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Processo telematico: se le criticità sono “scosse di assestamento”

di Marco Ciaffone Provando a cercare le ultime notizie sullo stato del Processo civile telematico non ci si imbatte in un quadro roseo. “Troppo poco si è fatto per garantirne la piena attuazione”, tuonava a gennaio, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, il presidente della Corte d’Appello di Roma Luciano Panzani. Una presa di posizione alla quale si aggiungeva, a stretto giro, quella altrettanto autorevole del Prof. Guido Alpa, allora presidente del Consiglio Nazionale Forense, in una lettera nella quale invitava il ministro della Giustizia Andrea Orlando a risolvere i “troppi formalismi” che, in materia di documento informatico, discendono dal Codice dell’Amministrazione Digitale e impattano negativamente la normativa del PT. Nel frattempo, si creavano incomprensioni come quella sulla copia cartacea “di cortesia”, il cui mancato deposito a Milano nel febbraio scorso era costato caro ad un avvocato (che ha comunque beneficiato del dietrofront imposto dal presidente del tribunale); lo stesso foro meneghino poche settimane dopo doveva fare i conti con gli atti non depositati per via della casella di posta piena, mentre a Napoli si decideva lo slittamento di un anno delle cause proprio alla luce delle difficoltà che l’introduzione del PCT avrebbe portato nelle prassi giudiziarie. Infine, il “Quadro di valutazione UE della giustizia 2015” piazzava il nostro Paese a metà classifica, evidenziando ciò che ancora resta da fare in tema di giustizia digitale. Eppure, in quella stessa sede si rilanciavano i numeri diffusi dal ministero della Giustizia per un bilancio dello scorso anno: “I dati riferiti al novembre 2014 sulla diffusione in cinque distretti giudiziari del Processo civile telematico indicano una riduzione delle tempistiche relative alla trattazione di un singolo caso che va dal 19 al 60%, con un risparmio stimato in 43 milioni di euro”. In attesa che anche la roadmap europea per il PT entri a pieno regime, sembra dunque un atteggiamento di prudenza verso le critiche più aspre quello che più di ogni altro permette di valutare lo stato dell’arte e le criticità sulle quali sarà opportuno concentrarsi, anche a fronte dei prossimi passi che riguardano la trasformazione digitale della giustizia italiana. “Innanzitutto, più che parlare di tasso di adozione, dovremmo chiarire i dati normativi circa l’esclusività del deposito telematico, e quindi dell’utilizzo del PCT”, spiega l’Avv. Daniela Dondi, Presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Modena: “Dal 30 giugno 2014 le procedure per ingiunzione di pagamento sono obbligatorie; dopo una obbligatorietà parziale (solo per i procedimenti incardinati dal 30 giugno scorso in poi, infatti, era prevista la piena obbligatorietà), dal 31 dicembre 2014 i depositi degli atti endoprocessuali nel contenzioso ordinario sono esclusivamente previsti per via telematica; così per gli atti successivi e, dal 31 marzo 2015, anche per l’iscrizione di tutte le procedure espropriative. Attendiamo ancora, dal 30 giugno 2015, l’obbligatorietà del deposito degli atti successivi nelle Corti di Appello. Fin qui il dato normativo, da tutti gli uffici giudiziari rispettato. Ovviamente, attendiamo la Corte Suprema di Cassazione, la cui valutazione in fase di test dei sistemi informatici è già in avanzato stato di realizzazione”. “A macchia di leopardo, sul territorio nazionale, si trovano trasversalmente aree caratterizzate da carenza di formazione e informazione, così come eccellenze di preparazione ed efficienza”, afferma l’Avv. Andrea Pontecorvo, segretario della Camera civile di Roma, il quale elenca quali siano al momento le maggiori problematiche: “Nelle esecuzioni, come negli ordinari processi di cognizione, le criticità risiedono nella lavorazione della busta difforme da quanto stabilito nella circolare ministeriale del 28 ottobre 2014, emanata proprio per chiarire alcuni punti della normativa; possiamo affermare che essa è rimasta largamente inattuata. Criticità permangono a causa della mancanza di una norma che accolga la facoltà di depositare telematicamente tutti gli atti del processo, evitando così le decisioni di alcuni magistrati che hanno dichiarato la inammissibilità e/o irricevibilità per depositi diversi da quelli obbligatoriamente disposti dal DL 179/12. In altre parole: la criticità risiede nel non aver aperto a tutti gli atti di parte le funzionalità del PCT. Per il resto, non nascondiamo dure critiche ad un sistema tutt’altro che user friendly. Ma a ben vedere, il processo italiano mal si concilia con una forma di interlocuzione telematica più semplice. Sono dunque normali scosse di assestamento, i cui effetti sono amplificati da parte di chi non sembra avere una diretta conoscenza del problema”. “Nell’ottica del nostro lavoro quotidiano – chiosa l’Avv. Maurizio Reale, segretario del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Teramo – non si possono che elencare notevoli risparmi di tempo e di denaro, in assenza di spostamenti fisici nelle varie cancellerie e negli uffici giudiziari, in tutto il territorio nazionale; la possibilità di estrarre e attestare la conformità di quanto presente nel fascicolo informatico; la conseguente possibilità di notificazione in proprio, senza pagamento alcuno di marche per i diritti. A ciò, aggiungiamo un dato di fatto di non poco conto: lo studio legale dell’avvocato supera il confine territoriale del circondario ove esso è ubicato, tanto da estendersi ovunque sia possibile un deposito telematico. Non dimentichiamoci, sul punto, che la domiciliazione fisica non è più necessaria: all’avvocato viene tutto recapitato tramite Pec”. I tre avvocati evidenziano così che “a fronte delle rumorose prese di posizione sui punti di effettiva criticità, su cui tanto oggi leggiamo, vi è la sostanziale, quotidiana normalità di proficua applicazione del PCT da parte di decine di migliaia di avvocati, cancellieri e magistrati (a tacere di altri soggetti abilitati esterni) che hanno studiato le norme e sanno far tesoro delle nuove tecnologie. Solo che questa maggior parte è anche la meno rumorosa. Oltre che quella da cui pervengono i più interessanti dati per apportare le necessarie migliorie al sistema”. E sulla copia cartacea di “cortesia” non hanno dubbi: “Non è mai stata obbligatoria. Le nuove modalità di interlocuzione telematica con gli uffici giudiziari, pur con tutti i problemi, hanno dimostrato come l’avvocatura sia sempre stata in prima fila nelle innovazioni, finanche assumendosi il notevole peso di una formazione ormai non più solo giuridica, ma anche e soprattutto tecnica. Di più, l’avvocatura ha messo in evidenza molte problematiche, contribuendo alla relativa soluzione. Alla prova dei fatti, una categoria che, dati dei depositi alla mano, ha superato il primo impatto di una obbligatorietà che ha spostato sulle spalle degli avvocati l’introduzione di dati processuali nei sistemi ministeriali, dati che prima venivano inseriti dal personale amministrativo del ministero della Giustizia stesso”. E se una eventuale mancanza di collegamento dovesse rendere impossibile il rispetto delle disposizioni sul PCT? C’è sempre la possibilità di ricorrere ad una deroga che riporta temporaneamente alla carta. Utili consigli sulla materia e la possibilità di confronto continuo sono infine a disposizione sul gruppo Facebook dedicato al PCT .

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