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Brevetti, vaccini e salute pubblica. Intervista al Prof. Avv. Giovanni Cavani

La redazione di DIMT ha intervistato il Prof. Avv. Giovanni Cavani in merito al Tech Talk Brevetti, vaccini e salute pubblica, tenutosi giovedì 11 marzo 2021, tramite link Meet. L’avvocato si è dedicato essenzialmente a questioni inerenti il diritto della proprietà industriale ed intellettuale e diritto antitrust. Professore a contratto di diritto industriale e di diritto dei contratti commerciali presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, dipartimento di Economia e di Giurisprudenza.

 

 

 

Come nasce e a quali esigenze risponde l’evento Brevetti, vaccini e salute pubblica ? A quali domande ha provato a dare risposta?

L’evento trae spunto dalla scarsità nel rifornimento dei vaccini, da più parte denunciata, e che causa gravi ripercussioni sulla salute della popolazione. Per rimediare a tale scarsità si è sollecitata, anche in ambito WTO, una generale “sospensione” dei brevetti che le case farmaceutiche hanno richiesto sui vaccini da loro messi a punto. In realtà le voci che si sono levate a favore di questa “sospensione” dimostrano di non aver ben chiaro il quado normativo esistente, sia sul piano delle Convenzioni internazionali (TRIPS in primis) sia su quello della legislazione nazionale in materia brevettuale. Il convegno è nato appunto per tentare di chiarire i termini di un dibattito che, complici gli animi esacerbati dalla lunga pandemia, rischia di essere fuorviante.

Nel corso dell’incontro è stato detto come soluzioni draconiane volte ad imporre coercitivamente limiti ai diritti esclusivi dei titolari di brevetti su vaccini siano, per quanto teoricamente legittime in linea di stretto diritto (si pensi alla facoltà dello Stato, prevista dall’art. 141 del codice della proprietà industriale, di procedere all’espropriazione del brevetto, anche per il suo solo uso, qualora sussistano, come certo sussistono nel caso attuale , ragioni pubblica utilità), appaiano tuttavia di difficile attuazione pratica. Sia per gli ostacoli politici che si frappongono alla loro adozione (si è conclusa proprio ieri con un deludente nulla di fatto la riunione del Consiglio del WTO convocato per disporre appunto una generale sospensione dei brevetti sui vaccini a livello mondiale; e quindi è arduo immaginare che a livello nazionale si voglia, come pur sarebbe teoricamente possibile, adottare una misura così drastica); sia per quelli squisitamente commerciali (non è certo che i concorrenti siano davvero interessati ad aprire una guerra commerciale con i titolari di brevetto, accedendo alla licenza obbligatoria resa autoritativamente disponibile); sia per quelli più propriamente tecnici: la messa a punto della produzione di un vaccino, una volta superato l’ostacolo brevettuale, resta comunque una strada in salita che richiede impianti e know how non disponibili in tempi rapidi.

Non resta altro quindi che esercitare, sia a livello nazionale sia, soprattutto, a livello comunitario, una forte pressione sulle case farmaceutiche titolari di brevetti perché li condividano, su base volontaria e negoziale, con le (poche) imprese concretamente in grado di produrre in tempi veloci i relativi vaccini.

 

 

L’esclusività del brevetto, a Suo avviso, come trova equilibro con la produzione dei vaccini per la salute dell’uomo?

Si tratta di un (enorme) problema di carattere generale che la pandemia ha riportato in auge: viene prima la salute dell’uomo, o vengono prima gli interessi delle imprese che innovano e brevettano i risultati dell’innovazione? Messa in questi termini la questione è in realtà mal posta e si presta a soluzioni in cui tendono a prevalere posizioni e preconcetti di tipo ideologico. E’ fuor di dubbio che il sistema dei brevetti non possa esser gettato alle ortiche dato che esso contribuisce certamente ad incentivare la ricerca anche in campo farmaceutico, nel quale sono richiesti investimenti di grandissima entità. Detto questo, mi pare irrealistico e comunque controproducente, introdurre radicali eccezioni alla brevettabilità dei vaccini così come dei numerosi altri farmaci pur “salva-vita”. A tacer del fatto che una simile limitazione, dai confini così ampi, sarebbe in contrasto con le norme dei TRIPS (specie l’art. 30), credo che resti doveroso un penetrante controllo “politico” sulla gestione dei brevetti in questo settore. Intendo dire che esistono numerosi mezzi di persuasione (o di moral suasion, come si usa dire), fatti di incentivi e disincentivi, economici e non solo, che le autorità politiche, nazionali e ancor prima internazionali hanno a disposizione per “convincere” le imprese farmaceutiche a essere più “sensibili” nei confronti della salute pubblica. Certo, mi rendo perfettamente conto di quanto forte sia il fronte della lobby farmaceutica e di quanto forte sia la tendenza di parte degli Stati a non ostacolarla a dovere (o addirittura assecondarla: e si veda appunto la deludente conclusione del Consigli WTO di ieri).

Non sottovaluterei d’altro canto la possibilità di interventi antitrust per contrastare le eventuali situazioni di abuso di posizione dominante da parte delle imprese farmaceutiche titolari di brevetti. E rilevo che, mentre le autorità politiche (nazionali e sovranazionali) possono più facilmente essere condizionate dalla pressione della lobby farmaceutica, ben diversamente deve dirsi per le Autorità antitrust; le quali, sia a livello nazionale sia a quello dell’Unione Europea, hanno dimostrato più volte di non lasciarsi sottomettere dai “poteri forti” di questo o quel settore industriale.

 

 

Può descriverci come sono cambiati i tempi in relazione alle invenzioni legate alla salute umana? La compatibilità del sistema dei brevetti, con le nuove dinamiche di creazione dei vaccini, è ad oggi efficiente e in linea con le necessità dell’uomo? A Suo avviso, quali sono gli aspetti di maggiore criticità?

C’è una domanda di riserva?. Scherzi a parte, il tema è di centrale interesse e non può essere affrontato in uno spazio così breve. Mi limito a dire che il diritto (anche quello dei brevetti) è, come si sa, una sovrastruttura che regola, di solito in ritardo sui tempi, la struttura sottostante. Così come è accaduto per le invenzioni e i relativi brevetti in campo biotecnologico, anch’essi lungamente e fortemente osteggiati da una larga parte dell’opinione pubblica, e per i quali si sono introdotti gli opportuni adattamenti (e limiti) all’interno del sistema brevettuale, penso che analoga soluzione ben potrebbe esser adottata nel campo della farmaceutica di ultima generazione, quella più legata alle sorti della salute pubblica. E’ una strada assai lunga: ma, come diceva Mao Tse Tung,  ogni lunga marcia comincia con un piccolo passo. Mettiamoci quindi in cammino!!

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