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Broadening Horizons in Crypto-assets: Convention, Investment, Ownership. Intervista ai Prof. Avv. Giulio Sandrelli e Andrea Guaccero

In occasione dell’evento Broadening Horizons in Crypto-assets: Convention, Investment, Ownership DIMT ha intervistato i Professori Avvocati Andrea Guaccero, ordinario presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi Roma Tre, dove insegna Diritto commerciale ed Anglo-American Company Law, e Giulio Sandrelli, ricercatore presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi Roma Tre, dove insegna Diritto commerciale e Diritto dei contratti commerciali.

 

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Il Prof. Avv. Giulio Sandrelli

 

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Il Prof. Avv. Andrea Guaccero

 

Come nasce e a quali principali domande vuole dare risposta l’evento Broadening Horizons in Crypto-assets: Convention, Investment, Ownership?

Quasi ogni giorno, anche in Italia, vengono organizzati eventi, di vario taglio e formato, nei quali sono affrontati profili giuridici in materia di cripto-valute, tokens, smart contracts, piattaforme decentralizzate. Molte di queste iniziative hanno finalità didattiche, qualche volta divulgative, oppure sono specificamente orientate all’ambito professionale o della consulenza, coprendo aspetti di legislazione specifica utili nella pratica, ma senza una attenzione sufficiente al dato comparatistico e senza un respiro “di sistema”.

Il nostro seminario nasce con due finalità. Da un lato, si propone di coprire – all’interno di quello che è ormai l’universo dei crypto-assets – aspetti ancora poco arati e per così dire “di frontiera”: si pensi alle valute digitali emesse da banche centrali, ai fondi di crypto-asset, al progetto di regolamento europeo “DORA”, ai NFTs. Dall’altro, essendo rivolto a un pubblico (anche) accademico, vuole essere l’occasione per “fare il punto” su fenomeni che sempre più interrogano i fondamenti del nostro ordinamento, sia finanziario, sia bancario, sia più in generale privatistico, con attenzione alla comparazione fra iniziative regolatorie che sono allo stato molto diverse (pensiamo al progetto di regolamento europeo sui crypto-assets, c.d. MiCA, alle disomogenee iniziative di legislazione nazionali dei singoli Stati membri, agli orientamenti della giurisprudenza e delle autorità di vigilanza americane).

 

 

Nel Vostro intervento parlerete di NFT – token non fungibile(non-fungible token, o NFT), un tipo speciale di token crittografico che rappresenta qualcosa di unico, una rappresentazione di una risorsa fisica o digitale che esiste solo su Internet. Le prospettive giuridiche e legali, riguardanti questa particolare innovazione digitale, sono attualmente in evoluzione e, nel panorama attuale di discussione, ci sono più domande che risposte. Partendo da una generica definizione di un NFT, quali diritti sono necessari per una persona per creare o coniare un non-fungible token? Quali diritti conferisce all’acquirente l’acquisto di una NFT?

Le prospettive giuridiche dei NFTs sono in effetti ancora tutte da elaborare. Anche solo un anno fa, nessuno avrebbe probabilmente pensato di trattarle in un seminario o in un paper. Per la verità, la sensazione è che ormai la vague dei non-fungible token induca a chiamare in questo modo strumenti che non hanno quelle caratteristiche di unicità e autenticità che connotano i token in questione.

Sul piano tecnico, siamo in presenza di token che – non diversamente dalle criptovalute – circolano su piattaforme DLT (prevalentemente Ethereum). Diversamente dalle criptovalute, però, non hanno un valore intrinseco, ma sono associati a metadata che rappresentano, secondo i casi, beni digitali “nativi” (si pensi alle note opere d’arte digitale che hanno fatto la fortuna di questo strumento – e dei loro autori; ma anche ad altri “oggetti” digitali da collezione, come figurine, marbles, video con highlights sportivi, brani musicali, sneakers e altri capi d’abbigliamento, personaggi di videogames, shootings dietro le quinte), oppure – ed è questa secondo noi l’applicazione più stimolante e innovativa – diritti riferiti a beni e servizi del mondo reale: partecipazioni a eventi, ma anche diritto di realizzare capi d’abbigliamento disegnati virtualmente, diritti di utilizzo di smart properties, forme di “comproprietà” su immobili o addirittura su preziosi.

L’idea alla base del NFT è quella di fornire un certificato di autenticità a un’opera d’arte (o altro bene “unico”) che il token rappresenta, così che sarebbe riconoscibile l’opera originale da quella contraffatta. Poi le applicazioni si sono appunto ampliate molto, e vanno assumendo una connotazione sempre più finanziaria: del resto, la famosa opera di Beeple battuta all’asta da Christie’s al prezzo record di 69 milioni di dollari fu acquistata da un fondo di investimento di Singapore…

Leggendo i termini e condizioni delle piattaforme che “emettono” NFTs, oppure offrono agli utenti di creare il loro NFT (c.d. minting), si ha l’impressione di avere a che fare con veri e propri “oggetti” digitali che, come le “cose” del mondo reale, possono formare oggetto di diritti, anzitutto di proprietà.

In realtà, questa ricostruzione rischia di essere fuorviante. Innanzitutto, l’idea che l’utente sia “proprietario” dell’asset rappresentato dal token (si pensi a uno dei celebri Cryptokitty) può ingenerare confusione, perché quell’utente è in realtà spesso soggetto a tali e tante restrizioni e limitazioni di utilizzo del suo NFT (la piattaforma, in certi casi, può addirittura eliminarlo), che ci pare più corretto ritenerlo un creditore di certe prestazioni contrattuali esigibili dal gestore della piattaforma, anziché un proprietario.

Dall’altro lato, è illusorio pensare che la proprietà di un bene sottostante il NFT si trasferisca per effetto della circolazione del token su piattaforma, come se si trattasse di una polizza di carico o di una vecchia cambiale. Pensiamo all’immobile o a crediti verso terzi: per trasferire questi beni, sarà sempre necessario “passare” dalle norme comuni che disciplinano la cessione del credito, o stabiliscono le forme previste per il trasferimento della proprietà su un immobile.

Queste considerazioni hanno conseguenze applicative rilevanti: essere proprietari del “sottostante” il NFT oppure meri creditori verso l’emittente del NFT fa una grande differenza – per esempio – in caso di fallimento della piattaforma (qualcosa che abbiamo sperimentato in Italia con il caso Bitgrail) o di successione del “proprietario” dei token.

 

 

A Vostro avviso, in che modo la blockchain può aiutare i creatori di contenuti rappresentati dalle NFT?

La blockchain, grazie alle sue proprietà tecnologiche, offre garanzie indubbie di certezza nell’attribuire univocamente i metadata al token, ponendo così l’utente al riparo da rischi di contraffazione o alterazione delle caratteristiche digitali dei dati; inoltre, come noto, la blockchain previene fenomeni di double spending nella circolazione dei “gettoni”. In ciò, le potenzialità dei NFT – sia per i creatori di contenuti digitali sia per le applicazioni riferite ai beni del “mondo reale” – sono notevoli.

Non bisogna però coltivare l’illusione che la blockchain possa “fare a meno” del diritto. Oltre a quanto osservavamo sopra, basta considerare qualche caso recente (tutt’altro che isolato): alcuni artisti digitali si sono visti “tokenizzare” opere senza il loro consenso, oppure hanno visto circolare copie contraffatte dei loro lavori. Per non dire dei rischi di sicurezza della rete – tema, questo affrontato dalla prof.ssa Claudia Sandei nel nostro seminario – dovuti a episodi di hacking o furto dei codici digitali. Le corti inglesi e americane hanno già dovuto cimentarsi più volte con le richieste di “proprietari” di criptovalute che cercavano di rivendicarle presso terzi acquirenti ignari.

L’armamentario dei rimedi rimane dunque necessario e va semmai adattato, anzitutto attraverso un’opera di attenta interpretazione, alle caratteristiche tecnologiche e funzionali dei nuovi strumenti.

 

 

Ritenete che i NFTs pongano sfide nuove alla vigente disciplina del diritto d’autore?

Non c’è dubbio che uno dei temi di principale attenzione ai fini della regolamentazione dei NFTs sia quello della protezione del diritto d’autore. Si tratta di un profilo molto delicato che potrebbe interessare, prima che riforme legislative, codici di condotta ed elaborazione di prassi.

La circolazione del token e la intermediazione della piattaforma realizza degli obiettivi molto utili dal punto di vista degli autori, dei creatori dell’opera: consente loro, infatti, di ottenere il pagamento di una royalty che remuneri la loro attività creativa in occasione di ogni trasferimento dell’opera. Allo stesso tempo, però, non si deve dimenticare che la circolazione sulla blockchain dell’asset tokenizzato avviene separatamente dalla circolazione del diritto d’autore, che rimane in capo al creatore dell’opera, mentre l’acquirente del NFT acquista il diritto a utilizzare quest’ultima, con forme e limiti stabiliti in un contratto di licenza sottoscritto con la piattaforma e non direttamente con l’autore.

Ciò dà luogo a possibili conflitti, qualora, ad esempio, il token circolasse ma gli acquirenti successivi si ritenessero non vincolati dal contratto di licenza originariamente sottoscritto tra il primo acquirente e la piattaforma; ma anche, all’inverso, qualora il proprietario di un NFT avesse a dolersi perché l’autore dell’opera la ha replicata e tokenizzata altrove.

Sono temi che, specialmente in ambito statunitense, cominciano a essere studiati e presto dovrà accadere anche in ambito europeo, nell’auspicio che anche le condizioni contrattuali applicabili possano tenere adeguato conto delle esigenze di tutela degli autori e degli utenti.

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