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Ddl su Biotestamento, testo contraddittorio foriero di contenzioso milionario per medici e strutture sanitarie

Un ddl irto di delicate questioni rimaste irrisolte nei lavori in  Commissione, è quello in discussione alla Camera sulle «Norme in materia  di consenso informato e di Dichiarazioni anticipate di trattamento»,  comunemente definito “legge sul biotestamento” o “testamento biologico”.

In cosa consistono le “Dichiarazioni anticipate di trattamento” (Dat)?  Lo spiega l’articolo 3 del documento sottoposto all’esame di  Montecitorio: “Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di  volere – recita il primo comma –, in previsione di un’eventuale futura  incapacità di autodeterminarsi, può, attraverso le Dat, esprimere le  proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari,  nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o  terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari», senza eccezione. Indica  anche “una persona di sua fiducia” che “lo rappresenti nelle relazioni  con il medico”.

Se, prima facie, non sembrerebbero esserci motivi consistenti per  sottoporre ad un vaglio critico le Dat, ad uno sguardo più attento e  ponderato sorgono in realtà molteplici nodi di rilievo etico, di  impostazione culturale e  di ordine pratico.

E’ il modello del testamento biologico ad essere sbagliato – spiega il  Prof. Alberto Gambino, Direttore scientifico di Diritto Mercato e  Tecnologia e Presidente di Scienza e Vita, intervenendo a “Tutta Salute”  trasmissione di approfondimento di Rai Tre su prevenzione e salute.

Uno schema non convincente secondo il quale un soggetto  “in piena  salute possa prevedere cosa accadrà un giorno a seguito di un incidente,  i trattamenti terapeutici cui vorrà essere sottoposto,  vincolando per  giunta il medico, con la redazione delle dichiarazioni anticipate”. Una  redazione che, tra l’altro, non viene necessariamente elaborata assieme  al medico, ma può esserla di fronte ad un notaio o ad un pubblico ufficiale.

Tra le maggiori questioni critiche del  ddl in discussione alla Camera   vi è proprio la “vincolatività” da accordare alle Dat.

In base al grado di vincolatività muta, infatti, anche la concezione del  ruolo che l’operatore sanitario debba andare a rivestire nel rapporto  con il paziente.

Se le Dat vengono intese infatti come assolutamente stringenti, il  medico potrebbe trasformarsi in un mero esecutore delle volontà del  paziente, sbiadendosi, fino a dissolversi il suo impegno deontologico ad agire sempre in “scienza e coscienza” e per curare il paziente. La prima (la scienza) sarebbe fortemente limitata da indicazioni troppo  restrittive del paziente, mentre la seconda (la coscienza) sarebbe addirittura coartata dalla libera volontà del paziente e sottomessa ad  essa.

Nel suo ragionamento, il Prof. Gambino ha sottolineato anche che non  avere in Italia una legge sul  c.d. testamento biologico non “significa  che va tutto male”.

“La sanità italiana, pur con ombre rilevanti, è un’eccellenza mondiale,  riconosciuta universalmente come tale, dotata di prassi, buone pratiche,  protocolli e di un codice deontologico già capaci di risolvere gran  parte dei problemi sui quali questo ddl intende ora intervenire”.

 Questa legge – prosegue Gambino – sembra piuttosto voler attribuire la  volontà di disporre della propria vita, fino a poter rifiutare supporti  vitali quali l’idratazione e la nutrizione, con scenari concreti di  eutanasia passiva, vincolando il medico, che si troverà ad affrontare  casi dolorosissimi che potrebbe risolvere con normali terapie ma che non  potrà adottare per le prescrizioni contenute nei biotestamenti”. 

Va poi ricordato che la legge ha una funzione esemplare  – ha concluso  Gambino – accanto ai casi limite che vanno in Svizzera, ci sono migliaia  di persone nelle corsie degli ospedali italiani che, nello stato di  malattia, poca lucidità e talvolta abbandono, potrebbero diventare  vittime della loro stessa presunta autodeterminazione, imboccando la  strada che forse è meglio farsi da parte”.

Del delicato e attuale argomento si è anche discusso a Matera in  occasione dell’evento nazionale organizzato dall’AIGA – Associazione  italiana giovani avvocati – cui hanno preso parte oltre 350 giovani  avvocati provenienti dalle sezioni Aiga di tutta Italia – nel corso del  Convegno “Omissione di libertà’? Da Welby a Fabo diritti in cerca di una  legge” (Ascolta qui l’audio del convegno di Matera).

Alla riflessione hanno partecipato Mina Welby (Presidente Onorario ass.  “Luca Coscioni”), Antonio Stango (Presidente LIDU), Alberto Gambino  (Direttore scientifico di Dimt – Pro – Rettore della Università Europea e Presidente di Scienza e Vita), Francesco Di Paola (Ass. “Luca  Coscioni”) e Benedetta Vimercati (Docente UNIMI), coordinati da Paola  Moles (consigliere avvocati di Matera).

Nell’occasione argomento di rilevante interesse è stata la constatazione  dell’imponente contenzioso che conseguirà alle norme contraddittorie  contenute nell’attuale formulazione del disegno di legge sul  biotestamento, con cause risarcitorie milionarie nei confronti di medici  e strutture sanitarie con seri rischi di mancata copertura assicurativa,  che gli stessi avvocati scongiurano in nome del loro ruolo di portatori degli effettivi interessi della parti in gioco e dell’etica che  contraddistingue la loro funzione sociale.

 

25 marzo 2017

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