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L’Agenda digitale ha bisogno di un ministro?

“Quella del digitale è una partita che Palazzo Chigi deve ripensare seriamente e rapidamente”. L’appello arriva dalle colonne dell’odierna edizione di “Affari e Finanza” all’interno di un’inchiesta firmata da Stefano Carli. Dopo aver definito “un buon segnale” la nomina di Antonio Samaritani a nuovo direttore generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale (“non lascia l’Agid neanche un’ora senza un capo”), si sottolinea infatti, senza giri di parole, il fatto che la scelta di un tecnico sarebbe la spia che il governo è consapevole “che la partita politica sul digitale si gioca su un altro piano. Ed è una partita che inizia ora: il governo deve dare una delega forte sul digitale, se no il processo non si sblocca, i prossimi passaggi dopo la fatturazione elettronica (che pure è stata un discreto successo) non vanno avanti, azzoppando la spending review di Yoram Gutgeld” e finendo per gettare un cono d’ombra anche sul piano Banda ultralarga. Quest’ultimo, arrivato insieme al Crescita 2.0 il 4 marzo scorso (in proposito, sono scadute le 4-8 settimane indicate allora da Andrea Guerra, consigliere per le politiche industriali di Matteo Renzi, per il decollo del piano, “o non ce la si fa”) e sul quale si sta per riaprire la consultazione pubblica, ha ampliato i compiti dell’Agid, “ma la struttura dell’Agenzia è rimasta quella di prima: troppe persone, deficit di competenze, ruoli definiti e poco potere. E fuori di Agid, sopra, sotto e a fianco, le cose non sono andate meglio”. Carli elenca così tutti gli organismi e le figure che compongo il quadro della governance digitale italiana: dal Comitato di Indirizzo dell’Agenzia presieduto da Stefano Quintarelli al ministro della Pa Marianna Madia affiancata da Paolo Coppola, passando per Paolo Barberis (consigliere di Renzi), Raffaele Tiscar (vicesegretario generale alla Presidenza del Consiglio dei ministri), Antonello Giacomelli (sottosegretario allo Sviluppo Economico) e Claudio De Vincenti, che da pochi giorni ha raccolto il testimone da sottosegretario alla Presidenza del Consiglio di Graziano Delrio (il quale nell’ottobre scorso definì “una governance da manicomio” quella dell’Agid). “Ogni decisione in merito ad ogni singolo passaggio della digitalizzazione della Pa deve passare per il ministro competente”, aprendo alla possibilità di “veti incrociati” che lasciano senza risposta una domanda: “chi decide? In questa specie di consociativismo ministerial-burocratico – chiosa Carli – alla fine non decide nessuno. O meglio, decide di fatto il partito trasversale della non scelta”. La conclusione è che “la politica deve farsi carico di Agid in modo più forte”. E se da parte sua Coppola ha raccolto 300 firme per l’istituzione di una Commissione parlamentare permanente per il digitale, Carli sostiene “l’ingresso del digitale direttamente nel Consiglio dei ministri, un viceministro da mettere nella Funzione pubblica, o anche un sottosegretario con deleghe. Qualcuno che si occupi di questo a tempo pieno. E che abbia il potere politico di farle rispettare”. Di fatto, la proposta lanciata da Antonio Palmieri, deputato di Forza Italia e responsabile Innovazione del partito, a poche ore dalle dimissioni di Alessandra Poggiani dalla guida dell’Agid. Con una nuova figura all’interno del Consiglio dei Ministri dedicata al digitale, secondo Carli, “l’Agid potrebbe serenamente dedicarsi a produrre soluzioni e indirizzi”. Quelli che serviranno sui dossier sopra menzionati e su quelli, altrettanto rilevanti, di Italia Login e anagrafe unica. 4 maggio 2015

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