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I dubbi di Confindustria digitale sulla web tax all’italiana

La web tax è frutto di un’impostazione antistorica che rischia di fare da freno all’innovazione. È quanto affermato dal presidente di Confindustria digitale, Elio Catania, in occasione dell’audizione tenuta in Senato presso le commissioni riunite Finanze e Industria in merito al disegno di legge “Misure in materia fiscale per la concorrenza nell’economia digitale”.

I DUBBI DI CATANIA
“Siamo contrari a misure di legge che cercano di risolvere problemi globali, come quelli relativi alla fiscalità dell’economia digitale, attraverso un`iniziativa nazionale unilaterale. Neanche possiamo condividere l’idea che una riforma della disciplina fiscale passi attraverso l’instaurazione di un regime di tassazione speciale per il settore digitale”, ha detto Catania spiegando che “questa impostazione è antistorica e, qualora diventasse norma, rischierebbe di diventare un fattore inibente dell`innovazione digitale che sta trasformando l`intera economia”.

COSA STA FACENDO L’ITALIA
L’Italia ha però giocato d’anticipo sulla web tax e in attesa di un accordo internazionale ha approvato lunedì una sorta di norma ponte che potrebbe spianare la strada a un’intesa con gli altri Paesi europei. La commissione Bilancio della Camera ha, infatti, dato il via libera (con l’astensione di M5S, Lega Nord e Scelta civica) alla proposta Boccia che introduce un meccanismo per un accordo preventivo rafforzato tra le multinazionali del web e il Fisco.
L’emendamento, che ha incassato il via libera della commissione con una riformulazione nella parte della destinazione del gettito, prevede una forma di cooperative compliance nei confronti delle compagnie del web che permetta all’Agenzia delle Entrate di avviare una serie di interlocuzioni con le imprese digitali, per raggiungere un accordo preventivo con il fisco italiano, sulla base di un modello già sperimentato e che ha già funzionato in altri settori.
Si applica a tutti i gruppi multinazionali con ricavi consolidati superiori a 1 miliardo di euro e che effettuino cessioni di beni e prestazioni di servizi nel territorio dello Stato per un ammontare superiore a 50 milioni di euro.

UNA SOLUZIONE VICINA?
Invece, ha rimarcato ancora Catania, “essendo l’obiettivo quello di ottenere la fine della concorrenza sleale tra giurisdizioni fiscali o settori di attività, la soluzione non può che essere ricercata nell’ambito di un coordinamento internazionale delle politiche tributarie e regolamentari”. Secondo Confindustria digitale, una soluzione condivisa a livello internazionale si sta già profilando. A giugno 2017 verrà firmato il cosiddetto “Multilateral Instrument” che fornirà ai governi uno strumento per aggiornare sistematicamente le principali convenzioni bilaterali sottoscritte per evitare fenomeni di doppia imposizione. Allo stesso tempo nel recente G7 di Bari, i ministri delle Finanze hanno concordato di prevedere, in ambito Ocse, una misura concreta sulla fiscalità digitale già nella prima parte del 2018.

(Fonte Cyber Affairs)

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