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Laudato Si’, il Prof. Gambino: “Critica a tecnologia quando utilizzata a fini egoistici”
“L’enciclica parla a tutte le persone che popolano la terra, non solo quelle di buona volontà, le quali volenti o nolenti fanno parte del consorzio umano, ed è una novità importantissima. C’è poi una critica a tecnica e tecnologie fini a se stesse se non legate a cultura e promozione della persona umana. Un’enciclica puntuale, ma realistica e drammatica, che richiama l’umanità ad un cambio di passo nei comportamenti e nelle relazioni”. Questo il commento del Professor Alberto Gambino, Direttore del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università Europea di Roma e Direttore scientifico di Dimt, ospite della Tv della Cei (edizione del 18 giugno di “TgTg – Telegiornali a confronto“). “Il Papa – ha affermato Gambino – ci richiama ad un cambio di comportamenti e stili di vita, altrimenti il rischio che i nostri figli non vedano il mondo che abbiamo conosciuto noi è molto concreto. Ed è un messaggio rivolto non solo ai credenti. Occorre discernere, con intelligenza, rispetto al bombardamento mediatico sui temi ecologici: c’è una espressione meravigliosa che colpisce: rumore dispersivo dell’informazione. Con essa il Papa evoca un contesto nel quale il cittadino, immerso nello scenario di internet e delle comunicazioni tecnologicamente avanzate, è vittima di un bombardamento di idee, opinioni e punti di vista che si disperdono e non consentono di crearsi un giudizio sereno, sapiente. Ecco allora che il documento, di rara efficacia comunicativa e pregno di contenuti e ricognizioni sullo stato di salute del pianeta, si rivela decisivo nella percezione che oggi in realtà, sulle questioni ambientali, siamo davanti ad un passaggio epocale e di fronte al pericolo di arrivare ad un punto di non ritorno”. “C’è una critica alla finanza, all’economia e soprattutto alle mancate soluzioni dopo quella crisi, quando si sarebbe dovuto trovare un equilibrio che non favorisse solo una parte della soluzione, in senso molto sintetico le banche, ma che favorisse anche l’intera popolazione. Non stiamo parlando di un conflitto banche contro popoli, ma di soluzioni che nella pratica hanno favorito un’élite e che ha comportato scelte parziali, potremmo dire slegate dal bene e l’interesse comune. Si conferma poi una lettura dove l’uomo, la persona è un valore, una ricchezza in sé, il motore dello sviluppo e dunque più ci sono persone sulla faccia della terra e più c’è chance di sviluppo”. “Ma – ed è una sottolineatura importante – di quale persona stiamo parlando, di quella che sperpera, specula e conculca i diritti umani? Se così fosse allora si tratterebbe di un falso antropocentrismo: mettere al centro l’uomo e la persona significa avere un’idea antropologica chiara e una pratica dei comportamenti corretti, altrimenti si finirebbe per far ruotare intorno all’uomo ‘consumista’ il futuro del pianeta e la sua probabile autodistruzione”. “Anche la critica alla tecnologia – afferma Gambino – è rivolta al suo sradicamento dai contenuti e dalle finalità di rappresentare uno strumento di ausilio alla crescita culturale e umanitaria dei popoli e non al suo uso egoistico e fine a se stesso. Anche l’ambiente digitale, l’ecosistema, ma anche il contesto abitativo, il tessuto urbanistico delle grandi metropoli, deve sempre più legarsi all’essere e non all’avere, e ciò traspare da uno stile e da comportamenti pregni di sobrietà e di riflessione, che portano a creare condizioni di vita e infrastrutture fisiche e tecnologiche in armonia con la salute fisica e spirituale dei cittadini del mondo”. Nella sua enciclica Francesco non risparmia infatti incisivi passaggi sulle tecnologie e sul loro utilizzo. Al punto 47 si legge infatti: “A questo si aggiungono le dinamiche dei media e del mondo digitale, che, quando diventano onnipresenti, non favoriscono lo sviluppo di una capacità di vivere con sapienza, di pensare in profondità, di amare con generosità. I grandi sapienti del passato, in questo contesto, correrebbero il rischio di vedere soffocata la loro sapienza in mezzo al rumore dispersivo dell’informazione. Questo ci richiede uno sforzo affinché tali mezzi si traducano in un nuovo sviluppo culturale dell’umanità e non in un deterioramento della sua ricchezza più profonda”. “La vera sapienza, frutto della riflessione, del dialogo e dell’incontro generoso fra le persone – prosegue l’enciclica – non si acquisisce con una mera accumulazione di dati che finisce per saturare e confondere, in una specie di inquinamento mentale. Nello stesso tempo, le relazioni reali con gli altri, con tutte le sfide che implicano, tendono ad essere sostituite da un tipo di comunicazione mediata da internet. Ciò permette di selezionare o eliminare le relazioni secondo il nostro arbitrio, e così si genera spesso un nuovo tipo di emozioni artificiali, che hanno a che vedere più con dispositivi e schermi che con le persone e la natura. I mezzi attuali permettono che comunichiamo tra noi e che condividiamo conoscenze e affetti. Tuttavia, a volte anche ci impediscono di prendere contatto diretto con l’angoscia, con il tremore, con la gioia dell’altro e con la complessità della sua esperienza personale. Per questo non dovrebbe stupire il fatto che, insieme all’opprimente offerta di questi prodotti, vada crescendo una profonda e malinconica insoddisfazione nelle relazioni interpersonali, o un dannoso isolamento”. Andando ai punti 102, 103 e 104 si legge poi: “L’umanità è entrata in una nuova era in cui la potenza della tecnologia ci pone di fronte ad un bivio. Siamo gli eredi di due secoli di enormi ondate di cambiamento: la macchina a vapore, la ferrovia, il telegrafo, l’elettricità, l’automobile, l’aereo, le industrie chimiche, la medicina moderna, l’informatica e, più recentemente, la rivoluzione digitale, la robotica, le biotecnologie e le nanotecnologie. È giusto rallegrarsi per questi progressi ed entusiasmarsi di fronte alle ampie possibilità che ci aprono queste continue novità”, perché, citando il Discorso ai rappresentanti della scienza, della cultura e degli alti studi nell’Università delle Nazioni Unite tenuto da Giovanni Paolo II ad Hiroshima nel febbraio 1981, «la scienza e la tecnologia sono un prodotto meraviglioso della creatività umana che è un dono di Dio». “La trasformazione della natura a fini di utilità – prosegue l’enciclica – è una caratteristica del genere umano fin dai suoi inizi, e in tal modo la tecnica”, citando qui l’enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI, «esprime la tensione dell’animo umano verso il graduale superamento di certi condizionamenti materiali». “La tecnologia – si legge ancora – ha posto rimedio a innumerevoli mali che affliggevano e limitavano l’essere umano. Non possiamo non apprezzare e ringraziare per i progressi conseguiti, specialmente nella medicina, nell’ingegneria e nelle comunicazioni. E come non riconoscere tutti gli sforzi di molti scienziati e tecnici che hanno elaborato alternative per uno sviluppo sostenibile? La tecnoscienza, ben orientata, è in grado non solo di produrre cose realmente preziose per migliorare la qualità della vita dell’essere umano, a partire dagli oggetti di uso domestico fino ai grandi mezzi di trasporto, ai ponti, agli edifici, agli spazi pubblici. È anche capace di produrre il bello e di far compiere all’essere umano, immerso nel mondo materiale, il “salto” nell’ambito della bellezza. Si può negare la bellezza di un aereo, o di alcuni grattacieli? Vi sono preziose opere pittoriche e musicali ottenute mediante il ricorso ai nuovi strumenti tecnici. In tal modo, nel desiderio di bellezza dell’artefice e in chi quella bellezza contempla si compie il salto verso una certa pienezza propriamente umana. Tuttavia non possiamo ignorare che l’energia nucleare, la biotecnologia, l’informatica, la conoscenza del nostro stesso DNA e altre potenzialità che abbiamo acquisito ci offrono un tremendo potere. Anzi, danno a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero. Mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se si considera il modo in cui se ne sta servendo. Basta ricordare le bombe atomiche lanciate in pieno XX secolo, come il grande spiegamento di tecnologia ostentato dal nazismo, dal comunismo e da altri regimi totalitari al servizio dello sterminio di milioni di persone, senza dimenticare che oggi la guerra dispone di strumenti sempre più micidiali. In quali mani sta e in quali può giungere tanto potere? È terribilmente rischioso che esso risieda in una piccola parte dell’umanità”. Il punto 105 comprende citazioni del Das Ende der Neuzeit di Romano Guardini: “Si tende a credere che «ogni acquisto di potenza sia semplicemente progresso, accrescimento di sicurezza, di utilità, di benessere, di forza vitale, di pienezza di valori» , come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell’economia. Il fatto è che «l’uomo moderno non è stato educato al retto uso della potenza », perché l’immensa crescita tecnologica non è stata accompagnata da uno sviluppo dell’essere umano per quanto riguarda la responsabilità, i valori e la coscienza. Ogni epoca tende a sviluppare una scarsa autocoscienza dei propri limiti. Per tale motivo è possibile che oggi l’umanità non avverta la serietà delle sfide che le si presentano, e «la possibilità dell’uomo di usare male della sua potenza è in continuo aumento» quando «non esistono norme di libertà, ma solo pretese necessità di utilità e di sicurezza ». L’essere umano non è pienamente autonomo. La sua libertà si ammala quando si consegna alle forze cieche dell’inconscio, dei bisogni immediati, dell’egoismo, della violenza brutale. In tal senso, è nudo ed esposto di fronte al suo stesso potere che continua a crescere, senza avere gli strumenti per controllarlo. Può disporre di meccanismi superficiali, ma possiamo affermare che gli mancano un’etica adeguatamente solida, una cultura e una spiritualità che realmente gli diano un limite e lo contengano entro un lucido dominio di sé”. 19 giugno 2015