skip to Main Content

Il Digital Service Act, il nuovo quadro giuridico per i servizi digitali. Intervista al Prof. Avv. Tommaso Frosini

 

Nell’ambito della strategia digitale europea, la Commissione europea ha annunciato un pacchetto di leggi in materia di servizi digitali: il Digital Service Act. L’obiettivo è quello di rafforzare il mercato unico dei servizi digitali, promuovere l’innovazione e la competitività dell’ambiente online europeo e modernizzare l’attuale quadro giuridico per i servizi digitali.

L’evento: Dialoghi sul futuro dei servizi digitali Verso il Digital Services Actsarà un’occasione per approfondire il nuovo pacchetto delle leggi sui servizi digitali, diviso in tre sessioni: 12 novembre, 19 novembre e 26 novembre.

La redazione di DIMT ha intervistato il Prof. Avv. Tommaso Edoardo Frosini, professore di diritto pubblico comparato dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e Vicepresidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, il quale curerà la relazione introduttiva dell’evento Dialoghi sul futuro dei servizi digitali Verso il Digital Services Act.

 

E’ possibile rivedere il regime di responsabilità dei servizi digitali che agiscono da intermediari? Quali problemi e criticità derivano dal potere di gatekeeper delle piattaforme digitali?

Quello di rivedere il regime di responsabilità dei servizi digitali è uno degli obiettivi del Digital Services Act, sul quale la Commissione UE sta lavorando e che ha già fatto sapere che, dopo avere aperto una consultazione pubblica, proporrà una prima bozza ai primi di dicembre. Un principio al quale ci si potrebbe collegare, ai fini di una revisione della responsabilità dei servizi digitali, è quello del Know Your Business Customers (conosci il tuo cliente), che prevede che le piattaforme controllino e blocchino le società fraudolente che utilizzano i loro servizi per vendere prodotti e contenuti illegali non sicuri. In modo tale che il fornitore del servizio di hosting avrebbe quantomeno il compito di verificare la corrispondenza dei dati identificativi e fiscali, forniti dall’utente business, prima di concedergli in uso il proprio spazio online. Da rigettare è l’ipotesi di una responsabilità oggettiva delle piattaforme, come peraltro affermato dalla giurisprudenza. Il tema e vorrei dire il problema della regolamentazione delle piattaforme online, nelle varie declinazioni d’uso, non può però non tenere conto di quanto finora si è regolato a livello europeo: la direttiva copyright di recente riformata, la direttiva sul commercio elettronico, il regolamento sulla protezione dei dati personali, la Framework Directive sulle reti e i servizi di comunicazione. Si è normato abbastanza ma personalmente sono contrario a che si normasse troppo. Le piattaforme online sono comunque uno spazio di libertà, che va regolamentato ma in maniera essenziale e prudente. L’eccesso di legislazione finisce con il comprimere la libertà degli utenti, che già oggi, e figuriamoci domani, affidano alle piattaforme buona parte delle scelte di mercato nei vari settori delle attività produttive. Aggiungo, che in punto di regolazione tecnologica la velocità di trasformazione ed evoluzione della stessa rende assai difficile la cristallizzazione di fattispecie per volontà normativa. Allora, sarebbe bene legiferare per principi e non per dettaglio, altrimenti il rischio è che tutto vada incontro ad obsolescenza normativa. E poi, per legiferare correttamente occorre avere una comprensione adeguata dell’ecosistema digitale.

 

Un’altra importante questione è la tutela della fascia di lavoratori appartenenti alla sharing economy, sono autonomi o dipendenti dalle piattaforme online tramite le quali offrono servizi? Qual è la migliore governance per la gestione del mercato unico dei servizi digitali?

Sui lavoratori che appartengono alla cd. sharing economy, affiderei alla volontà contrattuale delle parti la scelta di definizione dell’inquadramento lavorativo. Secondo un principio di elasticità dell’attività lavorativa, che è oggi invalso in varie legislazioni dei paesi della UE. Anzi potrebbe essere una sorta di “laboratorio” dove sperimentare nuove forme di contrattualizzazione del lavoratore, tenuto conto della particolarità del datore di lavoro, che opera nel mondo digitale dove non vi è una chiara e netta definizione di perimetrazione del luogo dove si svolge l’attività.

Più complessa la questione della governance per la gestione del mercato unico dei servizi digitali, anche perché qui si viene a toccare un tema delicato come quello della concorrenza, che è il principio fondamentale, anzi fondante il sistema giuridico della UE. Promuovere la concorrenza e servire l’interesse dei consumatori è un dato ineludibile. Quindi ben vengano misure per promuovere l’ingresso nel mercato e l’espansione da parte dei piccoli fornitori. Però non si può negare che le grandi piattaforme digitali abbiano fatto aumentare la scelta e la concorrenza attraverso una vasta gamma di servizi per l’utente, vendendo beni o mostrando pubblicità. E la loro presenza sul mercato non ha escluso automaticamente la concorrenza da parte di piccole aziende: si pensi, tra l’altro, alle startup di Intelligenza Artificiale e machine learning, che hanno prodotto affari per un valore di oltre $1,4 miliardi nel secondo trimestre del 2019. La Commissione UE intende proporre un nuovo strumento di concorrenza da regolamentare nell’atto che disciplinerà il Digital Services. Forse bisognerebbe iniziare però con il potenziare l’applicazione dell’antitrust, che sono già previsti e operativi a livello nazionale ed europeo.

 

Quali sono gli strumenti di tutela previsti dal Digital Services Act per garantire un mercato libero, con giuste alternative nel mondo delle grandi piattaforme online, come nel caso di Amazon, YouTube o social come Facebook e Twitter? A Suo avviso, potranno avere un impatto incisivo nell’orizzonte digitale?

Non c’è ancora notizia di quali siano gli strumenti di tutela da prevedere nel Digital Services Act. Anzi, approfitto per informare che si svolgeranno tre webinar (il 12, il 19 e il 26 novembre:http://www.fondazionecalamandrei.it/2020/11/05/verso-il-digital-services-act-online-webinar/) dedicati proprio alla riflessione sul Digital Services Act, sotto vari profili: quello della regolazione, della responsabilità e della concorrenza. Abbiamo chiamato a raccolta giuristi, operatori del settore e rappresentanti istituzionali con lo scopo di fornire utili indicazioni sul da farsi.

Certo, l’impatto nell’orizzonte giuridico dell’Internet ci sarà. Attenzione però, mi auguro che non sarà un impatto che produrrà divieti e impedimenti ma piuttosto promozionalità e opportunità. Siamo una società digitale e lo saremo sempre più. La dimensione digitale ha rappresentato e continua a rappresentare uno sviluppo delle libertà; anzi, le libertà si sono potute notevolmente accrescere ed espandere verso nuove frontiere dell’agire umano proprio grazie al progresso tecnologico. Certo, le tecnologie non producono solo libertà, per così dire: la tecnologia può essere al servizio dell’uomo buono o cattivo, del governante illuminato o del despota; in uno Stato costituzionale liberale, però, l’indirizzo politico dovrebbe essere sempre rivolto verso interventi che valorizzano e accrescono le libertà dell’individuo, e l’utilizzo delle tecnologie non può che essere strumentale a questo obiettivo. Credo – e spero – che questa sia la filosofia che animerà anche il Digital Services Act

 

Back To Top