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Il parlamento Ue ha approvato la contestata direttiva sul Copyright

(via www.tpi.it) Il 12 settembre il Parlamento europeo ha dato il via libera alla proposta di direttiva sul copyright nel mercato unico digitale.

La proposta sul Copyright è stata adottata con 438 voti a favore, 226 contrari e 39 astensioni. Gli eurodeputati hanno approvato alcune modifiche proposte dal relatore Axel Voss agli articoli 11 e 13 della proposta di direttiva sul copyright, che erano quelli più controversi.

Il via libera della plenaria apre ora la strada ai negoziati con il Consiglio.

Cosa prevede la direttiva sul Copyright

L’articolo più contestato dell’intera direttiva è l’11, che introduce la possibilità per gli editori di chiedere il pagamento per l’utilizzo anche di brevi frammenti di testo.

Il 5 luglio 2018 il parlamento Ue aveva già votato bocciando la direttiva e rimandandola a settembre in attesa di trovare un accordo migliore. Domani, 12 settembre, si torna a votare.

Il diritto d’autore regola lo sfruttamento economico delle opere dell’ingegno.

Il senso della riforma sta nel conflitto sorto negli ultimi anni tra gli editori di alcune testate giornalistiche e le piattaforme social sull’utilizzo dei contenuti giornalistici: gli editori accusano i social di sfruttare economicamente contenuti che non appartengono loro.

La direttiva sul copyright mira a fissare delle linee guida a livello europeo sulle regole per il diritto d’autore.

Anche l’articolo 13 sta creando scalpore.

L’articolo 13 prevede che le piattaforme web come Wikipedia debbano esercitare una sorta di controllo su ciò che viene caricato dai loro utenti: l’obiettivo è impedire la pubblicazione di contenuti protetti dal copyright.

Secondo Wikipedia, in particolare l’articolo 13 rischia di pregiudicare la libera circolazione dei contenuti sulla Rete.

Da martedì 11 settembre 2018 sulle pagine in lingua italiana di Wikipedia le immagini risultano oscurate. Non si tratta di un errore o di un problema tecnico, bensì di una iniziativa di protesta decisa dal team di Wikipedia Italiacontro la direttiva sul copyright in discussione al Parlamento europeo.

La direttiva al vaglio del parlamento Ue prevede che i servizi internet, che comprendono siti, piattaforme online, forum, social network e servizi di chat, paghino un compenso agli editori per poter utilizzare i loro contenuti.

Se la direttiva ricevesse voto favorevole della maggioranza degli eurodeputati, entrerebbero in vigore regole secondo le quali un articolo pubblicato su un altro sito o su un social network, o su un aggregatore di notizie, dovrebbe essere pagato agli editori. Ma la stessa cosa dovrebbe avvenire anche per contenuti condivisi tra utenti, tramite messaggi o post. Le attività di condivisione di contenuti terzi sarebbero quindi soggette al pagamento di una somma all’editore proprietario di quel contenuto. Sulle tariffe da pagare agli editori e le modalità di pagamento la direttiva non è chiara.

Articolo 11

La proposta di riforma del copyright, e in particolare l’articolo 11, che ha diviso l’opinione pubblica e gli addetti ai lavori, nasce per mettere un freno a quei servizi come Google News che guadagna dall’aggregazione di notizie sulla sua home page. Se i lettori che visitano Google News rimangono sulla pagina senza accedere ai singoli contributi dei giornali, è solo Google a beneficiare delle loro visite. Lo stesso meccanismo vale anche per altri aggregatori, ma Google News è il maggior accusato.

C’è comunque da considerare l’altro lato della medaglia: allo stesso tempo Google News e i diversi aggregatori, portano un ampio volume di traffico ai singoli siti di proprietà dei vari editori e di conseguenza introiti pubblicitari.

La direttiva stabilisce dunque che un utilizzo non autorizzato dei contenuti altrui rappresenti violazione del diritto di autore e nello specifico all’articolo 11 introduce il diritto alla compensazione per gli editori.

Un meccanismo simile è stato già introdotto in Spagna nel 2014 e in Germania, e ha spinto Google News a chiudere i battenti, provocando le proteste degli editori. Se si ponessero su una bilancia da una parte i benefici portati da Google News e dall’altra gli svantaggi rappresentati dalle violazioni del diritto d’autore, probabilmente la bilancia penderebbe in favore dei benefici. Ma certamente il discorso non è così semplicistico e occorre valutare una serie più grande di variabili che hanno a che fare con la ben più ampia crisi dell’editoria, quella tradizionale e quella digitale.

La conseguenza che Google News possa decidere di chiudere battenti in Europa, come ha fatto in Spagna e Germania è assolutamente plausibile. D’altro canto, gli altri aggregatori minori avrebbero un valore economico pressoché irrilevante, dal momento che gli introiti derivanti dal pagamento di una tariffa agli editori proprietari di contenuti sarebbe esigua.

Secondo numerosi critici, la direttiva sul copyright sarà piuttosto un danno sia per gli editori, per le ragioni sopra descritte, sia per gli utenti, che vedranno venire meno numerosi servizi di informazione utili, come gli aggregatori di notizie.

La Fieg, la Federazione italiana editori giornali, ha scritto un appello agli europarlamentari italiani per votare Sì all’articolo 11 della direttiva sul copyright. Dal canto loro gli editori sostengono che la direttiva garantisca un giusto compenso ai giornalisti e agli editori per la distribuzione dei loro contenuti su internet.

Secondo un sondaggio Harris interactive, l’89 per cento degli italiani è d’accordo con l’approvazione di regole europee che garantiscano remunerazione di artisti e creatori di contenuti per la distribuzione dei loro contenuti sulle piattaforme internet.

Articolo 13

L’altro articolo controverso è il 13, in cui si parla di obbligare i grandi siti web (tra cui le piattaforme social) ad “utilizzare le tecnologie di riconoscimento dei contenuti per individuare video, musica, foto, testi e codici protetti dal copyright”.

Una normativa che, secondo una lettera firmata da 70 esperti (tra cui il creatore del world wide web Tim Berners Lee e il fondatore di Wikipedia Jimmy Wales), potrebbe trasformare internet “in uno strumento per la sorveglianza automatizzata e per il controllo degli utenti”.

L’articolo 13 infatti muterebbe profondamente il concetto secondo cui ad essere responsabili dei contenuti sono gli utenti, dando questa responsabilità alle piattaforme.

“L’articolo 13 trasforma i social media e le altre compagnie di internet in una specie di polizia del copyright, costringendoli a implementare un sistema di sorveglianza altamente invasivo”, ha spiegato a Wired l’esperto in crittografia e sicurezza Bruce Schneier, uno dei firmatari della lettera.

Un modello di questo tipo, secondo i firmatari, potrebbe essere adottato anche dai governi e dalle multinazionali, potenziando ulteriormente il sistema di sorveglianza su internet.

L’articolo 13 non doveva essere presente nella bozza finale della normativa, ma è stato reintrodotto lo scorso 25 maggio. Secondo il relatore della proposta di legge Alex Voss, nel testo non si fa riferimento a un filtro ma più genericamente a tecnologie per la prevenzione delle violazioni del copyright.

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