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Costituzionalizzazione del diritto di accesso ad Internet, l’Accademia in audizione al Senato: “Primo fondamentale passo”
“L’accesso alla rete per tutti i cittadini è condizione essenziale, nell’attuale contesto tecnologico, per una effettiva parità di condizioni e per un pieno esercizio dei diritti di cittadinanza. In quest’ottica, l’esplicito riconoscimento del diritto d’accesso ad Internet nell’ambito della Costituzione è un primo, fondamentale passo, per dare una indispensabile cornice giuridica alle molte – ma spesso poco sistematiche – iniziative per superare i gap infrastrutturali, tecnologici e culturali dei quali l’Italia soffre rispetto alla media dei paesi europei”. È quanto ha sostenuto il professor Alberto Gambino, presidente dell’Accademia Italiana del Codice Internet, intervenendo nel pomeriggio di giovedì 14 maggio 2015, assieme al professor Augusto Preta (membro del Comitato direttivo) e all’avvocato Marco Cappa (Junior Fellow), alla Commissione Affari Costituzionali del Senato nell’ambito di un’audizione sui disegni di legge costituzionale 1561 e 1317 (diritto di accesso a Internet). Giudicando preziosa l’iniziativa del Parlamento, Gambino ha condiviso a nome di IAIC la scelta di inserire l’accesso a Internet tra i diritti sociali, intervenendo a questo scopo sull’articolo 34 della Costituzione (soluzione sostenuta nel ddl 1561 in discussione) e conferendo così all’accesso alla rete la qualifica di bisogno essenziale e la stessa dignità del diritto alla salute, alla ricerca, all’istruzione. “Definire un perimetro di norme costituzionali – ha sottolineato Gambino – costituisce un’importante opportunità di crescita e di sviluppo nella direzione tracciata dall’Unione Europea nell’Agenda digitale 2020 e può dare impulso alla realizzazione dell’Agenda digitale italiana, prevedendo che l’accesso alle rete avvenga in modo neutrale, in condizioni di parità e e con modalità tecnologicamente adeguate. In pratica, imponendo al legislatore di non arretrare su tematiche ancora oggi non pacificamente definite”. “Dare rango costituzionale al principio di neutralità della rete – ha in ogni caso avvertito Gambino – non è senza conseguenze. Impedire agli operatori di adottare politiche di gestione del traffico discriminatorie, se rappresenta una garanzia per tutti gli utenti, può incidere sul rapporto tra espansione della banda larga e redditività degli investimenti e obbliga lo Stato a un maggior impegno per assicurare lo sviluppo dell’infrastruttura adeguata al superamento del digital divide. Non solo: la previsione costituzionale del diritto all’accesso alla rete, secondo Gambino, presuppone anche una ridefinizione del concetto di servizio universale, includendo sotto la sua copertura anche la connessione ad Internet a banda larga e quella connettività qualitativamente elevata necessaria allo sviluppo del mercato dei nuovi servizi e delle nuove applicazioni online”.