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Caso Vincent Lambert, Gambino intervistato da Radio InBlu

Come riporta Vatican News, il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità ha chiesto alla Francia di non interrompere la somministrazione dell’idratazione e dell’alimentazione di Vincent Lambert, un cittadino francese tetraplegico di 42 anni, ricoverato nell’ospedale di Reims in seguito ad un incidente stradale nel 2008 e che per alcuni medici è in stato vegetativo, mentre per altri si trova in stato di coscienza minima.

Alberto Gambino, giurista e direttore scientifico di Diritto Mercato Tecnologia, è intervenuto a Radio InBlu per approfondire la questione.

“In effetti la Convenzione sui disabili prevede che non si possa rifiutare l’alimentazione e l’idratazione a persone con disabilità. Ora qui si fa un discorso un po’ così, da giuristi forse neanche di alto livello. E cioè si dice che in realtà qui tecnicamente non sarebbe una disabilità, ma una persona tetraplegica che non è in grado di sostentarsi avrebbe un’altra configurazione giuridica”.

“A me sembra che la sostanza della Convenzione Onu è molto chiara, e quindi da questo punto di vista si sta cercando di aggirare un principio, che è quello dei pacta sunt servanda, e cioè che i patti internazionali vanno comunque rispettati da parte degli stati membri”.

“Io qui vedo che c’è una durezza di fondo, un po’ come fu il caso Alfie in Gran Bretagna. E cioè, non è acclarata qui una sofferenza, non siamo davanti ad un disagio da un punto di vista del dolore, perché è evidente che se così fosse ci troveremmo davanti anche a forme di accanimento terapeutico, che vanno sempre rifiutate. Qui invece ci troviamo davanti ad uno stato che si dice vegetativo, persistente, di una persona che però vive, esiste, sente probabilmente una presenza umana intorno a lui. E quindi da questo punto di vista non si riesce proprio a comprendere qual è il valore per cui invece andrebbe interrotta questa esistenza.

“Ripeto, ci fosse una sofferenza, saremmo tutti qui a cercare di alleviarla o addirittura eliminarla, ma non siamo in questa presenza. L’intenzione, sembrerebbe, è un po’ legata al concetto di qualità della vita: cioè sembra che questa vita, in fondo, non sia degna di essere vissuta. C’è un giudizio dall’esterno di una vita che viceversa soltanto chi in quel momento la incarna può provare a dare un giudizio. Evidentemente non è capace di darlo ma non è in una situazione di sofferenza. E quindi andrebbe invece accompagnata, accudita. Non è una situazione di fine vita, in altri termini”.

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