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Roma Capitale Digitale? Gambino: ancora molto da fare. Tra i candidati sindaco, bene Giachetti che vuole il Chief Technology Officer

Professore Gambino, lei è il Presidente dell’Accademia Italiana del  Codice di Internet (IAIC), un’associazione scientifica composta di accademici, professionisti e giovani studiosi di tutta Italia e di respiro anche internazionale, che dal 2014 si occupa di  approfondire le tematiche legate al diritto e all’economia delle nuove tecnologie. Ad esempio lo scorso 30 aprile si è celebrato l’Internet Day e in quell’occasione l’Agenzia per l’Italia Digitale ha dato il via alla  campagna di comunicazione istituzionale dedicata al Sistema Pubblico di  Identità Digitale (SPID). Anche IAIC se ne è occupata? Può dirci di che  si tratta?

Con i fellows di IAIC siamo finora riusciti ad affrontare la maggior parte delle questioni giuridiche ed economiche legate all’uso di Internet e delle nuove tecnologie, attraverso seminari, incontri, audizioni presso le Commissioni parlamentari competenti.

Abbiamo avuto modo di occuparci anche di Spid, in particolare attraverso i numerosi contributi pubblicati sulla Rivista scientifica di riferimento, Diritto Mercato Tecnologia (DIMT), cercando di valorizzarne gli aspetti positivi ed individuando le aree di miglioramento.

Spid, che sta per Sistema Pubblico di Identità Digitale, può essere definito come un sistema di autenticazione con un’unica password per l’accesso ai servizi on-line delle Pubbliche Amministrazioni e dei soggetti privati aderenti.

Spid viene visto come una delle rivoluzioni digitali che, insieme alle altre in corso, come l’Anagrafe Unica e il Fascicolo sanitario elettronico, mira a snellire le procedure amministrative e, in questo senso, a creare numerosi vantaggi, anche economici, per i cittadini e per le imprese, soprattutto grazie all’abbattimento dei costi di eventuali intermediari e all’accelerazione delle tempistiche per il conseguimento di provvedimenti di diversa natura.

In termini più semplici, Spid ha l’obiettivo di attuare il grande cloud degli Uffici amministrativi e dei servizi pubblici, di talché il cittadino – o l’impresa- possa accedere, con un unico profilo (e quindi sempre con le stesse credenziali) a qualsiasi servizio on-line gli occorra (dalla verifica della propria posizione previdenziale all’Inps al pagamento delle cartelle Equitalia inevase, passando per il controllo dello stato di avanzamento delle procedure di rilascio di titoli abilitativi o autorizzativi).

Da molto tempo si parla di “rivoluzione digitale”, ma l’Italia continua ad essere al quart’ultimo posto del Digital Economy and Society Index. Perché persistono queste difficoltà e quali sono le criticità di Spid che avete individuato?

Di rivoluzioni digitali, soprattutto della Pubblica Amministrazione, se ne è cominciato a parlare nel 2005, con il Codice dell’Amministrazione Digitale e ancora se ne continua a parlare con le deleghe attuative della recente riforma Madia sulla Pubblica Amministrazione.

Le principali difficoltà che rallentano la piena attuazione del processo di digitalizzazione delle Pubbliche Amministrazioni risiedono nella complessità degli aspetti coinvolti e che inevitabilmente devono essere trattati e disciplinati con molta attenzione.

Prendendo ad esempio lo stesso Spid, innanzitutto si presenta un problema di carattere squisitamente tecnico: c’è bisogno di un gestore (un Identity Provider) dotato di un livello tecnologico sufficiente per poter fronteggiare l’immensa attività che si prospetta.

Al momento, il cittadino o l’impresa che intende attivare Spid può fare riferimento solamente a tre Identity Provider: Poste, Tim e Infocert, gli unici in grado di garantire i cinque milioni di capitale sociale previsti dai regolamenti attuativi, e posti a garanzia della solidità aziendale e dell’efficienza del servizio reso.

In realtà, proprio su questo ultimo punto si è recentemente pronunciato il Consiglio di Stato, anticipando quello che – verosimilmente – diventerà un’altra questione di cui occuparsi, di natura concorrenziale, al termine dei due anni di sperimentazione e che, quasi sicuramente, si presenterà in tutto il suo vigore allorché Spid cesserà di essere gratuito e diventerà a pagamento.

Altro problema che ha rallentato l’attuazione della rivoluzione digitale è certamente la delicata questione del trattamento dei dati personali: con Spid non sarebbe consentito il trattamento dei dati né per la profilazione né a scopo pubblicitario, ma è anche vero che i regolamenti attuativi prevedono che ogni Identity Provider possa seguire il proprio modello di business, e quindi è facile immaginare che, a pieno regime, si possa trovare qualche modo per lucrare dall’uso di questi dati senza eludendo la normativa.

D’altro canto è anche questo uno dei motivi per cui, almeno al momento, non è previsto che Spid sostituisca integralmente la Carta Nazionale dei Servizi (per intendersi: la Tessera Sanitaria con il microchip incorporato).

Affinché i cittadini e le imprese possano usare Spid per l’accesso ai servizi pubblici comunali occorre che sia lo stesso Comune ad aderire al sistema e a fornire il servizio on-line. Pensa che questo possa rappresentare un altro motivo di resistenza al funzionamento del sistema, in aggiunta a quelli da lei già citati?

Certamente dovrebbe stupire il fatto che finora siano stati pochissimi i Comuni che hanno aderito al sistema, nonostante ci sia l’obbligo di legge, rivolto a tutti gli enti pubblici, di ottemperare entro la fine di 2017.

In realtà quello che stupisce ancora di più è che nella lista – piuttosto corta – dei Comuni aderenti non compaiano le grandi città, come Roma. Siamo prossimi alle elezioni amministrative, dopodomani si andrà al voto, ed è facile notare come pochissimi candidati Sindaco abbiano inserito nel proprio programma elettorale la digitalizzazione dei servizi pubblici comunali.

Per essere più precisi: da Giachetti alla Raggi, da Meloni a Marchini, e anche Fassina, tutti hanno indicato come soluzioni ai principali problemi della città l’uso delle nuove tecnologie.

Purtroppo, però, una cosa è pensare di predisporre semafori e tombini intelligenti, telecamere di controllo in remoto o applicazioni di info-mobilità: tutte proposte molto belle e molto utili, in particolare quelle citate si riferiscono ai programmi della Raggi e di Marchini.

Ben altra cosa, però, è la strutturale, radicale e totale digitalizzazione dei servizi pubblici che il Comune deve rendere al cittadino e alle imprese, e cioè quello che comporterebbe Spid.

Sotto questo profilo, mi pare che solamente due candidati si siano spinti fino ad elaborare questo tipo di proposta: Giachetti, addirittura immaginando un Chief Technology Officer, un coordinatore interno deputato proprio alla supervisione del processo di conversione in digitale dei sevizi resi dal Comune, e la Meloni che però sconta il fatto di aver circoscritto la proposta al solo settore turistico.

Non si potrebbe invece essere d’accordo con chi, come Fassina, ha deciso di bypassare l’argomento, ritenendolo non prioritario.

Ho cercato di rappresentare i numerosissimi vantaggi che la rivoluzione digitale in generale, e Spid in particolare, potrebbero recare ai cittadini e alle imprese, in termini non solo economici ma anche di miglioramento di qualità della vita.

D’altro canto, in qualità di Presidente di un’associazione scientifica che si occupa proprio di queste tematiche non posso che sensibilizzare verso questo tipo di approccio e, pertanto, spero che anche Roma abbia presto la possibilità di dirigersi verso questi obiettivi.

Nel frattempo, qualora qualche ascoltatore fosse interessato ad approfondire le questioni di cui oggi abbiamo parlato, gli suggerisco di visitare i siti dell’Accademia: www.iaic.it e www.dimt.it, dove poter trovare ulteriori spunti, oppure seguire i suoi profili social Facebook, Twitter e LinkedIn, per tenersi aggiornati sulle ultime novità.

L’intervista al Prof. Avv. Alberto Gambino, Prorettore dell’Università Europea di Roma, Presidente dell’Accademia Italiana del Codice di Internet (Iaic), è andata in onda su Radio Roma Capitale nel corso della trasmissione Buongiorno Roma del 3 giugno 2016.

3 giugno 2016

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