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Brevi considerazioni in tema di piattaforme digitali e dinamiche concorrenziali

di Elena Maggio* L’interesse che la Commissione Europea mostra rispetto allo sviluppo dei sistemi integrati di servizi digitali e, più di recente, l’avvio dell’indagine volta a verificare se alcune delle pratiche commerciali realizzate da Google, in relazione al mercato delle ricerche online ed al c.d. mercato delle app, configurino ipotesi di abuso di posizione dominante sub specie di pratiche leganti (ex art. 102, par. 2, lett. d), TFUE), così che si può genericamente ormai parlare del caso Google-Android, dimostrano la sempre crescente attenzione attribuita dai regolatori all’evoluzione dei mercati legati alle nuove tecnologie.

Tali mercati sono infatti in grado di offrire buone prospettive di crescita economica ma, anche in ragione della particolare forza acquista da alcuni stakeholder, necessitano di particolari attenzioni affinché l’eventuale costituzione di posizioni dominanti non si trasformi in abuso ed affinché tutti i player siano adeguatamente tutelati da possibili derive anticoncorrenziali.

I rapporti tra i diversi soggetti che operano su detti mercati sono peraltro condizionati da nuovi modelli di business e da mutati approcci concorrenziali di recente affermazione, oltre che dalla circostanza che gli operatori che vi operano mirano al conseguimento di esternalità positive di rete oltre alla mera remunerazione dei servizi offerti, ciò che inevitabilmente conduce ad una integrazione dei servizi e dei relativi mercati.

Così, ad esempio, l’acquisto di WhatsApp da parte di Facebook, soggetti che operano su “mercati” prima facie differenti e dalla cui fusione societaria non si presumeva, inizialmente ed in una visione statica, alcun rischio concorrenziale, ha infine palesato l’effettivo interesse dell’operatore acquirente all’ottenimento dell’interrelazione sistematica dei dati degli utenti dei due servizi, unica finalità peraltro in grado di giustificare il costo dell’operazione.

Se infatti, come dai più è stato sostenuto ed evidenziato, il primo e più importante “bene” dei nuovi mercati è rappresentato dai dati personali degli utenti/consumatori che fruiscono dei servizi offerti, tale circostanza non può dunque essere tralasciata quando si considerano le dinamiche concorrenziali che in detti mercati si realizzano.

Ed ecco quindi che modalità e spazi di indagine dei regolatori devono assumere una prospettiva diversa e più ampia in cui elementi fino ad oggi poco indagati, ove non trascurati, necessitano di una maggiore valorizzazione al fine di comprendere e valutare le dinamiche che possono caratterizzare i mercati ad alto tasso tecnologico influenzando gli assetti concorrenziali.

La stessa strategia Digital Single Market promossa dalla Commissione Europea tende peraltro a dimostrare come il processo di convergenza tecnologica debba condurre necessariamente ad una convergenza regolamentare. Ecco allora che, in un contesto in cui gli utenti usano indifferentemente e contemporaneamente terminali fissi tradizionali e terminali mobili, il mercato delle ricerche online dovrebbe essere analizzato non considerando separatamente i due settori, pena il rischio di adottare una prospettiva di analisi incompleta.

E la valutazione che ha preceduto l’avvio del richiamato caso Google-Android, per valutare la sussistenza di condotte di Google volte a trasferire la posizione dominante detenuta sul mercato della ricerca online su terminali fissi all’omologo mercato sui terminali mobili, potrebbe non aver tenuto nella debita considerazione le complessive condizioni del mercato di riferimento.

Allo stesso modo le considerazioni svolte sui c.d. MADA, gli accordi con i quali Google imporrebbe ai produttori di cellulari interessati a utilizzare Android di preinstallare Google Search e il browser Google Chrome e di impostare Google Search come motore di ricerca predefinito sui loro dispositivi, paiono non considerare l’esigenza di Google di assicurarsi una remunerazione per lo sviluppo e la prestazione di servizi offerti a titolo gratuito.

Immaginando inoltre che il bene che Google voglia acquisire per poter effettuare un efficiente servizio di advertising sia rappresentato dai dati degli utenti, compresi quelli delle ricerche da questi effettuate, si può comprendere perché l’operatore offra servizi a titolo gratuito che permettono l’acquisizione di tali dati.

Anche le considerazioni preliminari svolte dalla Commissione in relazione agli accordi AFA, per effetto dei quali i produttori si impegnerebbero a non vendere, nei territori per i quali è stato sottoscritto il MADA, dispositivi che utilizzano varianti di Google Android, c.d. fork, potrebbero non aver considerato i benefici che detti accordi assicurano in termini di interoperabilità dei sistemi, offrendo agli sviluppatori di applicazioni un ambiente comune sul quale operare.

Le suggestioni accennate, che ci si riserva di approfondire e sviluppare in separata sede, dimostrano allora come i legittimi dubbi della Commissione debbano essere risolti in una prospettiva ampia, che tenga conto complessivamente di tutti gli elementi che caratterizzano le complesse e articolate fattispecie oggetto di indagine, in primo luogo il benessere del consumatore.

*Assegnista di ricerca in Diritto Commerciale presso l’Università Europea di Roma e Avvocato del Foro di Roma.

27 gennaio 2017

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