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Accesso ai contenuti audiovisivi e strategie di impresa nello scenario della comunicazione multimediale: introduzione

di Andrea Stazi   Introduzione al Convegno organizzato dall’Università Europea di Roma e dalla Luiss Guido Carli, 13 maggio 2011 Il Convegno di oggi affronta un tema il quale, nonostante la sua rilevanza centrale nella società, nell’economia e nel diritto odierni, nel nostro Paese, a differenza di quanto avviene soprattutto negli Stati Uniti d’America, non è stato per lungo tempo oggetto di un adeguato interesse nel dibattito pubblico: il tema è quello dell’”accesso” alle risorse produttive, ed in particolare culturali, che come noto, nelle sue molteplici declinazioni business-to-business, business-to-consumer e consumer-to-consumer, rappresenta un elemento essenziale delle odierne relazioni sociali e commerciali. Già all’inizio degli anni duemila, il sociologo statunitense Jeremy Rifkin aveva posto in evidenza un mutamento epocale al quale, negli ultimi anni, stiamo assistendo e partecipando quotidianamente. Al giorno d’oggi, è ormai palese, i mercati stanno cedendo il passo alle reti, i beni ai servizi, e il concetto di proprietà è sempre più sostituito da quello di accesso. Le imprese e i consumatori tendono sempre più ad abbandonare la tipologia di rapporto che finora ha costituito il fulcro dell’economia moderna, ossia lo scambio su un mercato di titoli di proprietà fra un venditore e un acquirente, a favore di un rapporto che si svolge nell’ambito di una rete e si basa sull’accesso e l’utilizzo temporaneo di una risorsa. L’economia globale basata sulle reti è guidata – guidandola, allo stesso tempo – dalla repentina e incessante accelerazione del processo d’innovazione tecnologica. Da ciò consegue che, in un ambiente mediato elettronicamente, i processi di produzione, le attrezzature, i beni e i servizi risultano obsoleti con notevole rapidità: pertanto, l’accesso di breve periodo agli stessi diviene una soluzione adottata sempre più di frequente. Anche il capitale intellettuale, evidentemente, risulta coinvolto in questo processo di “deviazione” verso uno scambio basato sull’accesso e sull’uso temporaneo delle risorse. Il capitale intellettuale viene scambiato raramente, restando piuttosto oggetto di un possesso del fornitore, il quale lo noleggia o ne autorizza un uso limitato da parte di terzi. Dal punto di vista del consumatore-utente, la produzione d’intrattenimento multipiattaforma e multicanale è ormai una realtà nella vita quotidiana, con relativo spostamento degli interessi e dei consumi dai prodotti industriali a quelli lato sensu culturali. Per i consumatori-utenti, quindi, l’accesso ai media e ai contenuti o servizi più graditi da ciascuno è diventato uno degli elementi essenziali dello stile di vita contemporaneo. Nell’odierno scenario economico e tecnologico, dunque, il tema dell’accesso ai contenuti audiovisivi deve necessariamente essere preso in considerazione alla luce delle sue intersezioni, da un lato, con le strategie delle imprese dei settori interessati dalla “rivoluzione digitale”, dall’altro, con i legittimi interessi dei consumatori-utenti (spesso riconducibili a fondamentali principi costituzionali). Le strategie d’impresa, infatti, possono evidentemente impattare, da un lato, sui rapporti con le imprese concorrenti (intendendosi sempre più come tali imprese operanti su differenti piattaforme tecnologiche); dall’altro, sul benessere dei consumatori-utenti e sulle loro opportunità di accesso ai contenuti e servizi audiovisivi. Riguardo a tali questioni, per quanto concerne le “regole del gioco”, il pensiero corre naturalmente, da un lato, alla giurisprudenza comunitaria sui casi Magill, Ims, Microsoft, etc., dall’altro, agli approcci più o meno “giacobini” sul tema della pirateria digitale in corso di attuazione o di adozione nei diversi ordinamenti. In estrema sintesi, mi sembrano questi i profili evolutivi essenziali alla base dell’incontro di oggi, volto a proporre spunti di riflessione in materia che risultano di particolare utilità, in un contesto come quello dell’odierna “economia della conoscenza”, caratterizzato da molteplici e ineludibili istanze di bilanciamento d’interessi fondamentali. Un simile bilanciamento, evidentemente, risulta di particolare complessità in uno scenario tecnologico caratterizzato da opportunità di fruizione dei contenuti e servizi sempre nuove, e quindi da un incessante “inseguimento” della normativa e della giurisprudenza rispetto alle fattispecie continuamente generate dalla convergenza digitale: è questo, mi pare, il tema centrale, non solo per le riflessioni odierne ma per i prossimi anni.

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