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Pagamenti online, la Corte di Giustizia europea: anche ai gestori di telefonia mobile si può vietare di imporre spese al pagatore

Ai beneficiari di un pagamento può essere vietato in maniera generale di imporre spese al pagatore qualunque sia lo strumento di pagamento scelto, un divieto che può applicarsi anche ad un gestore di telefonia mobile. È quanto stabilito da una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Il caso ha origine in Austria. La T-Mobile Austria, fornitore di servizi di telefonia mobile in Austria, prevedeva nelle sue condizioni generali di contratto (nella versione in vigore nel mese di novembre del 2009) l’addebito ai suoi clienti delle spese di gestione in caso di pagamento mediante bonifico online o per mezzo di bollettino cartaceo. Venivano così addebitate spese aggiuntive mensili pari a tre euro ai consumatori abbonati alla tariffa Call Europe che avevano optato per tali modalità di pagamento (ciò non avveniva, invece, per gli abbonati che avevano optato per un pagamento con addebito automatico sul conto bancario o sulla carta di credito). Il Verein für Konsumenteninformation, un’associazione austriaca di consumatori, ritiene che tale pratica sia contraria alla legge austriaca sui servizi di pagamento. Tale legge vieta infatti ai beneficiari del pagamento di imporre spese qualunque sia lo strumento di pagamento scelto. La T-Mobile Austria, invece, sostiene che ad essa non si applicano né tale legge austriaca, né la direttiva dell’Unione che questa traspone (Direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE – GU L 319, pag. 1), dal momento che essa non è un prestatore di servizi di pagamento ma un gestore di telefonia mobile. Inoltre, la T-Mobile Austria sostiene che il legislatore ha, in violazione della direttiva, omesso di motivare il divieto in causa e che un bollettino di pagamento non costituisce uno strumento di pagamento ai sensi della direttiva. Su domanda dell’associazione dei consumatori, i tribunali austriaci di primo e secondo grado hanno inibito alla T-Mobile di inserire la clausola controversa nei nuovi contratti e di farne uso nell’ambito dei contratti esistenti. Investito in ultima istanza della controversia, l’Oberster Gerichtshof (Corte di cassazione austriaca) ha chiesto alla Corte di giustizia di interpretare la direttiva in tale contesto. Nella sentenza la Corte rileva che la direttiva conferisce espressamente agli Stati membri la facoltà di vietare o di limitare tenuto conto della necessità di incoraggiare la concorrenza e di promuovere l’uso di strumenti di pagamento efficaci il diritto del beneficiario di richiedere spese al pagatore per l’utilizzo di uno strumento di pagamento determinato. Tale facoltà si applica all’utilizzo di strumenti di pagamento nell’ambito del rapporto contrattuale instaurato tra un gestore di telefonia mobile (beneficiario del pagamento) e il suo cliente (pagatore). La Corte considera, infatti, che una tale facoltà concerne il rapporto contrattuale instaurato tra un beneficiario e un pagatore e che un gestore di telefonia mobile e il suo cliente possono, quando ricevono o effettuano un pagamento, essere qualificati rispettivamente come beneficiario e pagatore. Peraltro, la Corte considera che il potere degli Stati membri non si limita a vietare di applicare spese per l’utilizzo di uno strumento di pagamento determinato. Al contrario, essa consente altresì agli Stati membri di vietare in maniera generale ai beneficiari di imporre spese al pagatore qualunque sia lo strumento di pagamento scelto, a condizione che la normativa nazionale, nel suo complesso, tenga conto della necessità di incoraggiare la concorrenza e di promuovere l’uso di strumenti di pagamento efficaci. Detto questo, gli Stati membri dispongono nondimeno di un ampio margine di discrezionalità nell’esercizio della facoltà loro conferita. Spetterà all’Oberster Gerichtshof verificare se la normativa austriaca rispetti tale condizione. La Corte precisa inoltre che sia gli ordini di bonifico cartaceo sia gli ordini di bonifico online costituiscono strumenti di pagamento ai sensi della direttiva. Per quanto riguarda l’interpretazione della nozione di strumenti di pagamento, la Corte rileva che sussistono divergenze tra le diverse versioni linguistiche della direttiva. Tenuto conto dell’esistenza di strumenti di pagamento non personalizzati, la Corte constata che la nozione di strumento di pagamento, come intesa dalla direttiva, è idonea a ricomprendere un insieme di procedure non personalizzate, concordate tra l’utente e il prestatore di servizi di pagamento e applicate in occasione della generazione degli ordini di pagamento. La T-Mobile ha chiesto la limitazione nel tempo degli effetti della presente sentenza; secondo una giurisprudenza costante, l’interpretazione che la Corte dà di una norma di diritto dell’Unione, nell’ambito di un procedimento pregiudiziale, chiarisce e precisa il significato e la portata della norma stessa, come deve o avrebbe dovuto essere intesa ed applicata sin dal momento della sua entrata in vigore. Ne deriva che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza che statuisce sulla domanda d’interpretazione, sempreché, d’altro canto, sussistano i presupposti per sottoporre al giudice competente una lite relativa all’applicazione di detta norma La Corte può procedere a una tale limitazione solo in casi eccezionali. A tal fine, è necessario in particolare che i privati e le autorità nazionali siano stati indotti ad adottare un comportamento non conforme al diritto dell’Unione a causa di un’oggettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni del diritto dell’Unione. La Corte constata che tale presupposto non ricorrre nella presente causa, dal momento che la legge austriaca relativa ai servizi di pagamento ha correttamente trasposto le disposizioni pertinenti della direttiva. Peraltro, la T-Mobile non ha dimostrato, dinanzi ad essa, l’esistenza di un rischio di ripercussioni economiche gravi. Di conseguenza, la Corte ha rifiutato di limitare nel tempo gli effetti della sentenza. Immagine in home page: Ansa.it 9 aprile 2014

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