie giuridiche dei contratti? In quale misura l’avvento dell’informatica e della rete impone un ripensamento di tali categorie?
Che le nuove tecnologie, in generale, e Internet, più in particolare, abbiano assunto un ruolo centrale nel dare impulso ai cambiamenti, profondi quanto veloci, che anche sul piano giuridico negli ultimi anni hanno interessato, e tutt’ora interessano, le dinamiche contrattuali, è un fatto.
Alle nuove tecnologie e a Internet si deve una significativa evoluzione del diritto dei contratti, nel cui panorama, sul finire dello scorso secolo, con il prepotente affermarsi del fenomeno del commercio elettronico, è comparsa e si è imposta, assumendo declinazioni divenute nel tempo sempre più sofisticate – dal contratto a conclusione telematica si è giunti al contratto virtuale in senso stretto – la contrattazione online.
In questa ottica, l’e-commerce ha contribuito in modo fondamentale all’apertura di una nuova stagione del diritto dei contratti, caratterizzata dall’avvento di nuove metodologie di conclusione dei rapporti di scambio e dalla creazione di nuovi ambiti di svolgimento degli stessi, quali le piattaforme telematiche di intermediazione; e segnata, ancora, dell’entrata in scena di nuovi soggetti, penso al consumatore e all’utente digitale o al gestore delle piattaforme telematiche di intermediazione, e dall’emersione di nuovi beni e interessi cui garantire tutela, e mi riferisco ai dati personali.
Si tratta, insomma, di una dimensione delle relazioni economiche con la quale innanzitutto il legislatore, europeo e nazionale, ma, in senso più ampio, la cultura giuridica, hanno dovuto e devono confrontarsi, affrontando il non semplice compito di comprenderla e regolarla. Obiettivi, questi ultimi, per conseguire i quali il ricorso ai soli strumenti interpretativi offerti dalle “categorie” tradizionali del diritto generale dei contratti non sembra ormai sufficiente e risolutivo, richiedendosi, forse, si è autorevolmente sostenuto, l’avvio di un processo di costruzione di una nuova dommatica.
Si pensi, a titolo puramente esemplificativo, ma il discorso sarebbe ovviamente assai più ampio, al particolare atteggiarsi, nella dinamica della contrattazione telematica e virtuale, del momento per così dire volitivo, che ha portato ad interrogarsi in ordine alla possibilità di mutuare, con riguardo a tali fattispecie, le regole codicistiche che governano l’iter di formazione del contratto sino alla conclusione dell’accordo e, in ogni sua parte, la disciplina dei vizi del consenso. O ai nuovi confini dischiusi dalle tecniche di contrattazione in parola, anche nell’elaborazione giurisprudenziale, agli istituti dell’invalidità negoziale e, in particolare, della nullità, con l’attrazione nella relativa orbita della violazione di regole di comportamento.
Potrebbe spiegarci perché questa apertura a nuove forme contrattuali, diretta conseguenza dello sviluppo tecnologico, porta all’oggettivizzazione ed alla procedimentalizzazione del contratto?
L’avvento delle nuove tecnologie ha, in effetti, condotto a compimento ed esaltato – consentendo il moltiplicarsi delle transazioni commerciali anche in una dimensione transfrontaliera – un processo di oggettivazione e procedimentalizzazione del contratto i cui prodromi, è stato osservato, potevano già cogliersi nell’assetto economico dei mercati per così dire “tradizionali”, connotato dalla standardizzazione dei rapporti contrattuali; e le cui premesse, peraltro, erano già poste dalla disciplina delle condizioni generali di contratto e dei contratti per adesione dettata dal codice civile del 1942, che ha di fatto assecondato l’acquisizione, da parte delle imprese, di un peso sempre maggiore nel governo delle dinamiche contrattuali, declinato in tali contesti come potere sostanzialmente “normativo”.
Si parla, in effetti, di oggettivazione e procedimentalizzazione del contratto, perché con l’applicazione delle nuove tecnologie la conclusione dello scambio matura attraverso un percorso che non contempla alcun momento di confronto e trattativa tra le parti e si articola attraverso fasi tecniche sulla cui scansione il contraente professionale è tenuto a fornire al suo interlocutore, che ne è strutturalmente sfornito, analitiche informazioni, onde renderlo – in verità non sempre con successo – consapevole del percorso intrapreso e del suo progressive svolgimento e guidarlo sino alla meta del perfezionamento dell’operazione e finanche alla sua esecuzione.
Come si inserisce la rivoluzione tecnologica, insieme all’automazione, nel diritto dell’impresa?
A mio avviso l’evoluzione del fenomeno contrattuale sollecita una riflessione anche sulle “categorie” giuridiche tradizionali riferite all’impresa, la quale, nei moderni sistemi economici, vive di contratti. Attraverso i contratti prende corpo l’organizzazione dell’attività, si scandiscono i tempi e le modalità della dialettica concorrenziale, l’imprenditore gestisce i rapporti con i propri collaboratori e con i destinatari dei prodotti, ma anche i rapporti di integrazione con altre imprese; attraverso i contratti, ultima frontiera, si governano le situazioni di crisi.
Dunque, l’evoluzione del diritto dei contratti, direi inevitabilmente, investe non soltanto l’attività dell’impresa sui mercati, ma anche il momento organizzativo strettamente strumentale all’esercizio della stessa: investe, insomma, l’impresa nella sua “realtà globale”.
Sotto il primo profilo, la digitalizzazione degli scambi tende a valorizzare, se non a enfatizzare, quel connotato tipico della contrattazione d’impresa rinvenibile nella predisposizione unilaterale e standardizzata del regolamento negoziale, che costituisce un momento fondamentale di programmazione dell’attività, oltre che di pianificazione degli sviluppi e degli esiti della stessa. E ciò, sia che si guardi al sistema degli scambi proprio dell’e-commerce tradizionale, sia che si guardi alla dinamica delle relazioni economiche che si intrecciano nel peculiare spazio virtuale, globale, delocalizzato e immateriale generato da Internet e dalle piattaforme tecnologiche di scambio di beni e servizi basate sul world wide web, spazi la cui gestione è affidata a operatori economici la cui qualificazione giuridica richiede approfondite valutazioni.
In sostanza, se l’attività contrattuale, considerata in tutte le sue fasi, dall’elaborazione del regolamento negoziale alla presa di contatto con i destinatari dei prodotti, fino alla conclusione dell’affare, si pone come strumento di attuazione delle strategie di mercato delle imprese attraverso tecniche sempre più volte a sottrarre la regolamentazione dello scambio alla negoziazione e al confronto tra le parti, può dirsi che l’evoluzione tecnologica si è prestata e si presta senz’altro ad assecondare tali esigenze, aprendo alle imprese stesse nuovi e smisurati orizzonti.
Su tale sfondo, nel quadro della nozione giuridica di impresa il requisito dell’attività – intesa come serie di atti finalizzati ad un medesimo scopo ultimo – va oggi messo a fuoco tenendo conto dell’effettivo peso che nel suo ambito assume la componente, per così dire, puramente negoziale. Componente la cui valorizzazione ha assunto indubbio rilievo nella ricostruzione della disciplina riferibile alla fattispecie dell’impresa – legittimando, ad esempio, l’applicazione del principio della spendita del nome ai fini dell’imputazione degli effetti dell’attività –, ma che nella moderna contrattazione d’impresa, per le ragioni sin qui esposte, tende a essere fortemente ridimensionata. Circostanza, questa, che induce a una riflessione su basi nuove sulla possibilità di mutuare istituti e regole del diritto dei contratti ai fini della regolamentazione dell’attività d’impresa.
Ma, come ho accennato, l’evoluzione tecnologica ha prodotto riflessi non soltanto sul concetto di attività, bensì anche su quello di organizzazione, in cui il codice civile del 1942 individua un elemento essenziale dell’impresa. Elemento che, tenendo conto dei mutamenti intervenuti nella realtà economica per effetto dei processi di automazione e, per quanto qui più direttamente interessa, dell’informatizzazione delle attività, se resta certamente ineludibile ai fini della configurazione della fattispecie delineata nell’art. 2082 c.c., va oggi forse inteso in senso diverso rispetto al passato.
E’ stato osservato da autorevolissimi studiosi che nell’era dell’automazione e della rivoluzione tecnologica risulta attenuato, nella caratterizzazione dell’attività imprenditoriale, il ruolo dei mezzi utilizzati per l’esercizio della stessa. Su questo sfondo, agli organismi produttivi di tipo tradizionale, beninteso, pur sempre presenti nel nostro tessuto economico, si affiancano nuove realtà in cui l’organizzazione tende a dematerializzarsi e, per certi versi, a concretizzarsi nella stessa attività, strutturata su una rete di rapporti e relazioni a loro volta privi di materialità.
In tale prospettiva, il profilo dimensionale dell’impresa, che il codice civile, nella stessa definizione di “piccolo imprenditore” (art. 2083 c.c.) collega al momento organizzativo e calibra in relazione alla preminenza dei fattori produttivi “altri” sul lavoro dell’imprenditore e dei suoi familiari, finisce per essere connesso – non da ultimo nella recente legislazione in materia di procedure concorsuali, in cui la piccola impresa cede il passo all’impresa “minore” – non più direttamente ai fattori produttivi impiegati, ma alle proiezioni patrimoniali, economiche e finanziarie dell’attività e dei rapporti che l’impresa instaura (art. 1, secondo comma, l.fall.).
In definitiva, le dinamiche attivate dalle nuove tecnologie e da Internet sollecitano anche per l’impresa, come per il contratto, la riflessione sulla attualità, per così dire, delle “categorie” e dei concetti tradizionali della nostra cultura giuridica rispetto ai tratti che l’impresa stessa assume nel terzo millennio; e sulla loro attitudine a rendere risposte ancora pienamente adeguate alle complesse istanze che si legano all’esplicarsi del fenomeno imprenditoriale nello scenario dei nuovi mercati, fisici e virtuali.