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Videosorveglianza domestica: per le telecamere puntate sulla pubblica via si applica la direttiva sulla tutela dei dati personali. Ma con eccezioni

La direttiva sulla tutela dei dati personali si applica alla videoregistrazione realizzata mediante una videocamera di sorveglianza installata da una persona sulla sua abitazione familiare e diretta verso la pubblica via; tuttavia, la stessa direttiva consente valutare l’interesse legittimo di detta persona a proteggere i beni, la salute e la vita propri nonché della sua famiglia. A stabilirlo è una sentenza emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, consente, in linea di principio, di trattare dati di tal genere solo se l’interessato ha dato il proprio consenso. Nondimeno, essa non si applica al trattamento di dati effettuato da una persona fisica per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico. In questo quadro origina la vicenda oggetto della sentenza della Corte; il sig. Ryneš, cittadino della Repubblica Ceca, e la sua famiglia sono stati oggetto diverse volte di attacchi da parte di uno sconosciuto e, inoltre, le finestre della loro abitazione sono state infrante in diverse occasioni. In risposta a queste aggressioni, il sig. Ryneš ha installato sulla casa della sua famiglia una videocamera di sorveglianza la quale filmava l‘ingresso di quest‘ultima, la pubblica via nonché l‘ingresso della casa situata di fronte. Nella notte tra il 6 e il 7 ottobre 2007, una finestra della casa è stata infranta dal lancio di un proiettile con una fionda. Le registrazioni della videocamera di sorveglianza consegnate alla polizia hanno permesso di identificare due sospetti a carico dei quali sono stati promossi procedimenti penali. Tuttavia, uno dei sospetti ha contestato, presso l’Ufficio ceco per la tutela dei dati personali, la legalità del trattamento dei dati registrati dalla videocamera di sorveglianza del sig. Ryneš. L‘Ufficio ha constatato che il sig. Ryneš aveva effettivamente violato le norme in materia di tutela dei dati personali e gli ha inflitto un‘ammenda. A questo proposito, l‘Ufficio ha rilevato, tra l‘altro, che i dati del sospetto erano stati registrati senza il suo consenso mentre egli si trovava sulla pubblica via, ossia nella parte della strada situata dinanzi la casa del sig. Ryneš. Investito di un ricorso in cassazione nella controversia tra il sig. Ryneš e l’Ufficio, il Nejvyšší správní soud (Corte suprema amministrativa della Repubblica Ceca) ha così chiesto alla Corte di giustizia se la registrazione effettuata dal sig. Ryneš allo scopo di tutelare la propria vita, la propria salute e i propri beni (ossia, la registrazione di dati personali di individui che hanno attaccato la sua abitazione dalla pubblica strada) costituisse un trattamento di dati non disciplinato dalla direttiva, essendo tale registrazione effettuata da una persona fisica per l‘esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico. Nella sua odierna sentenza la Corte ricorda, in primo luogo, che la nozione di “dati personali” ai sensi della direttiva comprende qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile. È considerata identificabile la persona che può essere identificata, direttamente o indirettamente, mediante riferimento ad uno o più elementi specifici, caratteristici della sua identità fisica. Di conseguenza, l’immagine di una persona registrata da una telecamera costituisce un dato personale, poiché consente di identificare la persona interessata. Allo stesso modo, la videosorveglianza che comprenda la registrazione e l’immagazzinamento di dati personali rientra nella sfera d’applicazione della direttiva, poiché costituisce un trattamento automatizzato di tali dati. In secondo luogo, la Corte dichiara che l’esenzione prevista dalla direttiva relativamente al trattamento di dati effettuato da una persona fisica per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico dev’essere interpretata in modo restrittivo. Pertanto, una videosorveglianza che si estende allo spazio pubblico e che, di conseguenza, è diretta al di fuori della sfera privata della persona che tratta i dati non può essere considerata “un’attività esclusivamente personale o domestica”. Applicando la direttiva, il giudice nazionale deve tenere in considerazione, nel contempo, il fatto che le sue disposizioni consentono di valutare l’interesse legittimo del responsabile del trattamento alla protezione dei beni, della salute e della vita propri nonché della sua famiglia. In particolare, in primo luogo, il trattamento di dati personali può essere effettuato senza il consenso dell’interessato, segnatamente quando è necessario alla realizzazione dell’interesse legittimo del responsabile del trattamento. In secondo luogo, una persona non dev’essere informata del trattamento dei suoi dati, se l’informazione di quest’ultima si rivela impossibile o implica sforzi sproporzionati. In terzo luogo, gli Stati membri possono limitare la portata degli obblighi e dei diritti previsti dalla direttiva, quando una siffatta limitazione è necessaria per salvaguardare la prevenzione, la ricerca, l’accertamento e il perseguimento di infrazioni penali o la tutela dei diritti e delle libertà altrui. 11 dicembre 2014

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