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Quanto vale la responsabilità nel web? Condanna per 12 milioni di euro alla piattaforma Megavideo

di Maria Letizia Bixio Se è vero il detto che non c’è due senza tre, il Tribunale di Roma ha in pochi mesi rinsaldato quello che oggi può ormai definirsi un consolidato orientamento giurisprudenziale.

E’ di oggi la sentenza con cui, per la terza volta in meno di tre mesi, si torna sul tema della responsabilità degli intermediari.

Dopo le precedenti condanne avverso le piattaforme Break Media (sentenza del 27 aprile qui commentata https://www.dimt.it/2016/04/29/il-tribunale-di-roma-ridefinisce-il-ruolo-degli-internet-service-provider/) e Kit Digital (sentenza del 5 maggio qui commentata https://www.dimt.it/2016/05/13/responsabilita-del-provider-linerzia-e-ingiustificabile/), analoghe sorti hanno travolto la società americana Megavideo LTD specializzata nello streaming abusivo di contenuti audiovisivi protetti.

Il Collegio romano, infatti, avendo riscontrato anche nell’attività svolta dalla piattaforma Megavideo, una condotta gravemente lesiva dei diritti esclusivi di utilizzazione economica,  a fronte della diffusione non autorizzata di programmi televisivi di titolarità di Reti Televisive Italiane, l’ha condannata al pagamento, a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, di un ingente importo pari a dodici milioni di euro oltre interessi, e a sessantamila euro di spese processuali.

Nel merito, la sentenza conferma integralmente i principi già affermati nelle precedenti citate decisioni, sottolineando con più incisività come una realtà quale quella di Megavideo, non possa essere equiparata ad una piattaforma di mera condivisione, ma piuttosto, ad un portale organizzato, dotato di strumenti che consentono una scelta mirata di contenuti, cui, per altro, sono collegati messaggi pubblicitari mirati.

Afferma il Tribunale: “Un sistema così meticolosamente organizzato ed in continua evoluzione è del tutto incompatibile con la figura del semplice hosting, rappresentando un sofisticato content-provider che fornisce contenuti di intrattenimento digitale distribuendo i diversi video nelle rispettive categorie indicate nell’home page e collegando ad essi i diversi messaggi pubblicitari, cercando di fidelizzare i clienti tramite l’offerta di abbonamenti per evitare il limite temporale di visone dei video presenti sulla piattaforma”.

Affermazioni che ormai non giungono più nuove, essendo perfettamente in armonia con altra giurisprudenza nazionale ed europea (per tutte si ricordano i casi Google c. Louis Vuitton e il caso L’Oreal c. e-Bay), con cui “si è delineato il ruolo attivo dell’ISP, sottratto al beneficio dell’irresponsabilità prevista dall’art. 15 dir. 200/31”.

Il pieno accertamento della violazione dei diritti da parte della società convenuta, ha spostato l’attenzione del Collegio sul risarcimento del danno, introducendo, qui, dei profili innovativi rispetto alle precedenti pronunce.

Pur confermando il criterio del prezzo del consenso valutato per euro/minuto per la quantificazione del danno, infatti, il giudice romano ha espressamente riconosciuto anche un diritto al risarcimento del danno morale, laddove, le condotte contestate integrerebbero le specifiche ipotesi di reato di cui all’art. 171 ter (1 c. lett b) e 2 c.) Lda. Come criterio per questa seconda quantificazione in via equitativa, la Corte ha adottato la misura del 10% sul danno patrimoniale.

La pronuncia descritta, ha forse il merito nella sua semplicità e completezza, di aiutare a comprendere alcuni elementi di un quadro più complesso, quale quello europeo, dove oggi, all’insegna di una Proposta di direttiva sui servizi media audiovisivi (SMAV), il regime delle responsabilità delle piattaforme di condivisione di video appare ancora critico e ambiguo.

In questo contesto, tali piattaforme sembrano camuffarsi quali ibridi tra i “fornitori di servizi di media audiovisivi” ai sensi e per gli effetti della nuova Direttiva SMAV e i “fornitori di servizi della società dell’informazione”, assoggettati invece alla Direttiva sull’e-commerce 2000/31/CE che riserva l’esenzione di responsabilità agli intermediari tecnici e passivi.

Solo con la piena comprensione del ruolo effettivo rivestito da tali soggetti si potrà addivenire ad una consapevole scelta dell’adeguata cornice di regolamentazione ed al loro corretto inquadramento.

15 luglio 2015

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