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I dati archeologici. Accessibilità, proprietà, disseminazione. Il convegno al Consiglio Nazionale delle Ricerche

La Giornata di studi organizzata dal CNR – ISMA (Istituto di Studi sul Mediterraneo Antico) e ITABC (Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali) in collaborazione con la CIA (Confederazione Italiana Archeologi) si è proposta di affrontare il tema del “dato archeologico” in alcune sue specifiche accezioni, che ancora risultano poco definite nella loro complessità, ma che appaiono particolarmente attuali e sentite nel mondo della ricerca e dell’attività professionale. La giornata di studi, in particolare, ha preso l’avvio da alcune definizioni utili per inquadrare il tema: la distinzione fra dato e documento, il concetto di proprietà paternità intellettuale, la condivisione, la diffusione, l’accesso aperto ai dati. L’idea è quella di porre a confronto competenze ed esperienze diverse, con l’obiettivo di discutere il tema da punti di vista differenti.

Nella sua relazione, il Prof. Alberto Gambino, Pro Rettore dell’Università Europea di Roma e Direttore Scientifico di Diritto Mercato Tecnologia, ha delineato l’inquadramento giuridco e pratico sull’attività archeologica: soggetti coinvolti e fasi di lavoro, parlando di tre fasi dell’attività archeologica sono le tre principali fasi di detta attività:   l’acquisizione dei dati sul campo; la rielaborazione dei dati o fase di studio; la pubblicazione dei risultati e esaminando le vari questioni giuridiche connesse alle tre fasi.

In particolare – ha affermato Gambino – nella prima fase della ricerca, esso impiega le proprie conoscenze per assolvere ad una serie di incombenze che spaziano dalla scelta del luogo esatto dove iniziare lo scavo (attività che presuppone uno studio e una ricerca preventiva per la ricostruzione della “frequentazione” nel dato sito), alla redazione delle schede di campo sui reperti mobili rinvenuti, alle rilevazioni grafiche e fotografiche, alla redazione del giornale di scavo, alla relazione conclusiva dello scavo in cui è riportata anche la previsione di interventi di conservazione e di valorizzazione dei beni archeologici rinvenuti.

Per il loro carattere apparentemente compilativo, dette attività sembrerebbero non lasciare spazio alla piena libertà creativa dell’autore, ma piuttosto ad un’ interpretazione del dato quanto più possibile oggettiva e tecnica; tuttavia, la ricerca di una componente “autoriale” non è poi così vana se si pensa al grado di autonomia con cui l’archeologo di campo spende la propria energia creativa per seguire un piano di intervento disposto per buona parte a propria discrezione (scelte d’indagine preventiva, redazione del giornale di scavo, ricostruzione storica).

 Inoltre, va tenuta a mente la sostanziale “unicità” e irripetibilità” del processo di raccolta delle informazioni, che rende determinante la presenza di un archeologo piuttosto che di un altro, tanto durante il lavoro di scavo, quanto durante la produzione di una dettagliata documentazione scientifica di quanto rinvenuto.

 L’incontro si è articolato in tre aree principali:

  • Il dato archeologico: dato grezzo/dato elaborato, definizioni e
  • La “proprietà” del dato
  • La disseminazione del dato archeologico, competenze e prerogative.

Per quanto riguarda l’area tematica 1, l’obiettivo principale è stato quello di definire il confine fra dato e elaborazione. Tale distinzione è fondamentale per una delimitazione di diritti, doveri e competenze: il dato, infatti, costituisce una descrizione oggettiva della realtà, e quando riguarda il patrimonio culturale, è per sua natura pubblico: ma quale è la distinzione fra i dati veri e propri, comunemente definiti dati grezzi o, nella pratica archeologica, dati archeografici, e le successive elaborazioni, che ne costituiscono una interpretazione e sono quindi da considerare “opere di ingegno”, tutelate dal diritto d’autore?

 

L’area tematica 2 ha inteso porre l’attenzione sulla produzione, conservazione e  gestione della documentazione scientifica, sia essa frutto dell’attività di ricerca o dell’attività professionale sul campo: la sostanziale “unicità” e “irripetibilità” dello scavo archeologico, infatti, rende fondamentale la fase di raccolta e documentazione dei dati, svolta sul campo: come si rapportano dunque direzione e coordinamento scientifico e attività professionale o di ricerca individuale? Come si possono contemperare il diritto-dovere delle Istituzioni di Tutela e di Ricerca di archiviare e gestire i dati, e i diritti di proprietà intellettuale di chi, in prima persona, redige la documentazione? Il quadro è reso più complesso dal contesto normativo italiano, che in questi anni, anche in seguito alla diffusione delle tecnologie digitali e del web, è andato incontro ad una profonda evoluzione, che ha coinvolto tanto il concetto di copyright che  di  accesso  alle  informazioni:  ad  oggi  la  consultazione  dei  documenti  delle  pubbliche amministrazioni è libera per legge, grazie al recepimento anche in Italia del Freedom of Infomation Act di matrice anglosassone, ma la sua concreta attuazione è resa complessa da decenni di incertezze normative e procedurali, che si ripercuotono sulla possibilità di  “riusare” i dati, costruendo nuova conoscenza e nuove interpretazioni.

 L’area tematica 3, infine, è derivata dalle riflessioni esposte nei punti precedenti: definiti ruoli, prerogative e competenze sui dati, chi ha il diritto/dovere di procedere alla loro diffusione, sia in tema di comunicazione alla comunità scientifica, che di divulgazione al pubblico? Questo ultimo aspetto è di vasta portata, e abbraccia  potenzialmente sia l’ambito strettamente culturale che quello commerciale: si pensi ad esempio alle possibili utilizzazioni a vasto raggio dei dati 3D ottenuti da rilievi diretti  o ricavati da informazioni già edite, o ai supporti multimediali studiati per orientare e arricchire l’esperienza dei visitatori di musei e siti archeologici.

 

 

 

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