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Responsabilità del Provider, l’inerzia è ingiustificabile

di Maria Letizia Bixio Con una seconda pronuncia dopo la decisione dello scorso 27 aprile sul caso Break Media, il Tribunale di Roma torna ad insistere sul tema della responsabilità dei provider, individuando ancora nuovi elementi atti ad escludere l’esenzione di responsabilità.

La sentenza n. 9026/16 del 5 maggio, vede, infatti, condannata, la piattaforma francese di video-sharing “Kewego” ad un risarcimento danni a titolo di “concorso nella violazione dei diritti di sfruttamento economico” di titolarità esclusiva di un broadcaster italiano.

La prospettiva d’indagine assunta dai giudici romani sul caso sottoposto, si è particolarmente focalizzata sull’onere di attivazione gravante in capo all’intermediario, esame condotto alla luce dei più generali principi di diligenza e ragionevolezza, ritenuti senza dubbio applicabili ad operatori di tal specie.

Le valutazioni proposte, non si discostano da quelle già formatesi sul precedente caso all’attenzione del Tribunale di Roma riguardante la piattaforma Break Media, laddove, il ruolo dell’intermediario continua ad esser ricondotto nel consolidato tracciato delle pronunzie della Corte di Giustizia UE, secondo cui, la neutralità del provider – presupposto per l’applicazione delle limitazioni di responsabilità previste dalla direttiva e-commerce – viene meno ove l’attività svolta implichi un’ottimizzazione e una promozione di dati e di informazioni nei riguardi dei destinatari delle stesse.

In tal senso, ogni qualvolta alla segnalazione di un illecito da parte del titolare dei diritti, l’intermediario non si attivi per interrompere la violazione, evitandone il protrarsi, non si potranno ritenere invocabili esenzioni di responsabilità, laddove, secondo il Tribunale, l’onere di attivazione deve sorgere automaticamente non appena a conoscenza dell’illecito, a prescindere dall’esistenza di un preventivo ordine di rimozione da parte dell’autorità civile o amministrativa.

Tra i passaggi più incisivi della sentenza, si segnala l’interessante puntualizzazione operata dal giudice, nel chiarire come le diffide stragiudiziali inviate dal titolare dei diritti, contenenti la denominazione delle opere multimediali illecitamente pubblicate sulla piattaforma di video sharing, rappresentino strumenti idonei per poter considerare acquisita la conoscenza da parte del provider, idoneità che rende “non giustificabile” il ritardo nella rimozione del materiale illecito protrattosi per “alcuni mesi” dopo le segnalazioni.

 13 maggio 2016

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