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Antitrust, l’Europa apre un’indagine contro Broadcom

(Via Il Sole 24 ORE)

La Commissione europea ha avviato lo scorso 26 giugno una indagine formale sul colosso statunitense dei chip Broadcom. L’obiettivo è verificare se l’azienda abbia violato le regole Ue sulla concorrenza imponendo ai suoi clienti clausole di esclusività per l’acquisto dei suoi prodotti, destinati in particolare al settore dei set-box Tv e dei modem. Le pratiche anti-concorrenziali nel mirino di Bruxelles includono l’imposizione di vere e proprie clausole di esclusiva, l’offerta di sconti e altri vantaggi in cambio della «fedeltà» all’azienda o uno standard minimo di acquisto, la vendita a pacchetto di prodotti, «abusi» sulla proprietà intellettuale e modifiche ad hoc per evitare l’interoperabilità con tecnologie della concorrenza. 

Il copione è tutt’altro che inedito. L’inchiesta si somma alle diverse indagini avviate dalla commissaria alla Concorrenza, Margrethe Vestager, sui comportamenti «sospetti» di giganti tech statunitensi, dai motori di ricerca di Google a un altro peso massimo dei chip del calibro di Qualcomm. La novità, come ha notato anche il Financial Times, è che la Commissione ha deciso di intervenire con misure immediate e temporanee (ad interim) per evitare che «il sospetto comportamento anti-competitivo danneggi il mercato irrimediabilmente prima che le sanzioni siano inflitte». Per usare l’espressione di Vestager, la Commissione vuole «bloccare il comportamento di Broadcom già mentre l’indagine è in corso, così da evitare qualsiasi serio e irreparabile danno alla competizione». L’azienda ha respinto le accuse e avrà due settimane di tempo per rispondere ai rilievi dell’esecutivo Ue. Il rischio è di una sanzione fino al 10% del giro d’affari complessivo del gruppo. 

L’utilizzo di misure ad interim, come sono definite, consente di arginare subito le pratiche ritenute anti-concorrenziali da Bruxelles. Lo stop già nel corso delle indagini dovrebbe risolvere, secondo i commissari, un vecchio limite delle procedure avviate dall’antitrust comunitario: l’arrivare a conclusione, con multe annesse, quando ormai il «comportamento» nel mirino ha già permesso all’azienda di cementare il suo predominio. L’esempio del caso è la tripla multa inflitta a Google:  2,4 miliardi di euro nel 2017 per aver favorito i propri sistemi di comparazione prezzi, 4,3 miliardi nel 2018 per l’abuso di posizione dominante esercitato con il sistema operativo Android e 1,49 miliardi nel 2019, sempre per abuso di posizione dominante con il suo sistema pubblicitario AdSense. In tutti e tre i casi, i critici hanno fatto notare che la multa è arrivata «in differita» rispetto alla penetrazione ormai capillare dei servizi di Big G. Come ha sottolineato su Twitter Tommaso Valletti, Commission chief economist alla Concorrenza, «questo è positivo perché si dice alla concorrenza: tu stai facendo qualcosa che è possibilmente nocivo. Fermati adesso. L’effetto è immediato. Nella misura in cui qualcosa intralcia gli altri, allora si ferma subito, non fra 10 anni. Sì, faranno appello ma si sta mandando un segnale forte».

Di sicuro, l’indagine apre l’ennesimo fronte fra l’antitrust europeo e i colossi statunitensi del tech. Nel mirino di Bruxelles sono finite, in periodi diversi, multinazionali come Microsoft, Apple, Amazon, Qualcomm e appunto Google e Broadcom. Il pressing sui comportamenti illeciti delle aziende d’oltreoceano si è accentuato con l’arrivo di Vestager, attirandole gli strali del presidente Usa Donald Trump. L’inquilino della Casa Bianca non ha mai vantato rapporti idilliaci con i giganti della Silicon Valley, ma guarda di cattivo occhio le «ingerenze» della commissaria danese su un suo terreno di competenza. «Vestager odia l’America come nessuno ha fatto finora» ha ribadito il presidente Usa in una intervista a Fox News. Vestager non ha replicato.

Fonte: Il Sole 24 ORE

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