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Link e citazioni a rischio. Si va verso un ancillary copyright a favore degli editori? Speriamo di no

di Valeria Falce* Con una Consultazione pubblica ormai in chiusura, la Commissione Europea intende verificare l’opportunità di introdurre un nuovo diritto che consenta agli editori (di giornali, riviste e libri) di ottenere un compenso per ogni forma di ri-utilizzazione dei contenuti digitali protetti dal diritto di autore.

Ora, l’ispessimento delle prerogative dei titolari dei diritti non è mai a costo zero, perché riduce il bacino delle informazioni e dei contenuti pubblicamente accessibili e può innescare effetti perversi sui mercati direttamente interessati e su quelli ad essi collegati.

D’altra parte, l’effettività della tutela autoriale e del suo enforcement nell’ecosistema digitale rappresenta una priorità della Digital Single Market Strategy e un tassello fondamentale per la realizzazione dell’Unione dell’Innovazione.

In questa cornice dai contorni sfumati, la Commissione è chiamata a sondare le ragioni degli stakeholders sull’affermazione di un nuovo diritto connesso nell’era della digitalizzazione.

Sul fronte dei pro, sono almeno tre i benefici ascrivibili al c.d. ancillary copyright e al rafforzamento della protezione autoriale on line.

Il primo si concentra sulla catena del valore. Forti della legittimazione del nuovo diritto, gli editori anche nazionali potrebbero contare su una nuova forma di remunerazione nei confronti dei fornitori di contenuti a valore aggiunto, che aggregano o comunque rielaborano contenuti digitali senza pagare alcun “dazio” a chi quei contenuti li ha creati e pubblicati in rete.

Il secondo si focalizza sulle modalità di funzionamento della rete. Ogni forma di utilizzazione indebita verrebbe vietata, così trasmettendo al mercato un segnale chiaro: vale a dire che tanto i fenomeni di pirateria, quanto le più sfumate forme di uso illegittimo di contenuti protetti sono destinate a cadere nella rete del nuovo diritto.

Il terzo si spiega in una logica di politica legislativa ed è ispirato ad un’esigenza di convergenza e uniformità. Il passaggio ad una neo-regolamentazione dei diritti connessi sulle utilizzazioni online allineerebbe gli ordinamenti nazionali al sistema delle (pur controverse) leggi “accessorie” sul diritto d’autore per gli editori a stampa, rivolte soprattutto ai c.d. aggregatori di notizie, già  introdotte in Germania e in Spagna.

Fanno da contraltare altrettanti ordini di ragioni avanzate da chi contesta l’emersione di un nuovo diritto.

La prima è di rilievo sistematico. Gravare i contenuti che viaggiano sulla rete di un ulteriore “orpello”, significa limitare rallentare la circolazione delle informazioni presenti sul web, limitando le attività di ricerca degli utenti che utilizzano aggregatori digitali (Google News, Pinterest, Huffington Post) e social network (Facebook, Twitter), e in ultima analisi comprimere in maniera eccessiva la libertà di informazione e di essere informati, la libertà di insegnamento, la ricerca scientifica e il progresso culturale.

La seconda si concentra sul c.d. impatto di mercato e fa tesoro dell’esperienza maturata in altri contesti che partecipano delle stesse spinte e tensioni. Nell’industria discografica, infatti, analoghe misure hanno sancito il fallimento nella gestione delle riproduzioni non autorizzate di contenuti protetti almeno sotto due profili: 1) costi elevati per aventi diritto ed intermediari nella individuazione e gestione delle richieste di rimozione, 2) lungaggini procedurali per l’ottenimento degli oscuramenti dei collegamenti non autorizzati.

La terza rivendica l’insostenibilità del nuovo diritto, che rischierebbe di danneggiare tutti gli attori dell’ecosistema delle news, ulteriormente squilibrando il rapporto autori-editori con rilevanti ripercussioni sul prezzo a danno dei consumatori.

Non è facile prevedere la prossima mossa delle Istituzioni europee.

È certo però che sull’ancillary copyright si gioca una partita che non si può perdere: quella che definisce la cornice dei diritti fondamentali da salvaguardare nella rete, e che bilancia i pesi e i contrappesi del sistema per garantire la legittima protezione degli autori senza prestare il fianco ad una sterile quanto dannosa deriva iper-protezionistica.

* Prof. Ordinario di diritto dell’economia, Università Europea di Roma

28 maggio 2016

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