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Riforma europea del copyright tra “libere utilizzazioni” e “diritti di autore”, il Prof. Gambino ospite di Radio Radicale

Ascolta Il Podcast Della Puntata Di Domenica 1 Marzo 2015
Ascolta il podcast della puntata di domenica 1 marzo 2015
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“Nell’ottica della ricerca di soluzioni pragmatiche, se l’esame da parte della Commissione europea e del Parlamento è finalmente orientato a parlare di diritti d’autore e non di diritto d’autore, probabilmente la soluzione è dietro l’angolo”. Così il Prof. Alberto Gambino, ordinario di Diritto Privato presso l’Università Europea di Roma e Presidente dell’Accademia Italiana del Codice di Internet, oltre che già Presidente del Comitato Consultivo permanente sul diritto d’autore, nel corso della puntata del 1 marzo 2015 di Presi per il Web, trasmissione di Radio Radicale condotta da Marco Perduca, Marco Scialdone e Fulvio Sarzana con la collaborazione di Marco Ciaffone e Sara Sbaffi. Tema dell’appuntamento è stata la riforma della Direttiva europea sul copyright (InfoSoc). Ospiti della puntata anche Isabella Adinolfi, Europarlamentare del M5S e relatrice del parere sulla riforma stessa presso la Commissione Cultura, e l’Avv. Giovanni Battista Gallus, Presidente del Circolo dei Giuristi Telematici. “Il diritto d’autore, è bene ricordarlo – ha esordito il Prof. Gambino – copre sia aspetti patrimoniali che aspetti morali, questi ultimi troppo spesso dimenticati. L’aspetto della moralità significa paternità in primo luogo, ma soprattutto integrità delle opere, che non possono essere modificate da parte di qualcuno che non ne sia l’autore. Sui diritti patrimoniali che spettano al creatore, ci possono essere delle eccezioni, o meglio, delle libere utilizzazioni; poiché il diritto d’autore corrisponde, certo, all’interesse patrimoniale, ma anche all’interesse del mondo della cultura al progresso e alla crescita dei Paesi, aspetto richiamato in tutte le carte costituzionali, e poiché ci sono altri diritti costituzionalmente tutelati come il diritto all’informazione o all’accesso alla cultura in quanto tale, un po’ tutte le normative europee prevedono questo tipo di utilizzazioni”. “Ad arricchire il quadro sono i quesiti sul fatto che ad esse debba corrispondere un equo compenso. Alcune normative le lasciano infatti completamente libere mentre altre, soprattutto a fronte del potenziamento scaturito dalle nuove tecnologie, prevedono questo tipo di compenso. E qui il tema diventa così anche quello della copia privata”. l’Avv. Gallus ha così sottolineato “l’importanza della definizione di libere utilizzazioni, perché esse non vanno lette come limitazioni. Inoltre, un elemento di confusione a livello europeo è il fatto che esse sono facoltative e declinate nei vari stati europei in maniera anche abbastanza diversa, generando tutt’altro che chiarezza”. La Adinolfi ha spiegato che “è stato necessario cercare un equilibrio tra i vari legittimi interessi in gioco, ma anche la protezione dei piccoli autori, di quelli indipendenti, che al momento sono i più deboli della catena. Non abbiamo proposto la creazione di nuove eccezioni, ma abbiamo proposto che la nuova applicazione sia obbligatoria in tutti i Paesi europei; il fatto che al momento ogni paese possa recepire con carattere facoltativo queste eccezioni ha fatto sì che prima di tutto non si sviluppasse un mercato unico, ma soprattutto che si creasse una disparità di trattamento tra i cittadini di diversi Paesi dell’Unione”. Nel precedente rapporto firmato da Julia Reda si prevede anche, elemento di novità, l’adozione di una norma aperta che introduca una flessibilità nell’interpretazione di queste eccezioni e limitazioni, in alcuni casi speciali, che non confligga con il normale uso dell’opera protetta e che non arrechi irragionevoli pregiudizi al legittimo interesse degli autori o dei detentori di diritti, un’impostazione che sembra richiamare la normativa statunitense sul fair use. Alla domanda se ci sia nel Parlamento Europeo una sensibilità in questo senso, la Adinolfi ha affermato che “io non so come reagiranno i vari gruppi in Parlamento perché gli emendamenti verranno presentati solo nelle prossime ore, posso però immaginare che si cercherà di contenere questa norma. Di certo c’è che questo tipo di impostazione è pensata per venire incontro all’evoluzione tecnologica che di sicuro vivremo nei prossimi anni e i cui effetti non possono essere previsti oggi”. Su questo versante, il Prof. Gambino ha chiosato: “Intanto dobbiamo ricordarci che rispetto all’ordinamento americano noi siamo in un sistema di civil law e non di common law; questo significa che abbiamo necessità di avere delle norme scritte certe, precise, che danno delle indicazioni che i giudici applicano. Nei sistemi di stato anglosassoni in un certo senso è invece il giudice stesso che fa la legge tramite sentenze che vengono calibrate alla luce di principi generali, e quindi quelle sentenze diventano via via le rules delle vicende in concreto. I giudici nostrani, visto che sono invece chiamati ad applicare delle leggi piuttosto puntuali, se avessero delle clausole generali troppo ampie obiettivamente potrebbero arrivare a delle soluzioni molto diverse da Paese a Paese”. “Io sono dell’avviso che sarebbe più utile, un po’ come si cercò di fare con il tentativo di riforma del 2007, di rivedere le libere utilizzazioni rispetto all’avvento delle nuove tecnologie, una per una, senza prevedere delle aberrazioni come quella delle foto su Internet, in merito alle quali ad un certo punto venne previsto che il patrimonio italiano per essere fruito online dovesse essere degradato perché altrimenti si sarebbero andate a generare lesioni. Forse, si potrebbe prevedere un organismo un po’ mediano tra il Parlamento e l’applicazione da parte della giurisprudenza, che vada via via ad implementare le tecnologie che si presentano volta per volta; non saprei come chiamarlo, ma comunque immagino una sorta di normazione secondaria che consenta, anziché passare sempre per il Parlamento, di passare invece per un comitato che ad un certo punto riadegua la normativa alle nuove tecnologie dando però certezza e restituendo al giudice direttive aggiornate e puntuali”. “Occorre guardare i temi secondo i settori del diritto d’autore, cosa che ad esempio la legge italiana non fa. C’è ad esempio l’industria musicale, quella della cinematografia, c’è il tema delle opere librerie, delle biblioteche, e quello della diversità tra un’opera letteraria commerciale e una che ha fini di ricerca scientifica. Pensiamo a quanti contenuti coperti da diritto d’autore sono invece libri di carattere scientifico in merito ai quali gli autori stessi vorrebbero che avessero la più ampia circolazione possibile. Io ritengo si possano trovare soluzioni pragmatiche andando a segmentare i mercati, perché oggi ormai parliamo di industrie profondamente diverse. Pensiamo ai videogiochi, settore nel quale si continuano a vedere singoli esemplari anche a 70, 80 euro, e questo perché hanno un tipo di tecnologia che non si riesce a falsificare facilmente, cosa completamente diversa dai libri. Allo stesso tempo, l’industria musicale, attraverso una serie di prassi di mercato e di servizi aggiuntivi, è riuscita a trovare un suo equilibrio ed essa stessa dice che tutto sommato ha trovato una possibilità di remunerazione a prescindere dall’ancoraggio a norme forti del diritto d’autore. Allora se l’esame da parte della Commissione europea e del Parlamento è finalmente parlare di diritti d’autore e non di diritto d’autore, probabilmente la soluzione è dietro l’angolo. Purtroppo c’è sempre una diffidenza di fondo quando si dibatte su questi temi e spesso si creano delle barricate, ma sfugge che se si migliorano queste norme c’è un vantaggio per tutti”. Towards a new legislation on Intellectual Property in the digital single market 2 marzo 2015

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