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Verso un’ecologia dei media, di Gianpiero Gamaleri

Gianpiero Gamaleri è professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università degli Studi Roma Tre.

Sta maturando rapidamente una coscienza diffusa che senza un sforzo comune a livello mondiale non sarà possibile affrontare problemi come quello del cambiamento climatico. E corrispondentemente i problemi che riguardano la formazione delle nuove generazioni devono essere considerati altrettanto planetari. Ne è evidente riprova la dimensione globale degli energici richiami di Greta Thunberg.

Aggiungiamo subito che siamo in presenza di posizioni che nascono dal basso, espressione sempre più diffusa e in progressiva crescita di diverse componenti. Nascono cioè dalla mobilitazione di tutti gli interlocutori che vorranno entrare in campo, alla ricerca di un accordo su diagnosi e provvedimenti da adottare. Il documento del Papa, proponendo un “Patto”, si presenta perciò come estremamente coerente con un’impostazione radicalmente democratica del tema affrontato. Questo impianto viene ulteriormente rafforzato dalla metodologia di lavoro indicata dal Pontefice e che consiste in un’organizzazione che prevede incontri preliminari rispetto all’Assemblea generale prevista per il 14 maggio 2020.

Ed è in questa chiave concettuale e metodologica che a mia volta svilupperò qualche considerazione sulla domanda-risposta di formazione nella società contemporanea non solo in Italia, ma nel più ampio contesto di quel “villaggio globale” indicato sempre da Francesco come l’habitat umano da tenere presente nel suo insieme di fronte a una trasformazione planetaria che tende a unificare diagnosi e rimedi.

Innanzi tutto il documento riafferma con estrema chiarezza la portata strategica del problema educativo nella società d’oggi. Vi è, infatti, la convinzione diffusa e incontestabile che la qualità del futuro sia affidata a progetti e azioni che riguardano l’adeguata formazione delle nuove generazioni. La ragione è indicata dallo stesso messaggio pontificio là dove si parla di “cambiamento epocale”, aggiungendo che si tratta di una “metamorfosi non solo culturale, ma anche antropologica”. È ormai evidente che la tecnologizzazione delle nostra esistenza non solo introduce nuovi linguaggi e investe le nostre azioni, ma trasforma e plasma la nostra stessa conformazione psico-fisica. Incide cioè non solo sulla nostra mente ma su quello che il filosofo di orientamento cristiano Pietro Prini aveva chiamato con eloquente espressione “il corpo che siamo”.

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