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Intervista al Prof. Avv. Michel Martone. Tutele, Internet e diritto del lavoro. Il lavoro nel Metaverso

Michel Martone è Professore Ordinario di Diritto del Lavoro e Relazioni Industriali presso la Facoltà di Economia della Sapienza Università di Roma.

Come Vice Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del Governo guidato da Mario Monti ha collaborato alla riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali e a quella delle pensioni.

 

Il Prof. Avv. Michel Martone

 

 

Quali sono le necessarie considerazioni da fare riguardo i rapporti lavorativi all’interno del Metaverso e in special modo tra lavoratore, avatar e il suo avatar o la sua proiezione olografica, i colleghi ed i superiori gerarchici?

Il metaverso consente anzitutto di recuperare, anche a distanza, quel contatto sociale tra il lavoratore, il suo avatar o proiezione olografica, i colleghi ed i superiori gerarchici che troppo spesso si perde nel lavoro da remoto e, per questa via, rende possibili nuove e più avanzate forme di collaborazione. Certo anche nel metaverso il lavoratore, proprio perché tramite gli avatar e gli ologrammi è presente anche a distanza, rischia di essere esposto a tutti i pericoli che genera la relazione con gli altri sul luogo di lavoro, dal bulling, al bossing, al mobbing, alle discriminazioni o ancora alle molestie, non solo di genere, che assumono forme ad oggi difficilmente immaginabili ma purtroppo altrettanto pericolose. Ciò pone problemi nuovi  e diversi rispetto a quelli del lavoro da remoto perché in questa nuova dimensione, pur restando da esse distinto, il lavoratore si riflette nel suo avatar o proiezione olografica e, se pure rende la sua prestazione da casa, entrando nel metaverso ha la sensazione di sfuggire a quell’isolamento che in tanti denunciano come il principale limite del lavoro da remoto, perché si immerge in una realtà governata da algoritmi nella quale può sviluppare un diverso tipo di rapporto con colleghi e superiori gerarchici.

 

I cambiamenti tecnologici stanno ridisegnando il mondo del lavoro, aprono uno scenario futuro contraddistinto da opportunità ma anche pieno di nuove discriminazioni. A Suo avviso, come il Metaverso amplierà le opportunità lavorative e le disuguaglianze nei prossimi anni?

Il metaverso potrebbe dischiudere nuove ed inattese opportunità di inclusione per tanti lavoratori svantaggiati che, almeno in questa dimensione virtuale, potrebbero finalmente confrontarsi con gli altri lavoratori su di un piano di parità. Il metaverso d’altra parte, proprio perché consente di istituire un diverso e più avanzato tipo di rapporto a distanza tra il lavoratore e i suoi colleghi o superiori, espone il prestatore di lavoro anche a nuovi pericoli, che possono anzitutto riguardare la sua personalità morale. Basti pensare alla vicenda di Nina Jane Patel, il cui avatar, dopo pochi minuti che era entrata nel metaverso, è stato molestato da alcuni avatar malintenzionati. Tant’è che in alcuni metaversi si stanno già iniziando ad introdurre i primi “confini personali” per distanziare gli avatar (Meta ad esempio ha introdotto all’interno di Horizon Worlds e Horizon Venues una nuova funzionalità chiamata “confine personale” che impedirà agli alter ego virtuali di avvicinarsi oltre i 120 centimetri, così da evitare interazioni indesiderate).

 

Per quanto riguarda il luogo di lavoro, quali sono le Sue riflessioni in merito ai cambiamenti che apporterà il Metaverso nelle modalità di vivere gli ambienti lavorativi?

Le innovazioni tecnologiche che stanno dando concretezza al metaverso consentono di ripensare radicalmente anche gli ambienti di lavoro che non dovranno più essere necessariamente connessi ad uno spazio fisico. Così, oltre che in presenza e da remoto, il lavoro potrà svolgersi in una terza dimensione che, per ora, nella maggior parte dei casi, assume le forme di un videogioco che riproduce i tratti delle città (come accaduto con Blocktopia) come dei luoghi di lavoro (come ad esempio HorizonWorkrooms) nei quali sono possibili gli incontri tra ologrammi o avatar che possono persino condurre una loro vita virtuale, nei negozi (da NikeLand a Vans World), nelle gallerie d’arte che vendono NFT, nei musei, partecipando ai concerti  virtuali, nelle farmacie e persino negli ospedali dove già si stanno attrezzando sale di fisioterapia e persino operatorie che consentono di simulare operazioni a distanza per formare nuove generazioni di chirurghi. Nell’attesa che i luoghi di lavoro virtuali assumano queste nuove e ben più piacevoli forme, è importante considerare che attraverso le nuove tecnologie il metaverso, proprio perchè già consente ai lavoratori, ai loro avatar od ologrammi, di collaborare e incontrarsi con quelli di colleghi e superiori gerarchici, pone problemi tutt’altro che secondari anche per quanto riguarda la disciplina della prestazione di lavoro che si svolge in una nuova dimensione ibrida dove i piani, del lavoro in presenza e da remoto, finiscono inevitabilmente per sovrapporsi.

 

 

 a cura di Valeria Montani

 

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