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l’Fbi sblocca l’Iphone del terrorista di San Bernardino. Apple: “Il caso non andava aperto”

Il braccio di ferro che per settimane ha visto contrapporsi l’Fbi e la Apple circa lo sblocco del telefonino dell’attentatore di San Bernardino, può dirsi per ora concluso. Il Dipartimento di Stato ha, infatti, ha avuto accesso ai dati dello smartphone senza ricorrere all’aiuto di Cupertino e ha chiesto il ritiro dell’azione legale intentata contro la Apple. Lo sblocco del telefonino con il conseguente accesso ai dati ritenuti “cruciali” dagli investigatori, è stato possibile grazie “al recente aiuto di una terza figura”, la cui identità non à stata divulgata, ha spiegato il procuratore federale della California centrale Eileen Decker. “Fin dall’inizio – risponde Apple in un comunicato stampa – abbiamo contestato la richiesta dell’Fbi di costruire una backdoor nell’iPhone credendo fosse sbagliato e un pericoloso precedenteQuesto caso non avrebbe mai dovuto essere aperto. Crediamo profondamente che le persone negli Usa e in tutto il mondo abbiano il diritto alla protezione di dati, sicurezza e privacy. Sacrificare un principio in nome di un altro pone le persone e i paesi in una posizione di maggiore rischio. Questo caso – aggiunge Cupertino – ha sollevato tematiche che meritano un dibattito nazionale sulle nostre libertà civili, la nostra sicurezza collettiva e la privacy. Apple resta impegnata a partecipare a questa discussione. Noi continueremo ad aiutare le forze dell’ordine con le loro indagini, come abbiamo sempre fatto, e continueremo ad aumentare la sicurezza dei nostri prodotti mentre le minacce e gli attacchi contro i nostri dati diventano più frequenti e più sofisticati”. “Dal punto di vista legale non è detto che la battaglia sia finita”, spiega al New York Times Esha Bhandari, avvocato della American Civil Liberties Union (Aclu), sottolineando che il governo potrebbe rifiutare di condividere le scoperte con la Apple, decidendo che l’informazione è «top secret». 29 marzo 2016

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