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Intervista al Prof. Maurizio Ferraris, “l’agorà per l’umanità”.

Maurizio Ferraris, è stato direttore di programma al Collège International de Philosophie (Parigi), visiting professor in numerose università (tra cui Colorado Springs, Monterrey, Ginevra, Montpellier, Lipsia) e, a più riprese, borsista della Alexander von Humboldt-Stiftung (Bonn). Dal 1995 è Professore ordinario di filosofia teoretica nella facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Torino, dove dirige il Centro interuniversitario di ontologia teorica e applicata (CTAO). Collabora al supplemento culturale de Il Sole 24 Ore e a la Repubblica; dirige la Rivista di estetica, condirettore di “Critique” e della “Revue francophone d’esthétique”.

 

 

Il Prof. Maurizio Ferraris

 

Durante l’evento E-AGORÀ – Online Platform Contracts , tenutosi presso Villa Doria d’Angri a Napoli il 1° luglio 2022, sono stati affrontati argomenti di efficienza economica e tutela dei diritti nell’uso di servizi online, di innovazione tecnologica e service sharing in ambito social.

Durante la tavola rotonda dell’evento è intervenuto il Prof. Maurizio Ferraris, uno dei più influenti e originali filosofi contemporanei, con l’intervento: L’agorà per l’umanità.

 

La comunicazione umana è profondamente cambiata con l’esperienza del digitale entrato nel quotidiano delle nostre vite, quali sono i cambiamenti più impattanti nell’ambito comunicativo?

A mio parere il vero impatto non ha luogo nella comunicazione, che è un’estensione e un perfezionamento di forme di comunicazione che esistevano anche prima del web. Tutto sommato il Werther racconta di una relazione amorosa che si svolge principalmente attraverso uno scambio di lettere. Ciò che cambia veramente con il web è a un livello più profondo rispetto alla comunicazione: a livello della registrazione. E’ il fatto che ogni nostro atto di connessione, anche non necessariamente per ragioni comunicative (come potrebbe essere anche semplicemente il cercare un’informazione, l’orario di treni o le previsioni del tempo), genera dei dati, il più delle volte a nostra insaputa, componendo un patrimonio dell’umanità che è generato dall’umanità e che dovrebbe essere anche redistribuito all’umanità che lo produce.

 

A Suo avviso le piattaforme online possono essere equiparate ad una innovativa e digitale forma di Agorà? Dovremo, a Suo avviso, discostarci da concetti passati, come l’Agorà, proponendo una visione del futuro radicalmente diversa rispetto al passato e generando nuovi concetti linguistici?

Come anticipavo nella prima domanda, nell’agorà si andava principalmente per parlare e poi tutto quello che si era detto durante gli incontri nell’agorà scompariva o restava nella memoria umana che è labile. Invece quando l’incontro avviene sul web non solo tutto quello che diciamo viene registrato ma anche tutte le situazioni, le posizioni, le azioni che compiamo nel momento in cui noi stiamo comunicando, lasciano una traccia. In questo momento il computer con cui sto lavorando è geolocalizzato dal momento che ha una chip telefonica inserita al proprio interno, si sa che cosa sto facendo, cioè che sto dettando e scrivendo, e tutto questo genera dati: quindi io direi che più che una agorà dovremmo pensare ad una enorme fabbrica invisibile in cui le persone lavorano senza saperlo, o a una enorme borsa invisibile in cui le persone producono valore senza saperlo.

 

Qual è, a Suo avviso, l’impatto sociale dovuto all’enorme quantità di informazioni generate e salvate online dalle piattaforme?

Mi sembra che sia un elemento di novità relativa. Anche quando ero bambino ci si lamentava del flusso continuo di informazioni da cui eravamo subissati per via della radio e della televisione. Non credo che le cose siano cambiate radicalmente con il mondo del web. O meglio, il cambiamento è avvenuto, ma da un’altra parte, il fatto cioè che le informazioni non sono generate da uno a molti ma sono informazioni da molti a molti. Ogni lettore è potenzialmente o attualmente un autore, e questo ovviamente cambia molto la scena e genera dei problemi ma anche delle possibilità.

 

Come abbiamo detto, tramite le piattaforme online assistiamo alla nascita di intere comunità digitali. Come affronta nel volume “Documanità”, potrebbe approfondire con noi cosa pensa che l’umanità stia diventando con l’avanzamento digitale?

Significa che per millenni l’umanità è stata una produmanità, dedita alla produzione di beni nei campi e nelle officine. Ora questi beni sono in gran parte resi disponibili dalla automazione, gli addetti sono pochi sia in tempi di pace (si pensi alle fabbriche fordiste) che in tempi di guerra (si confrontino gli scontri in Ucraina oggi con quelli che ebbero luogo nel 1943, coinvolgendo milioni di militari).

L’umanità non deve limitarsi a lamentare la scomparsa dei bei tempi e dei bei lavori di una volta, che del resto tanto belli, il più delle volte, non lo erano, ma deve interpretare il suo nuovo ruolo nel mondo. Non più produttori di beni, in un Web che registra ogni nostra attività, diventiamo produttori di documenti (ecco il senso di “documanità”), di dati che registrano la forma di vita umana addestrando le macchine e insegnando agli umani il valore dell’enorme patrimonio che producono,  un patrimonio dell’umanità  che deve tornare all’umanità intera e che definisce il valore dell’intero sistema sociale (facciamo caso a quante volte ci viene richiesta la valutazione di un servizio, per non parlare dei like).

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