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Suicidio assistito: dire che si tratta di un atto solitario è ipocrisia

“Meglio una legge brutta che una sentenza della Consulta”, ha ribadito ai microfoni di Rai Radio 1 Alberto Gambino – prorettore dell’Università Europea di Roma e direttore scientifico di Diritto Mercato Tecnologia -, intervenuto alla trasmissione Giorno per giorno di martedì 24 settembre. Il riferimento era alla questione del suicidio assistito: la Corte costituzionale è stata infatti chiamata a pronunciarsi sulla legittimità (o sulla punibilità) del suicidio assistito in merito al caso Cappato-DJ Fabo.
“Nell’Unione europea sono soltanto tre i paesi che hanno aperto al suicidio assistito, e poi hanno aperto all’eutanasia. Come mai? L’Italia potrebbe essere il quarto”, ricorda Gambino. Che prosegue: “Facciamo attenzione a questa distinzione tra eutanasia e suicidio assistito. Nel momento in cui c’è un’assistenza al suicidio – perché di questo stiamo parlando – vuol dire che c’è il coinvolgimento di altri soggetti; non è un atto solitario. Dire che si tratta di un atto solitario è un’ipocrisia”.
L’episodio che ha dato origine al caso, quello di DJ Fabo, “non è un caso di malattia terminale, ma un caso di grave disabilità con tanti anni di vita davanti”, precisa Gambino. “Le leggi, così come le sentenze della Corte, tracciano degli orizzonti culturali. E il tema della cultura dello scarto è centrale qui”.