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Il “prezzo” delle piattaforme aperte

di Valeria Falce La Data-driven industry punta su sistemi mobili integrati e piattaforme aperte.

E’ quanto emerge, in Europa, dai lavori dell’Agenda Digitale e dalle Comunicazioni che accompagnano la Digital Single Market Strategy‎, cui fa eco, in Italia, la recente indagine conoscitiva sull’Industria 4.0.

La preferenza verso i sistemi aperti è condivisibile. L’apertura e’ indispensabile a favorire le economie shared, necessaria a salvaguardare l’interoperabilità tra servizi e prodotti, accorciandone le distanze, e funzionale ad incrementare l’innovazione. 

Presupposto del nuovo paradigma è che l’integrazione tra prodotti e servizi poggi su sistemi e applicazioni open, che i codici sorgente dei software utilizzati – anziché rimanere segreti – vengano condivisi e sulla base di questi siano elaborate nuove e più promettenti soluzioni.

Perchè il modello funzioni non occorre promuovere lo smantellamento dei diritti di proprietà intellettuale, che anzi ne costituiscono la fondamentale base giuridica.‎

In forza, infatti, di una direttiva UE prima e di una legge nazionale poi (sul diritto di autore) che la ha recepita, i titolari di software godono di una doppia intrecciata facoltà: sfruttare in esclusiva i diritti patrimoniali ‎ sul programma e impedire a terzi di avvantaggiarsene.

Se ciascuna di tali facoltà rimane nella disponibilità del “proprietario” e se dunque ciascuna prerogativa e’ rinunciabile, la licenza open e’ “lo” strumento da privilegiare per promuovere la più ampia diffusione del sistema e favorire la contaminazione e l’integrazione con altre soluzioni. 

Attraverso, insomma, le licenze aperte si autorizza in via preventiva l’uso, il riuso e il perfezionamento del sistema operativo, con l’unico obbligo di consentire l’interoperabilità con altre applicazioni, di riconoscere la paternità delle modifiche introdotte, di assicurare che gli usi successivi avvengano nel rispetto delle medesime condizioni. 

Ovviamente, l’apertura non garantisce la “propagazione” di un sistema, perchè il suo successo dipende dalla risposta del mercato. Se quest’ultima non e’ del tutto prevedibile, alcune variabili giocano un nuovo ruolo: attraverso i modelli aperti tanto il momento che il luogo della controprestazione è rinviato‎. 

A fronte dell’uso dell’applicazione di base concesso (quasi sempre) gratuitamente corrisponde la richiesta di un prezzo (stabilito dalla legge della domanda e dell’offerta) che e’ pagato attraverso l’introduzione di condizioni, termini e restrizioni su funzionalità o applicazioni diverse, spesso verticalmente collegate.

 Ebbene, anche in Europa il prezzo “complessivo” delle piattaforme e delle licenze aperte e’ oggi sottoposto allo scrutinio antitrust. Google da tempo offre gratuitamente Android‎, un sistema operativo per dispositivi mobili, che chiunque può scaricare, installare, modificare, utilizzare per creare e distribuire App.

Alla politica di Google il mercato ha risposto in termini incoraggianti: oggi più di 24.000 categorie di dispositivi utilizzano elaborazioni del sistema Android, prodotti da quasi 1300 produttori, che hanno così ridotto i costi di sviluppo di smartphone e tablet, e diminuito il prezzo dei dispositivi mobili.

In qualità di guardiano del mercato, la Commissione Europea intende ora verificare se le condizioni a cui è subordinato l’uso di Android qualifichino restrizioni eccessive ed ingiustificate per i fabbricanti di dispositivi Android e gli operatori di reti mobili.

Molti sono gli aspetti da chiarire: dai confini del mercato rilevante (motori di ricerca, app…), alla sussistenza di una posizione dominante in capo a Google, dagli effetti escludenti della condotta contestata (abbinamento tra prodotti diversi e collegati), alle ripercussioni in termini di possibilità di scelta per i consumatori, ai possibili vantaggi per sviluppatori e alle conseguenze sull’innovazione.

Alla fine pero’ si trattera’ di assumere una decisione in punto di diritto, soppesando i benefici di un processo che venga mantenuto concorrenziale in ogni sua fase con gli effetti di medio e lungo periodo riconducibili ad innovazioni disruptive. Come certamente sono quelle innescate da Google. 

26 gennaio 2017

 

 

 

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