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Facebook e Apple, per le dipendenti polizze per il congelamento degli ovuli. Il Prof. Gambino: “Orizzonte desolante”

“Un orizzonte desolante che trasforma l’uomo in mero oggetto”. Così in sintesi il Professor Alberto Gambino, direttore del Dipartimento di Scienze Umane presso l’Università Europea di Roma e direttore scientifico di DIMT, commenta in un’intervista a Radio Vaticana la vicenda che vede Apple e Facebook offrire una polizza sanitaria che prevede per le dipendenti una sorta di “bonus” per il prelievo e il congelamento dei propri ovuli. Per le aziende, questo darebbe la possibilità alle donne di gestire la propria gravidanza che potrebbe essere un ostacolo alla carriera, uno scenario che di sicuro non è scevro da importanti criticità. “Nel momento in cui si congela un ovulo – ha esordito il Prof. Gambino – significa anche che si sta mettendo in conto di governare in un momento successivo l’eventuale maternità. E questo la dice lunga sulle aspettative di un mercato tecnologicamente avanzato nei confronti dei propri lavoratori, che evidentemente vengono più intesi come forza lavoro che non come persone in carne e ossa, che sono pronte, specie se donne, ad accogliere bambini. Qui c’è anche una buona dose di sudditanza delle lavoratrici verso queste proposte. E’ un orizzonte culturale veramente desolante”. Rispondendo alle domanda di Massimiliano Menichetti, il Prof. Gambino ha poi spiegato: “Certo sullo sfondo c’è il tema della maternità surrogata, cioè a dire a questo punto questo ‘fastidio’, perché così sembra, della maternità, viene dato ad altri e si ha soltanto, chiavi in mano, il bambino una volta nato. E non solo, forse sullo sfondo c’è anche un altro ragionamento: la donna quando è giovane serve per lavorare in queste grandi multinazionali della tecnologia, quando comincia ad avere un’età un po’ più avanzata, diventa scarto. In tutto questo il bambino è diventato un oggetto dei desideri più che una persona portatrice di diritti”. “Potrebbe inoltre non essere casuale che queste vicende accadano proprio a questo tipo di aziende. I new media e comunque le tecnologie del digitale, le aziende che vi operano, talvolta, non sempre, sono molto deboli sul piano culturale, sul piano dei valori e sul piano delle tradizioni. Sono molto più legate al pragmatismo del ‘fare‘, all’assecondare i bisogni istantanei e a volte anche i bisogni che non sono degni, come quello di cui abbiamo parlato. Dobbiamo auspicare che anche nel mondo di Internet vi sia Cultura, con la ‘c‘ maiuscola, ispirata a valori legati alla persona”. 15 ottobre 2014

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