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Intervista al Prof. Marcello Maggiolo. Contratti digitali realizzati attraverso l’ausilio delle nuove tecnologie: disciplina, caratteristiche e tipologie.

Intervista al Prof. Marcello Maggiolo

Contratti digitali realizzati attraverso l’ausilio delle nuove tecnologie:

disciplina, caratteristiche e tipologie.

 

Il Prof. Avv. Marcello Maggiolo, professore ordinario nell’Università di Padova e Honorarprofessor nell’Università di Innsbruck. Avvocato cassazionista, si occupa di materia contrattuale, societaria, successoria, sia in contenziosi arbitrali e giudiziali, sia in via stragiudiziale. Attualmente componente del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa.

 

 

Prof. Marcello Maggiolo

 

 

Definizione di “contratto a distanza” del Codice del Consumo: qualsiasi contratto concluso tra il professionista e il consumatore nel quadro di un regime organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, mediante l’uso esclusivo di uno o piu’ mezzi di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso; Capo I Particolari modalità di conclusione del contratto (1) ARTICOLO N.45 comma 1) lettera g).

 

 

Quali sono le peculiarità di un contratto a distanza? E, a Suo avviso, quali sono i punti forti di questa particolare modalità di contrattazione e quali le criticità?

In senso ampio un contratto è definibile a distanza quando sia concluso da parti che non siano fisicamente l’una accanto all’altra. Nel senso assunto dal codice del consumo la nozione viene però ristretta, e lo è sia soggettivamente, nel senso che si fa riferimento a soli contratti tra professionista e consumatore (e quindi non a contratti tra imprese); sia oggettivamente, nel duplice senso che si suppone l’uso di mezzi di comunicazione a distanza, e che si suppone anche la presenza di un sistema organizzato di cessione di beni o servizi a distanza.

In ogni caso, i vantaggi di questo genere di contrattazione sono molto evidenti, e si possono riassumere nella rilevanza economica di un sistema organizzato di contrattazione.

In altri termini, quanto più la attività contrattuale si separa dalla esigenza di un contatto fisico tra persone e da negoziazioni individuali – grazie all’intervento di sistemi soprattutto informatici – tanto più è possibile moltiplicare il numero dei contratti stipulati.

Il che, per la parte che organizza la contrattazione, significa moltiplicare gli utili ritraibili dai contratti stessi, senza incrementare esponenzialmente costi (magazzino, personale, locali eccetera). Per la parte che usufruisce della contrattazione organizzata, il vantaggio sta prima di tutto in un minore costo del prodotto o del servizio, reso possibile dal fatto che, come appena detto, calano anche i costi di produzione, cui si aggiunge anche il fatto che l’organizzazione della contrattazione e la distanza tra produttore e cliente genera un meccanismo proconcorrenziale che impatta sulla varietà e di nuovo sul prezzo di beni e servizi offerti.

Peraltro, il vantaggio generato da una contrattazione organizzata, con contenuti negoziali unilateralmente predisposti, non è certo una novità. Il progresso tecnologico ha semplicemente accentuato un fattore che era ben presente già ai codificatori del 1942, che diedero rilevanza alla predisposizione unilaterale di regole contrattuali mediante la regola di conclusione semplificata del contratto di cui all’art. 1341, co. 1, c.c.

La criticità rimane sempre la stessa: possibili abusi del contraente forte, possibili deficit informativi, possibili decisioni affrettate, tutti i problemi che sono stati discussi nella seconda metà del ‘900 sono tuttora una realtà. La disciplina consumeristica ha in qualche misura attenuato la rilevanza della questione, che non è però completamente risolta.

E soprattutto non è affatto risolta dove l’organizzazione della contrattazione, l’ambiente materiale entro cui essa si svolge, sfugge pressoché del tutto al controllo umano. Il caso eclatante è quello dei contratti conclusi automaticamente sulla base di algoritmi, come avviene nel mercato mobiliare.

Resta quindi assolutamente primaria l’esigenza di affrontare e approfondire il piano rimediale, quella esigenza che alla fine dello scorso secolo è stata posta a base di interventi normativi consumeristici, nel segno delle nullità di protezione o del diritto di ripensamento, ma che oggi esige una rimeditazione forse radicale.

 

 

Quali sono le tipologie di contratto che è possibile stipulare a distanza e perché queste in particolare?

Di nuovo, in linea generale non c’è preclusione verso alcun tipo di contratto.

Certo è che tra una vendita a distanza di beni i quali sono poi oggetto di una consegna fisica (pensiamo a una televendita, o all’acquisto su un sito dedicato), e contratti che hanno ad oggetto beni o servizi immateriali (come i contenuti digitali oggetto delle politiche comunitarie sul Digital Single Market, oppure i servizi di telefonia, o i giochi), c’è tutta una gamma di possibili contenuti ed effetti contrattuali, e c’è tutta la possibile diversa rilevanza di elementi per così dire formali quali posta certificata, sottoscrizione digitale, semplice mail e così via.

Il mercato digitale, in particolare, rende possibile – soprattutto tramite i meccanismi di blockchain – evitare completamente la possibilità che una parte resti inadempiente. Qui si trova quindi l’ambito di massimo possibile sfruttamento del mezzo tecnologico per la conclusione di contratti a distanza, e della massima stabilità e sicurezza della contrattazione. Nel contempo, qui si trova anche l’ambito di massimo rischio generato da patologie contrattuali. Proprio perché l’inadempimento è di fatto impossibile, e perché può essere addirittura ignota l’identità dell’altro contraente, il rimedio contro il contratto viziato rischia infatti di essere del tutto inefficiente, perché non si sa contro chi il rimedio possa essere rivolto e non si riesce a produrre un effetto recuperatorio.

A mio modo di vedere, in ultima analisi in situazioni di questo genere il contraente dovrebbe essere posto di fronte a una scelta di fondo: se si accetta di entrare in un determinato ambiente tecnologico di contrattazione, su questa scelta si dovrebbe appuntare l’intero meccanismo di tutele contrattuali. Se si vuole conservare le tutele approntate per le decisioni contrattuali individuali, si deve restare al di fuori dell’ambiente tecnologico.

 

 

Potrebbe parlarci di come vengono definiti i mezzi per la “comunicazione a distanza” di un contratto e quali sono, nello specifico, le modalità previste dal Codice?

Fondamentalmente, finita la stagione di telefax e fax, stiamo parlando di telefono e Internet.

Quanto alle regole, abbiamo oggi quelle del codice del consumo, che attengono alle informazioni precontrattuali, ai termini per la consegna e alla assenza di consenso presunto nel caso di consegna non richiesta, al diritto di recesso (con una serie di esclusioni) e agli obblighi restitutori in caso di recesso (sia per il professionista, sia per il cliente), al trasferimento del rischio per perdita o danneggiamento del bene.

Ma non si può trascurare l’impatto che sulla attività contrattuale potranno avere gli strumenti normativi destinati ad operare ex ante (nel senso che operano a monte, e non a valle, della organizzazione della attività contrattuale) progettati dalla UE e dedicati alle grandi piattaforme informatiche. Alludo al Digital Services Act (con regole sulla rimozione di contenuti illeciti, di segnalazione di contenuti illeciti da parte di utenti della piattaforma, sulla informazione circa i meccanismi pubblicitari erogati dalla piattaforma, sul diritto di essere informati sulle ragioni di blocco di account o simili) e al Digital Market Act (con regole antidiscriminatorie, di garanzia della interoperabilità tra piattaforme, di circolazione dei dati nel rispetto della privacy e relativo apparato sanzionatorio).

Di nuovo, l’impressione è però che, al di là di singoli e specifici corpi di regole, ed a meno che qualcuno riesca a imporre la disapplicazione della disciplina generale, qui il problema sia quello dell’impatto che essa, con tutto il suo apparato rimediale destinato a proteggere l’esercizio dell’autonomia individuale, continua ad esercitare sulle negoziazioni realizzate mediante sistemi informatici e telematici. Questo è tanto più vero in quegli ambiti in cui la legge, e prima ancora le direttive europee, si sono consapevolmente astenute dall’intervenire sulle patologie contrattuali. Penso al settore della finanza, anche nei rapporti con i clienti al dettaglio.

Occorre trovare un non facile punto di equilibrio tra tutela individuale e tutela del mercato, tra esigenza di proteggere l’individuo contro contrattazioni inaccettabilmente rischiose, o inconsapevolmente rischiose, e la esigenza altrettanto evidente di non inceppare il meccanismo della contrattazione standardizzata e della moltiplicazione delle transazioni che essa consente e che grazie ad essa genera ricchezza e benessere. Di tutto questo si discute da molto tempo, anche se in riferimento a mezzi meno evoluti di quelli attuali. Il ‘900 si aprì con lo scritto di Antonio Cicu sugli automi nel diritto privato e, ancora oggi, la scienza giuridica deve conoscere la tecnologia per poter continuare ad occuparsi degli esseri umani.

 

 

 

 

 

Approfondimenti:

Antitrust: lotta alla corruzione passa tramite la digitalizzazione dei contratti

 

 

 

 

 

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