skip to Main Content

La pandemia e il problema tecnologico

Il COVID-19 non è un problema tecnologico e non si risolve con una app. L’analisi è di AlgorithmWatch, no profit berlinese molto attenta a studiare i sistemi decisionali automatizzati e l’impatto delle tecnologie sui diritti dei cittadini.

Le soluzioni di monitoraggio via app adottate da Singapore, Corea del Sud e Taiwan, spesso citate come modelli di riferimento per tenere sotto controllo l’epidemia, avevano tutti piani in atto, molti dei quali progettati dopo l’epidemia di SARS del 2003. Come dire, non partivano da zero, sia sotto il profilo delle infrastrutture, dei procedimenti di raccolta dati e sopratutto della cultura digitale.

Secondo l’autore del report Fabio Chiusi le risposte all’epidemia vanno oltre le soluzioni tecniche: significa avere risorse, competenze, una strategia e la legittimità politica e la volontà per mettere “a terra” quanto deciso.

Se guardiamo fuori dall’Italia, sono state proposte e implementate diverse soluzioni di contact tracing in diversi paesi: si va dal controllo sociale autoritario (Cina) a soluzioni decentralizzate e orientate alla privacy (il “percorso sicuro” del MIT).

Come recentemente è stato chiarito dal Comitato europeo per la protezione dei dati devono essere rispettati i principi di necessità, proporzionalità, limitazione delle finalità anche di fronte a un’emergenza di sanità pubblica. Per esempio, i cittadini devono essere in grado di presentare ricorso contro qualsiasi decisione presa da un sistema automatizzato relativo a COVID-19. Pensiamo al coso in cui sia un algoritmo a decidere se qualcuno è stato in contatto con una persona infetta e quindi sottoposto a quarantena. Serve trasparenza nel software, come prescritto dalla GDPR, per non consentire a black box di decidere in modo autonomo in una materia così delicata come quella sanitaria.

Continua a leggere su Il Sole 24 ORE.

Back To Top