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Il caso Goria – Retwittare notizie di agenzia di stampa. Brevi appunti

di Ferdinando Tozzi Sommario: 1 – Nuove tecnologie e diritto di autore, una “vecchia” storia. 2 – Retwittare tra diritto di autore e tutela della concorrenza. 3 – Una ipotesi di rinnovata analisi dei requisiti di cui all’art. 101 LDA. 1. Nuove tecnologie e diritto di autore, una “vecchia” storia. Nella vicenda de quo [1], due paiono essere i principi di diritto d’autore in (apparente) antinomia: il libero accesso alla cultura ed all’informazione (costituzionalmente garantito), secondo quanto statuito in particolare dall’art. 65 LDA [2] e la tutela, specifica, delle informazioni giornalistiche (qualificate dal carattere dell’attualità stretta) di cui all’art. 101 LDA. Anche se va chiarito che, tali norme vanno lette in combinato e che pertanto l’art. 101 è solo in apparente contrasto con il 65 LDA: quest’ultimo è una eccezione al diritto di autore [3] e si riferisce non tanto alla “grezza” notizia di estrema attualità fornita da una agenzia specialistica quanto ad un articolo di giornale, contenente la notizia. Inoltre, esplicitamente, il legislatore pone un limite a detta eccezione (già di per se non passibile di interpretazione estensiva) laddove precisa che la riproduzione è libera a condizione che non sia stata riservata. Il caso di cui in oggetto pone, nuovamente, all’attenzione di tutti la problematica dell’applicabilità della legge sul diritto di autore come attualmente vigente in Italia. Si sostiene [4] che, con l’avvento delle nuove tecnologie, detta normativa sarebbe ormai datata; invero così non è, almeno per quanto attiene ai suoi principi fondanti, non foss’altro che essi permettono, per la loro “elasticità”, interpretazioni evolutive che tengano conto del mutato contesto digitale (basti considerare, a mo’ di esempio, che l’art. 1 LDA tutela le opere dell’ingegno di carattere creativo “qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”, dunque anche i c.d. u.g.c. e comunque quelle frutto della rete). Altrettanto certa è però l’esigenza di un adeguamento del “sistema” del diritto di autore alle forti spinte tecnologiche. La, ovvia, chiave di volta consiste nel rinvenire la corretta modalità applicativa della norma al caso concreto nel rispetto dei principi esistenti [5]. Si ripropone il c.d. dilemma digitale: bisogna comprendere cosa è lecito nel nuovo ambiente digitale, quali i confini tra pirateria on line e utilizzazione consentita, quali siano i contenuti legittimi e quale sia invece un attività vietata. Ciascuno deve sapere, essere informato, sui suoi diritti nell’on line, altrimenti il rischio è che se tutto è vietato tutto nella pratica diviene permesso! Infatti, proprio da una situazione di indeterminatezza sulla consistenza del divieto deriva il fenomeno della c.d. “pirateria altruistica” che è ben diversa dalla c.d. pirateria commerciale, essendo mossa dalla volontà dei privati di diffondere e scambiare opere on line non a scopo di lucro ma per informazione e studio. In tale contesto le eccezioni e limitazioni rivestono un ruolo primario in quanto sono strumento di demarcazione tra il lecito e l’illecito, essenziale “valvola di sfogo” del sistema del diritto di autore ed elemento portante per un mercato equilibrato e simmetrico. Al momento però il sistema non è equilibrato, infatti non vi è simmetria tra le eccezioni per l’uso di opere sull’ on line e off line. La ragione è legata al fatto che gli artt. 65 e ss LDA presuppongono vincoli impliciti di carattere materiale, mentre la convergenza tra informatica e tlc consente la riproduzione digitale delle opere ed il loro trasferimento a costi sempre decrescenti ed in maniera capillare. Certo è che, in un mondo globale di comunicazione interattiva, è fin troppo semplice cadere nell’inganno di ritenere i beni intellettuali liberamente disponibili solo perché il più delle volte non hanno una loro consistenza materiale. Al contrario, la tutela dell’opera intellettuale ed il riconoscimento (morale e patrimoniale) delle attività intellettuali sono valori irrinunciabili (anche Costituzionalmente garantiti [6]): utilizzare abusivamente un’opera dell’ingegno o appropriarsene equivale a utilizzare abusivamente un qualsivoglia bene di proprietà altrui [7]. Proprio in questa necessità di contemperamento tra le, apparentemente, opposte esigenze di accesso alla cultura ed all’informazione e di remunerazione e tutela, consiste la “sfida” portata dalle nuove tecnologie al sistema del diritto di autore (e l’episodio in commento ne è una significante rappresentazione). 2. Retwittare tra diritto di autore e tutela della concorrenza. Per “retwittaggio”, brutto neologismo imposto dalla “società della rete”, deve intendersi l’immissione in rete di messaggi, immagini, scritti etc. già immessi da altri. A tal fine va anzitutto chiarito che, in generale ed a prescindere dunque dal caso di specie, due possono essere le prospettive, eventualmente combinabili, di approccio (e di tutela) relativamente ad episodi di retwittaggio: se un soggetto riprende la forma di una notizia così come è, o con una elaborazione ai sensi dell’art. 4 LDA, sarà applicabile la LDA, in uno con la disciplina sulla concorrenza sleale, quale ipotesi di plagio [8]. Laddove invece, oggetto di retwittaggio dovesse essere unicamente la notizia in quanto tale – ai nostri fini assimilabile, per quanto si dirà infra, all’idea – non dovrebbe potersi applicare la disciplina sottesa alla LDA ma unicamente quella anticoncorrenziale. Infatti, come noto, il diritto d’autore non tutela le idee in quanto tali ma il modo in cui sono espresse, la loro forma [9]. In merito a quest’ultimo concetto si usa distinguere tra una forma interna e una forma esterna, la prima è il modo personale dell’autore di raggruppare, sviluppare e intrecciare idee; la seconda (forma esterna) indica l’elemento di un’opera immediatamente percepibile ai sensi ed esteriorizzato in uno dei mezzi espressivi, esemplificativamente elencati all’art. 2 della LDA quali la cinematografia, la fotografia, la musica, i programmi per elaboratore, eccetera. La forma dell’opera deve essere tenuta distinta da quella del supporto materiale su cui essa trova esteriorizzazione. Il diritto d’autore tutela, infatti, solo la forma non il suo supporto (carta, pellicola, file); salvo casi specifici come quelli in cui la forma di un’opera coincide con quella del supporto (si pensi alle creazioni della pittura, della scultura e dell’architettura) [10]. Pertanto, poiché presupposto necessario per poter configurare il plagio, ed in generale per applicare la LDA, è che ci si trovi innanzi ad un’opera dell’ingegno (che dunque presenti gli elementi ed i requisiti che la rendano tutelabile ai sensi della LDA medesima) [11], prima ancora di verificare se retwittare informazioni possa costituire violazione della LDA, bisogna verificare se l’oggetto del retwittaggio abbia o meno i requisiti per beneficiare della protezione richiesta dalla LDA e ciò sia sotto il profilo della compiutezza espressiva, sia sotto il profilo della novità. Conseguentemente, se oggetto di retwittaggio è “solo” l’informazione ma non la forma, nemmeno elaborata, con cui è espressa dall’originario titolare dell’informazione medesima, dovrebbe essere applicabile unicamente la disciplina a tutela della concorrenza [12]. Al contrario, se oggetto di retwittaggio è, anche, la forma espressiva dell’informazione, di certo si rientrerà nell’alveo disciplinare della LDA. Peraltro – volendo accedere ad una visione del diritto di autore orientata alla tutela degli investimenti imprenditoriali (a discapito dei “classici” requisiti per aversi opera dell’ingegno, ut supra menzionati) [13] – si potrebbe sostenere che la disciplina di cui all’art. 101 LDA possa essere applicata anche al mero retwittaggio di notizie (contenuto) e non della loro forma (contenente), laddove si possa dimostrare che la notizia (vero “bene” [14] oggetto dell’attività imprenditoriale) sia stata sottratta a chi invoca tutela e non sia invece stata reperita aliunde. Infatti, come anticipato, l’art. 101 LDA è volto a tutelare, oltre che i diritti precipui dell’autore, i diritti degli imprenditori ed i loro investimenti (così come già accade, palesemente, per la tutela dei programmi per elaboratore e per le banche dati). Esso ha pertanto una duplice colorazione che lo pone sulla linea di confine tra diritto di autore e diritto della concorrenza; ciò rileva soprattutto in merito ai menzionati presupposti di applicabilità della LDA potendosi ipotizzare che, nel caso di specie, questi siano quantomeno affievoliti e che, conseguentemente, l’art. 101 LDA si applichi in ogni caso in cui i diritti di titolarità su di una informazione siano violati. La condotta prevista da tale norma è cioè da considerarsi una particolare forma di concorrenza sleale ai danni delle agenzie giornalistiche e di informazione e dunque l’art. 101 LDA è, anche, in un rapporto di species a genus con l’art. 2598 n. 3 c.c., quale atto contrario ai principi di correttezza professionale e quale atto di concorrenza parassitaria. Tant’è che in giurisprudenza si ritiene che l’art. 101 della legge sul diritto d’autore “prevede una particolare forma di concorrenza sleale ai danni di agenzie giornalistiche o di informazioni ovvero di giornali o altri periodici” [15] consistente nella pubblicazione o riproduzione sistematica, a scopo di lucro, di informazioni o notizie il cui sfruttamento spetti ad altri (nella specie, la Suprema Corte ha confermato, ritenendola immune da vizi logici e giuridici, la decisione di merito che ha affermato l’illiceità della sistematica pubblicazione, in una rassegna stampa diffusa in via telematica, di articoli tratti da pubblicazioni periodiche altrui per i quali l’editore aveva formulato espressa riserva ai sensi dell’art. 65 LDA). Rientra in tale forma di sfruttamento la rassegna stampa distribuita a scopo di lucro che riproduca gli articoli di una rivista il cui editore se ne sia riservato lo sfruttamento e la utilizzazione. Essa, infatti, realizza una vendita del prodotto offerto al mercato dall’editore dell’opera riprodotta, in tutto o in parte, con caratteristiche parassitarie. Per quanto attiene gli atti contrari ai principi di correttezza professionale la Cassazione civile reputa “corretta e non presenta vizi di logica nè errori di diritto (e, quindi, è insindacabile in sede di ricorso per Cassazione) la considerazione del giudice di merito secondo cui apportare piccole e facili variazioni ad un testo copiato radicalmente non possa porre al riparo l’autore del plagio dalla responsabilità in cui si incorre per aver consapevolmente fatto proprio il grosso del lavoro altrui” [16]. In merito all’inquadramento della disciplina di cui al citato art. 101 LDA, la medesima Corte statuisce che “tra la norma di cui all’art. 2598 c.c. (atti di concorrenza sleale) e quella di cui all’art. 101 legge sul diritto d’autore (divieto di taluni atti di concorrenza sleale) intercorre un rapporto di specialità; infatti, mentre l’art. 2598 c.c. delinea tutte le possibili specie di concorrenza sleale e in particolare al n. 3, quelle realizzate “con mezzi non conformi ai principi della correttezza professionale”, l’art. 101 della legge sul diritto d’autore prevede una particolare forma di concorrenza sleale ai danni di agenzie giornalistiche o di informazioni ovvero di giornali o altri periodici, consistente nella indebita riproduzione di informazioni e notizie fatta “con impiego di atti contrari agli usi onesti in materia giornalistica” espressione questa che costituisce una specificazione di quei “mezzi non conformi ai principi di correttezza professionale” ai quali si richiama più genericamente l’art. 2598 c.c. In siffatta ipotesi, l’avere invocato l’attore l’art. 2598 c.c. e l’avere il giudice accolto la domanda richiamando in motivazione anche l’art. 101 della legge sul diritto d’autore, non costituisce extrapetizione”. 3. Una ipotesi di rinnovata analisi dei requisiti di cui all’art. 101 LDA. L’art. 101 LDA tenta dunque di realizzare un bilanciamento tra il garantire il diritto della collettività a riprodurre un’opera dell’ingegno e accedere alla cultura ed all’informazione ed il diritto dell’autore a vedersi remunerata la propria attività e riconosciuta la propria paternità. Alla luce di tutto quanto fin qui dedotto, ed a prescindere dai requisiti di applicabilità della norma come analizzati nel precedente paragrafo, può allora significarsi che l’art. 101 LDA, secondo una consolidata interpretazione, letto in combinato con le eccezioni e limitazioni di cui alla LDA, permette di retwittare informazioni purché siano trascorse 16 ore dalla loro immissione da parte dell’originario titolare e purché ciò avvenga con modi non contrari agli usi onesti in materia giornalistica, in particolare con una riproduzione sistematica (diremmo parassitaria) ed a fini di lucro. Il retwittare notizie, rispettato il requisito temporale ed economico [17], potrebbe dunque essere considerato effettivamente un libero esercizio di un diritto costituzionalmente garantito all’accesso alla cultura e dunque all’informazione. Al contempo, però, non può ignorarsi la possibilità di una interpretazione restrittiva, secondo la quale potrebbe sostenersi che retwittare informazioni di un’agenzia di stampa potrebbe rientrare nel divieto di cui alla lettera a) dell’art. 101 n. 2 LDA, non per l’eventuale mancato rispetto del termine delle 16 ore, ma perchè in contrasto con il seguente requisito “[…] e, comunque, prima della loro pubblicazione in un giornale o altro periodico che ne abbia ricevuto la facoltà da parte dell’agenzia […]”; dandosi rilievo al termine “comunque” che sembra porre tale ulteriore presupposto quale condicio autonoma e concorrente di liceità. Tale requisito, sostanzialmente ignorato dai giuristi, ad avviso di chi scrive parrebbe cioè significare che tre e non due sono i presupposti di liceità posti dall’art. 101 n. 2 LDA (validi anche per il retwittare una notizia): i) il già citato termine delle 16 ore; ii) la non concorrenza legata alla “riproduzione sistematica” come indicata al punto b) del medesimo articolo; e che, iii) un giornale o altro periodico, avendone avuto facoltà da parte dell’agenzia, abbia potuto già pubblicare la notizia, a prescindere dal rispetto dei, noti, punti subb i) ed ii). Tale ultimo requisito potrebbe così essere inteso a salvaguardia dell’oggetto di compravendita con cui le agenzie di stampa svolgono la propria attività imprenditoriale, vendendo notizie a giornali o periodici, e conseguentemente potrebbe significare che retwittare una notizia senza rispettare anche tale presupposto costituirebbe – comunque [18] – un illecito (non coperto nè dall’art. 65 né, certamente, dall’art. 70 LDA e fra l’altro, anche per contrasto con il c.d. three step test di cui all’art. 71 nonies LDA). ___________ Note: [1] Si tratta di un giornalista, Fabrizio Goria, del giornale on line Linkiesta che si è visto “diffidare” dalla celeberrima agenzia stampa Thomson Reuters dal re-twittare (cioè immettere in rete attraverso il sito “twitter”, noto social network) alcuni lanci dell’agenzia Thomson Reuters diffusi sui canali a pagamento dell’agenzia, cui il Goria è regolarmente abbonato. [2] Con “LDA” si intende fare riferimento alla L. 22 aprile 1941, n. 633, Protezione del diritto di autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, in G.U. n. 166 del 16 luglio 1941. [3] Si fa riferimento al Capo V, artt. 65 e ss. LDA. [4] Vedasi in merito a tale vicenda l’articolo de Il Sole 24 Ore, Twitter, il caso Reuters-Goria scoperchia il fronte del diritto su Internet, in www.ilsole24ore.com, di Chiara Albanese del 21 Febbraio 2012. [5] Interessante riportare il considerando n. 25 della Direttiva UE 2001/29, che statuisce: «Dovrebbe ovviarsi all’incertezza giuridica relativa alla natura e al grado di protezione degli atti di trasmissione su richiesta, su rete, di opere protette dal diritto d’autore e di materiali protetti dai diritti connessi, prevedendo una protezione armonizzata a livello comunitario. Dovrebbe essere chiarito che tutti i titolari riconosciuti dalla direttiva hanno il diritto esclusivo di rendere accessibili al pubblico le opere protette dal diritto d’autore e i materiali protetti da altri diritti mediante trasmissioni interattive su richiesta (“on demand”). Tali trasmissioni sono caratterizzate dal fatto che i componenti del pubblico possono accedervi dal luogo e nel momento da essi individualmente scelto». [6] In particolare, la produzione e la pubblicazione di opere dell’ingegno rappresentano manifestazioni dello sviluppo della persona umana tutelate dall’art.3 della Costituzione; il diritto di autore rappresenta poi una concretizzazione del principio di libertà di pensiero tutelata ai sensi degli artt. 21 e 33 della Carta Costituzionale; è inoltre normativa posta a tutela della diffusione e dello sviluppo della cultura secondo il dettato dell’art. 9 della Costituzione (nonchè dell’art. 128 del Trattato CE) oltre a rispondere alle esigenze dedotte agli artt. 41 e 35 della Carta Costituzionale. [7] Denis Olivennes, La gratuità è un furto. Quando la pirateria uccide la cultura, Libri Scheiwiller – 24 ORE Cultura, 2007. [8] Plagio in senso stretto è usurpazione di paternità. La contraffazione si concretizza nell’ipotesi di non consentita riproduzione non accompagnata dall’usurpazione della paternità. Nel caso, invece, di plagio/¬contraffazione si ha sia l’usurpazione di paternità che la riproduzione non consentita dell’opera. [9] Ex multis, vedasi da ultimo T Milano, 2 Maggio 2011, in Il Diritto di Autore, n. 3 – 2011, p.408, Giuffrè. Per essere protetta un’opera deve avere una forma espressiva nonché un certo grado di creatività; seppure, per giurisprudenza praticamente unanime, tale creatività non deve essere necessariamente qualificata, essendo ben sufficiente un livello basso di creatività (vedasi, Piola Caselli, Codice del diritto di Autore, 179 o Cass. Civ. 2004 n. 5089). [10] Oggetto del diritto d’autore è dunque un bene immateriale, distinto dal possesso (o anche dalla proprietà) del mero supporto (cartaceo, fisico, meccanico, magnetico, digitale) sul quale l’opera è fruibile, che, in quanto tale è di proprietà di chi lo acquista (avendone pagato il corrispettivo). Perciò il proprietario del supporto non ha alcuna titolarità a disporre dei diritti di autore, potendo soltanto esercitare le facoltà come consentite dal titolare e secondo la legge. [11] Posto che il carattere creativo e la novità dell’opera sono elementi costitutivi del diritto d’autore sull’opera dell’ingegno, vedasi ex multis: Cass. Civ. 23 novembre 2005 n. 24594 in Giust. civ. Mass. 2005, 11, Giust. civ. 2006, 12, 2763. “In forza degli art. 4 e 18 della legge n. 633 del 1941 sul diritto d’autore, l’elaborazione di opere dell’ingegno preesistenti, quale la riduzione teatrale di opera letteraria (nell’ipotesi, di due racconti di Cechov), è autonomamente protetta, a condizione che abbia carattere di creatività rispetto all’opera originaria, dovendo possedere un grado, sia pure minimo, di originalità ed individualità idonee a differenziarla da questa, secondo un apprezzamento di fatto – insindacabile in sede di legittimità, se congruamente e correttamente motivato – rimesso al giudice del merito, al quale compete, altresì, in caso di contestazione, la verifica dell’esistenza di un testo compiuto dell’opera derivata (nella specie, copione teatrale risultato autonomo e preesistente rispetto agli interventi di regia, di interpretazione e di allestimento scenico finalizzati alla rappresentazione dello stesso)” ed ancora “i riferimenti all’opera originaria sono elemento caratterizzante dell’opera derivata e la loro presenza in altra opera, pur se derivata dalla medesima opera originaria, possono essere rivelatori di un plagio, se inseriti in un contesto globale che non consente di riconoscere, nell’opera derivata successiva, originalità e carattere creativo” secondo Cassazione civile sez. I, 10 marzo 1994 n. 2345 in Giust. civ. Mass. 1994, 289 (s.m.), Corriere giuridico 1994, 862 (nota di: Giacobbe), Foro it. 1994, I,2415 (nota di: Mastrorilli). [12] Sebbene potrebbe sostenersi che l’art. 101, quale species del genus di cui all’art. 2598 c.c., sarebbe applicabile anche in mancanza di un’opera dell’ingegno; sul punto vedasi il § 3 della presente nota. [13] Si fa riferimento al fenomeno c.d. della commercializzazione del diritto di autore; sintomatico di tale fenomeno è, ad esempio, l’inserimento nella LDA degli artt. 64 bis e seguenti a tutela dei programmi per elaboratore, garantendo protezione sia alla forma letteraria comprensibile all’uomo, cosiddetta “sorgente”, che a quella prettamente digitale “ codice oggetto”. La tutela, che prescinde dalla forma in cui il software è espresso, è però stata estesa anche al materiale preparatorio che è alla base del programma, non alle idee ed ai principi; pertanto, contrariamente ai principi del diritto di autore, sono tutelati i contenuti più che la loro forma espressiva. D’altronde è la stessa Direttiva UE 91/250 a testimoniare di tale fenomeno laddove testualmente deduce che “i programmi per elaboratore hanno un ruolo sempre più importante in una vasta gamma di industrie” e che “per creare programmi per elaboratore è necessario investire considerevoli risorse umane, tecniche e finanziarie, mentre è possibile copiarli a un costo minimo rispetto a quello necessario per produrli autonomamente”, perciò tali programmi devono ricevere protezione, in quanto si devono tutelare gli investimenti di risorse umane ed economiche alla base del software, a prescindere da qualsivoglia forma espressiva”. [14] Si parla sempre più spesso di knowledge based economy; il mercato è considerato un sistema simmetrico di informazioni (Ermanno Bocchini, Introduzione al diritto commerciale nella new economy, Padova: CEDAM, 2001, p. 13 e seg.) [15] Cassazione civile, 20 settembre 2006 n. 20410, in Riv. dir. ind. 2008, 1, II, 3 e in Dir. autore 2007, 3, 493 . Secondo la medesima Corte, con riferimento anche ai rapporti con l’art. 65 LDA, “In tema di diritto d’autore, ai sensi rispettivamente degli art. 7 e 38 l. 22 aprile 1941 n. 633, per le opere collettive – nelle quali sono ricomprese riviste e giornali – mentre il diritto morale di autore spetta a chi dirige ed organizza l’opera complessiva, il diritto di utilizzazione economica spetta, salvo patto contrario, all’editore, che, assumendo il rischio della pubblicazione, ha diritto alla percezione del relativo risultato economico. Tale diritto si estende a tutta l’opera, includendone – ai fini della protezione della esclusività dello sfruttamento – ciascuna delle parti. Ne consegue, con riguardo alla domanda di inibitoria della riproduzione in una rassegna stampa pubblicata da una società a scopo di lucro, e trasmessa in via telematica ai propri clienti, di taluni degli articoli pubblicati in una rivista – ipotesi in relazione alla quale la eccezione al diritto d’autore prevista dall’art. 65 della predetta legge n. 633 del 1941, (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.lg. 9 aprile 2003 n. 68, applicabile nella specie ” ratione temporis”), che consente la libera riproducibilità degli articoli di attualità in altre forme di pubblicazione, non trova applicazione ove (come nella specie) il titolare dei diritti di sfruttamento si sia riservata la riproduzione o la utilizzazione di detti articoli – la legittimazione dell’editore della rivista ad agire per la tutela del suo diritto esclusivo, senza necessità di fornire la prova del suo acquisto sullo stesso, che fa parte originariamente del suo patrimonio.”. Peraltro, sempre secondo la medesima pronuncia “Il rifiuto anche sistematico dell’editore di concedere licenze per la riproduzione in rassegne stampa di articoli pubblicati nelle proprie riviste non può mai costituire abuso di diritto, e tantomeno violazione dell’art. 41 Cost., in quanto la legge non subordina ad alcun presupposto la legittimità di tale rifiuto, essendo l’editore titolare, al riguardo, del diritto esclusivo di utilizzazione economica dell’opera collettiva”. [16] Cassazione civile sez. I, 10 maggio 1993 n. 5346 in Dir. autore 1994, 70 con nota di M. Fabiani, Sui limiti di protezione delle notizie e informazioni di stampa (nella specie, si erano soppressi, da una pubblicazione di quotazioni e valutazioni del mercato dell’usato delle autovetture, alcuni dati o questi erano stati sostituiti con una loro media statistica). Interessante pure O. Carosone, Canzoni, pubblicita’ e plagio (nota a sent. Trib. Milano 6 novembre 1995, Soc. Warner Chappel Music it. e altro c. Soc. Rete Italia e altro), in Dir. autore 1997, II, 232 e, mi sia consentito, F. Tozzi, Plagio e presupposti di tutela di opera letteraria (nota a Trib. Napoli 3 giugno 2010), in Dir. autore 2010 fasc. 4, 398. [17] Come ci dice l’articolo de Il Sole 24 Ore citato e come pare abbia “ammesso” la stessa agenzia Reuters. [18] A questo punto, si dovrebbe prescindere dalla sussistenza di un’opera dell’ingegno, volendosi tutelare l’informazione in quanto tale, attraverso la prospettata doppia lettura dell’art. 101 LDA.

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