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Commento alla L. 193/2023 a cura del Prof. Mirko Faccioli: il diritto all’oblio oncologico tra tutela della persona e innovazione giuridica

In occasione della recente pubblicazione del commentario Il diritto all’oblio oncologico. Commento alla L. 7 dicembre 2023, n. 193, è stato intervistato da DIMT il Prof. Mirko Faccioli, in veste di curatore e coautore del volume, per approfondire i profili giuridici della nuova normativa.

Mirko Faccioli è Professore associato di Diritto privato all’Università degli Studi di Verona, dove si occupa principalmente di temi attinenti alla responsabilità civile (in particolare in ambito sanitario), ai contratti, alla protezione dei consumatori e alla tutela dei diritti della persona. È autore di tre lavori monografici, diversi contributi ad opere collettanee e numerose altre pubblicazioni sottoforma di articolo di rivista.

 

Il Prof. Mirko Faccioli

 

La legge n. 193/2023 si inserisce in un contesto normativo europeo e internazionale. Può illustrarci le principali influenze esterne che hanno guidato l’introduzione del diritto all’oblio oncologico nell’ordinamento italiano? 

Prima dell’Italia, diversi Stati europei hanno introdotto disposizioni normative in tema di oblio oncologico: per prima la Francia, alla quale si sono poi aggiunti Belgio, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Romania, Spagna. In diverse occasioni, inoltre, pure le istituzioni europee hanno raccomandato agli Stati membri di introdurre nei propri ordinamenti norme giuridiche dirette a tutelare gli individui sopravvissuti al cancro da ingiustificate discriminazioni e penalizzazioni fondate sulla loro storia clinica. Rispetto agli ordinamenti stranieri, che sembrano principalmente concentrare i loro sforzi sull’esigenza di consentire agli ex-pazienti oncologici l’accesso ai servizi bancari e assicurativi, la tutela predisposta dalla l. n. 193/2023 è decisamente più ampia sul piano delle fattispecie considerate, in quanto ricomprende nel suo ambito applicativo anche l’ambito dell’adozione, del diritto del lavoro e dei contratti diversi da quelli conclusi con istituti di credito e compagnie assicurative. Una criticità emerge, però, sul piano delle categorie di individui tutelate. Il dato comparatistico mette infatti in evidenza che esistono anche altre patologie da molti ordinamenti stranieri ritenute meritevoli di tutele analoghe a quelle concernenti gli ex-pazienti oncologici (principalmente, l’epatite C e l’HIV), sicché la scelta del nostro legislatore di tutelare solamente questi ultimi necessita di un fondamento razionale, in mancanza del quale si potrebbe aprire lo spazio per un giudizio di incostituzionalità della nuova legge per violazione del principio di eguaglianza e, segnatamente, del divieto di istituire irragionevoli disparità di trattamento.

 

Quali sono gli obiettivi principali della legge n. 193/2023? In che modo essa mira a tutelare i diritti dei cancer survivors e a prevenire forme di discriminazione basate sulla storia clinica?

Nonostante l’avvenuta guarigione, gli ex-pazienti oncologici vengono spesso penalizzati e discriminati in tutta una serie di importanti contesti nei quali possono assumere rilievo la valutazione dell’aspettativa di vita residua e le condizioni di salute di una persona: l’accensione di un mutuo, la stipula di un’assicurazione sanitaria, la richiesta di adozione di un minore di età, la partecipazione ad un concorso lavorativo, e così via. In questi ambiti i cancer survivors, obbligati a dichiarare la loro condizione e/o direttamente sottoposti ad indagini relative alla loro storia clinica, sono spesso destinatari di un trattamento deteriore rispetto alla generalità degli individui in conseguenza dell’erroneo presupposto che essi godano di un’aspettativa di vita ridotta, o comunque di condizioni di salute precarie, in virtù della patologia pregressa. Benché superata, tale patologia costituisce, quindi, un vero e proprio stigma per gli individui sopravvissuti al cancro, che finiscono per pagare due volte il tributo alla malattia, una volta sul piano della salute, l’altra sotto il profilo della condizione sociale e giuridica. Al fine di contrastare questo deprecabile fenomeno, il diritto all’oblio oncologico si pone allora l’obiettivo di impedire che la malattia possa emergere e assumere rilevanza negli ambiti nei quali questo dato sanitario potrebbe penalizzare la persona che ne è stata coinvolta.

Più precisamente, la legge definisce il diritto in esame come «il diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica» in presenza delle condizioni stabilite dalla legge stessa, che sostanzialmente consistono nel trascorrere di più di 10 anni dalla conclusione del trattamento attivo della patologia senza recidive o ricadute. Tale periodo di tempo è peraltro dimezzato nel caso in cui la malattia sia insorta prima del compimento dei 21 anni e sul punto ritorna, inoltre, l’art. 5, comma 2, della legge in esame, che attribuisce a un successivo decreto del Ministro della salute il compito di individuare le eventuali patologie oncologiche per le quali si applicano termini inferiori: è stato così emanato il d.m. 22 marzo 2024, il quale prevede una tabella, da aggiornare ove occorrente entro il 31 dicembre di ogni anno, di patologie per le quali è previsto un termine ridotto e che attualmente già ricomprende diverse neoplasie, quali, per esempio, il melanoma, le leucemie, il tumore al colon-retto, alla mammella e all’utero.

 

La legge trova applicazione in diversi ambiti, tra cui contratti, adozione e lavoro. Può approfondire come ciascuno di questi settori è influenzato dalla nuova normativa?

Del primo si occupa l’art. 2 della legge, il cuore dell’intero provvedimento, che regolamenta i contratti conclusi con gli ex-pazienti oncologici attraverso due discipline: una, che compare anche nell’intitolazione della norma, è specificamente dedicata ai contratti relativi a servizi bancari, finanziari, di investimento e assicurativi; l’altra, di carattere generale, è potenzialmente applicabile ad ogni altra tipologia contrattuale nella quale può venire in rilievo il tema della tutela degli individui sopravvissuti al cancro. Conviene concentrarsi sul primo dei due plessi normativi, che con ogni probabilità costituisce il più rilevante ambito nel quale le persone guarite da una patologia oncologica rischiano di essere penalizzate. A quanto consta, è difatti assai frequente che tali soggetti, dopo avere su richiesta fornito informazioni circa la loro pregressa condizione patologica, si vedano negare l’apertura o il mantenimento di un’assicurazione sanitaria per malattia o di una polizza vita, oppure si vedano imporre oneri, garanzie accessorie e/o condizioni particolarmente gravose per accedere a servizi finanziari o bancari, a partire dall’accensione di mutui; senza dimenticare la possibile sovrapposizione dei due aspetti, che avviene quando, secondo una diffusa prassi commerciale, l’accensione del mutuo viene subordinata alla sottoscrizione di una polizza assicurativa sulla vita, pena il rigetto della richiesta. Per contrastare questo fenomeno, la norma in esame principalmente prevede che, in presenza dei presupposti per la maturazione del diritto all’oblio oncologico: a) all’interessato non possono essere richieste informazioni relative alla sua patologia pregressa né tali informazioni possono essere acquisite da fonti diverse; b) qualora siano comunque nella disponibilità della controparte, le informazioni in parola non possono essere utilizzate per la determinazione delle condizioni contrattuali e, laddove siano state precedentemente fornite, dopo la maturazione del diritto all’oblio oncologico devono essere cancellate; c) a banche, istituti di credito, imprese assicurative e intermediari bancari e assicurativi è fatto divieto di richiedere l’effettuazione di visite mediche di controllo e accertamenti sanitari ai fini della stipula del contratto; d) non possono essere in ogni caso applicati all’interessato limiti, costi e oneri aggiuntivi né altri trattamenti diversi rispetto a quelli previsti per gli altri contraenti dalla legislazione vigente. La violazione di queste norme è sanzionata con la nullità del contratto, il regime della quale è modellato sul noto paradigma della nullità di protezione di stampo consumeristico. La nullità in discorso, infatti, è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, ma opera soltanto a vantaggio della persona fisica contraente, vale a dire dell’ex-paziente oncologico. Essa, inoltre, colpisce solamente le clausole che violano le disposizioni di tutela del diritto all’oblio oncologico e quelle alle medesime connesse, mentre il contratto rimane valido ed efficace per il resto, secondo la tecnica della c.d. parzialità necessaria.

Un secondo ambito nel quale si manifesta l’esigenza di tutelare i soggetti guariti dal cancro è quello delle procedure di adozione di minori, contemplate dalla l. 4 maggio 1983, n. 184, sulla quale interviene l’art. 3 della legge in commento. In sede di affidamento preadottivo, l’art. 22, 3° e 4° co., della legge sull’adozione affida infatti al Tribunale per i minorenni il compito di svolgere indagini riguardanti, tra le altre cose, le condizioni di salute dei richiedenti, facendo ricorso ai servizi socio-assistenziali degli enti locali nonché avvalendosi delle professionalità delle aziende sanitarie locali e ospedaliere: indagini, queste, che sono funzionali alla valutazione dell’idoneità affettiva e della capacità dei coniugi di educare, istruire e mantenere l’adottando richiesta dall’art. 6, comma 2, della legge stessa. Può allora accadere che la verifica della pregressa malattia oncologica di uno o entrambi i richiedenti, anche se superata da tempo, conduca l’autorità giudiziaria ad escludere la coppia dall’adozione per il timore di recidive o di una morte prematura. Per evitarlo, l’art. 3 l. n. 193/2023 provvede pertanto ad inserire nell’art. 22, comma 4, della legge sull’adozione una nuova previsione, secondo cui «le indagini di cui al primo periodo concernenti la salute dei richiedenti non possono riportare informazioni relative a patologie oncologiche pregresse» quando sono presenti i presupposti per la maturazione del diritto all’oblio oncologico.

L’ultimo ambito di applicazione del diritto all’oblio oncologico contemplato dal legislatore è quello dell’«accesso alle procedure concorsuali e selettive, al lavoro e alla formazione professionale», al quale l’art. 4 della l. n. 193/2023 dedica due commi. Il primo prevede il divieto di richiedere informazioni concernenti patologie oncologiche per le quali è maturato il diritto all’oblio oncologico ai fini dell’accesso alle procedure concorsuali e selettive, pubbliche e private, nell’ambito delle quali sia contemplato l’accertamento di requisiti psicofisici o concernenti lo stato di salute dei candidati. Il secondo stabilisce che, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali da adottare di concerto con il Ministro della salute e sentite le organizzazioni di pazienti oncologici, possono essere promosse specifiche politiche attive per assicurare, a ogni persona che sia stata affetta da una patologia oncologica, eguaglianza di opportunità nell’inserimento e nella permanenza al lavoro, nella fruizione dei relativi servizi e nella riqualificazione dei percorsi di carriera e retributivi.

 

Dal punto di vista tecnico-giuridico, quali sono le principali novità introdotte dalla legge n. 193/2023 rispetto alla normativa precedente in materia di privacy e protezione dei dati sanitari?

Nella riflessione dottrinale finora sviluppatasi in materia il nuovo istituto viene spesso ricondotto, talvolta espressamente altre volte in via implicita, alla tradizionale e generale figura del diritto all’oblio nonché a quella particolare declinazione di quest’ultima che si può rinvenire nel diritto alla cancellazione dei dati personali previsto dall’art. 17 GDPR. Se però si guarda all’ampiezza, al contenuto e alle caratteristiche della figura del diritto all’oblio per come si è sviluppata nella moderna società dell’informazione, quale strumento di tutela dell’individuo e dei suoi diritti all’identità personale ed alla riservatezza, a fronte della circolazione di notizie e dati risalenti nel tempo in assenza di un interesse pubblico che ne giustifichi ulteriormente la diffusione e la conoscenza, non paiono davvero sussistere i presupposti per l’accostamento con il nuovo istituto introdotto dalla legge n. 193/2023. Com’è stato efficacemente evidenziato, mentre il diritto all’oblio presuppone un fatto originariamente noto perché divulgato presso i terzi e tutela l’interesse del relativo titolare a inibirne la nuova diffusione o a farne cessare la perdurante diffusione, il diritto all’oblio oncologico presuppone che il fatto sia ignoto, non soltanto e non tanto al pubblico, quanto al soggetto nei confronti del quale è tutelata la pretesa alla non visibilità del medesimo e protegge l’interesse alla permanenza dell’altrui stato di ignoranza del fatto. Sotto questo punto di vista, il diritto all’oblio oncologico ha una funzione di salvaguardia dell’uguaglianza dei soggetti davanti alla legge che il tradizionale diritto all’oblio evidentemente non possiede, perché presuppone la costituzione di determinati rapporti giuridici e mira a neutralizzare l’influenza che la conoscenza del fatto, la malattia pregressa, potrebbe avere al riguardo: per quanto il fattore tempo accomuni i due ambiti, nel contesto dell’oblio oncologico non si tratta quindi di far dimenticare alla generalità dei soggetti un fatto noto, come nell’oblio “tradizionale”, ma di far sì che un fatto ignoto non sia conosciuto da un determinato soggetto che lo ignora e/o non entri nel novero dei fatti posti a fondamento della valutazione, cui tale soggetto è preposto, propedeutica all’instaurazione di un rapporto giuridico che riguarda l’interessato. Se tutto questo è vero, per evitare confusioni e fraintendimenti sarebbe stato, allora, preferibile utilizzare l’espressione «oblio oncologico», di per sé evocativa e molto efficace, per diffondere nella società la conoscenza dell’istituto, al contempo evitando, però, di recepirla nel dettato normativo, che nella sua intitolazione invero si riferisce, in maniera senza dubbio più appropriata, a «disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche».

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